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A Buon Diritto, il dossier: sotto il 3% la spesa per la salute mentale: "Venti anni di omissioni"

ROMA - Dalla salute mentale ai profughi e richiedenti asilo; dall'autodeterminazione femminile alle migrazioni e all'integrazione. Ancora: istruzione, lavoro, ambiente, persona e disabilità, pluralismo religioso, minori, libertà d'espressione e di informazione. Sono diciassette, quest'anno, i temi affrontati nel dossier della onlus A Buon Diritto che riporta le novità normative in tema di diritti di questo 2022, le maggiori difficoltà riscontrate nel loro riconoscimento, le iniziative e le proposte intraprese o da intraprendere per la loro tutela. "Una ricerca corale e intersezionale - spiega Valentina Calderone, direttrice della onlus - volta a mettere in connessione norme, percorsi individuali e comuni per fornire uno strumento scientifico, d'informazione e politico".

Salute mentale

Nonostante l'impegno a "destinare almeno il 5% dei fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela della salute mentale", approvato dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni nel 2001, in Italia la spesa per la salute mentale, sottolinea il rapporto, continua ad attestarsi al di sotto del 3% del fondo sanitario nazionale. Il 2021 ha visto inoltre l'approvazione di un documento da parte del ministero della Salute con l'obiettivo di superare la contenzione meccanica nei luoghi di cura della salute mentale entro il 2023. La bozza di accordo è stata inviata alle Regioni e ai Comuni per essere approvata in conferenza unificata, ma nulla è ancora successo.

I disturbi psicologici in carcere

Un altro luogo "sentinella" all'interno del quale è fondamentale occuparsi di salute mentale è il carcere. Con il 13% di persone con diagnosi grave e una media del 40% di detenuti che soffrono un qualche disturbo mentale, gli istituti penitenziari nel nostro Paese scontano una cronica carenza di risorse per una presa in carico di qualità. In ogni caso, dal 2014 al 2020 si registra un aumento generalizzato, nella popolazione italiana, del consumo di antidepressivi, antipsicotici e benzodiazepine.

Morire di carcere

di Carlo Bonini (coordinamento editoriale), Giuliano Foschini, Fabio Tonacci. Coordinamento multimediale di Laura Pertici. Produzione Gedi Visual 26 Novembre 2022

La storia di Abdel Latif

Emblematica la storia di Wissem Ben Abdel Latif, morto in un Servizio psichiatrico di diagnosi e cura, il 28 novembre 2021, a 26 anni, legato per giorni braccia e gambe a un letto di contenzione. Il 2 ottobre 2021 il giovane sbarca a Lampedusa e non viene accertato alcun suo disturbo, nemmeno sulla nave quarantena dove passa alcuni giorni per le disposizioni anti-Covid. "Il 23 novembre 2021 - racconta il dossier - dopo appena due visite effettuate dallo psichiatra del Centro di salute mentale, su richiesta della psicologa del Centro per il rimpatrio di Ponte Galeria a Roma, Wissem, con una diagnosi che appare affrettata e non verrà più rivalutata, è inviato al pronto soccorso di Ostia e da qui, il 25, trasferito a Roma. Wissem resta contenuto e sedato fino alla morte".

Profughi e richidenti asilo

Il 2021 è stato l'anno con più decessi tra i migranti dal 2016: 3.224 persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare la frontiera europea. La rotta del Mediterraneo resta tra le più pericolose al mondo. Anche nel 2021 l'Italia ha continuato a sostenere politicamente ed economicamente la guardia costiera libica, di cui da anni si denunciano le violenze e gli abusi perpetrati ai danni delle persone migranti. Per disincentivare e bloccare le partenze dalla Tunisia, l'Italia e l'Unione europea hanno stretto con le autorità tunisine un accordo per implementare i rimpatri dei cittadini tunisini e allo stesso tempo rafforzare i controlli alla frontiera. Le persone, ovviamente, continuano ad arrivare.

Gli ultimi video girati da Wissem Ben Abdel Latif: "Rischio di morire per la verità"

Migrazione e integrazione

Sono diversi i fattori, spiega A Buon Diritto, che minano l'effettività del percorso di integrazione giuridica e sociale dei non cittadini sul suolo italiano. In primo luogo le numerose cause di discriminazione come, ad esempio, la frequente subordinazione dell'accesso alle prestazioni alla residenza prolungata, a specifici permessi di soggiorno o a requisiti accessori rispetto a quelli domandati ai cittadini italiani. A questi fattori nel 2021, come nell'anno precedente, si è aggiunto il quadro di difficoltà determinato dalla pandemia da Covid-19. Se si compara questo dato al particolare peso sopportato dalle lavoratrici straniere negli anni della pandemia, ne emerge un quadro decisamente preoccupante.

Badanti straniere in pandemia

Già a partire dal 2020 si era potuto riscontrare come le donne straniere avessero dovuto sopportare l'aggravio di cura familiare connesso alla pandemia in maniera più impegnativa e più forte rispetto alle lavoratrici italiane: la percentuale di cittadine italiane impegnata nella cura di familiari, malati, disabili e anziani è stata del 35,9%, mentre quella delle cittadine comunitarie è stata del 39,1% e quella delle extracomunitarie del 44,9%.

Autodeterminazione femminile

La legge 162/2021 ha introdotto due importanti novità all'interno del Codice delle pari opportunità, estendendo alle imprese pubbliche e private con oltre 50 dipendenti (prima la soglia era di 101 dipendenti) l'obbligo di redigere un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile e rendendo più trasparenti i processi di selezione, i meccanismi delle promozioni, le differenze tra le retribuzioni iniziali, il numero delle lavoratrici in stato di gravidanza, le misure per promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, i licenziamenti, l'eventuale presenza di politiche aziendali a garanzia di un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso, la retribuzione effettivamente corrisposta. Sono state previste sanzioni in caso di inadempimento o dichiarazioni mendaci.

Al 14esimo posto per la parità di genere

L'Italia attualmente si trova al 14° posto (al di sotto della media Ue) nella classifica sulla parità di genere curata dall'Eige (European Institute for Gender Equality). Tuttavia, giungere a una stima attendibile è arduo, dal momento che oltre la metà dei 72 indicatori individuati dall'Onu per misurare le politiche di genere nel mondo non sono verificabili nel nostro Paese per l'assenza di dati (e solo il 21% di quelli disponibili può essere ritenuta di alto livello).

La fecondazione eterologa

Il divieto di praticare la fecondazione eterologa è stato dichiarato incostituzionale con la sentenza della Corte Costituzionale n.162 del 2014. In seguito a questa storica pronuncia, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato, allo scopo di colmare il vuoto normativo creatosi, un documento di indirizzo che permettesse "di rendere immediatamente esigibile un diritto costituzionalmente garantito su tutto il territorio nazionale", il quale sarebbe stato poi recepito dalle singole Regioni. L'Italia non è in grado di erogare i trattamenti di fecondazione eterologa inclusi nei Lea, quindi essenziali, se non attraverso l'unica modalità di approvvigionamento possibile, ovvero l'importazione dall'estero delle cellule riproduttive.

Detenuti in crescita

Se è vero che rispetto agli inizi del 2020 si è registrata una complessiva diminuzione del numero delle presenze in carcere grazie ai provvedimenti deflattivi introdotti nella prima fase pandemica - si era passati dagli oltre 61.000 di marzo 2020 ai 53.387 di fine maggio dello stesso anno - è  altrettanto vero, secondo il rapporto, che il tasso di decremento si è progressivamente ridotto già dalla fine del 2020. In particolare a partire dall'estate 2021, con il depotenziamento delle misure deflattive pandemiche, il tasso di presenze in carcere ha ripreso a crescere, con un aumento di 310 presenze in soli 28 giorni da metà luglio.

L'ergastolo ostativo

Benché si tratti di una sentenza-monito o di incostituzionalità prospettata, con cui la Corte rinvia la trattazione della questione per consentire al legislatore di riformare la materia, essa afferma chiaramente come un ergastolo senza speranza di fine come quello ostativo "è in contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione e con l'art. 3 della Cedu". Non si tratta di casi marginali: su 1.779 ergastolani a giugno 2021 gli ostativi nelle nostre carceri erano 1.259, ovvero quasi il 71%, presumibilmente tutti destinati a morire in stato di detenzione.

I minori in povertà

Nell'era pre-Covid la povertà minorile colpiva in Italia più di un milione di giovani individui. Sempre secondo l'Istat, infatti, negli ultimi dodici anni l'incidenza della povertà assoluta sui minori di 17 anni è quadruplicata: dal 3,7% nel 2008 al 12,6% nel 2018. La povertà relativa si è limitata a un raddoppio: dal 12,5% al 21,9% (circa 1.260.000 bambini). L'impatto socio-economico della pandemia ha notevolmente aggravato la situazione. Stando ai dati riferiti al 2021, i minori in povertà assoluta risultano ancora in crescita: 1.382.000, per una percentuale pari al 14,2% della popolazione minorenne.

Le vittime di bullismo

Secondo una rilevazione dell'Istat per gli anni 2014 e 2015, su un campione di ragazzi tra gli 11 e i 17 anni (1.687 in tutto), più del 50% riferiva di aver subìto nei 12 mesi precedenti l'intervista un qualche episodio offensivo, non rispettoso o violento. Il 19,8% riferiva di aver subito azioni tipiche di bullismo. Le ragazze presentavano maggiori tassi di vittimizzazione, così come i ragazzi con genitori stranieri. Difficoltà e tensioni tra minori nel web segnalano non tanto, o non solo, una carenza di "competenze digitali", bensì la mancanza di un'educazione a considerare il web come spazio sociale.

L'accesso a Internet

Per quanto riguarda l'accesso alla Rete, le famiglie italiane accedono a Internet in misura minore di quelle europee. In particolare, dispone di Internet a casa il 90% dei nuclei europei, contro l'85% di quelli italiani. A destare più preoccupazione, tuttavia, sono i dati sull'alfabetizzazione digitale e, più in generale, il rapporto con la conoscenza di cui i ragazzi fanno esperienza online. Tra i minori in affidamento familiare è di cittadinanza straniera poco meno di un quinto del totale (18%, di cui solo il 22% può essere riferito ai minori stranieri non accompagnati).

Libertà di espressione e di informazione

Come nell'anno precedente, nel 2021 l'Italia è stata inserita al 41º posto della classifica che misura il tasso di libertà di ogni Stato relativamente a pluralismo informativo, indipendenza dei media, trasparenza e infrastrutture, ben lontana dalla posizione dei principali Stati europei e di diversi Paesi extraeuropei. Un'evoluzione interessante del quadro normativo ha riguardato il reato di diffamazione a mezzo stampa: la Corte Costituzionale è intervenuta con sentenza n. 150 del 2021 dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948.

Le fake news

Si è molto discusso sulle ricadute, in termini civilistici e penalistici, della diffusione di fake news durante la pandemia da Covid-19 e sono state avanzate alcune ipotesi sulle conseguenze di una tale condotta, in una pressoché totale assenza di giurisprudenza sul punto. L'Unione europea ha pubblicato un documento dal titolo "Orientamenti della Commissione europea sul rafforzamento del codice di buone pratiche sulla disinformazione" con lo scopo di ridurre l'infodemia, ovvero la rapida diffusione di informazioni false, esagerate o tendenziose sulla pandemia.

La presentazione del dossier

Il dossier, ideato e curato da A Buon Diritto Onlus e prodotto grazie al supporto della Tavola valdese, sarà presentato oggi, lunedì 5 dicembre, alle 12 nella sala stampa della Camera, alla presenza di Ouidad Bakkali (Pd), Ilaria Cucchi (Alleanza Verdi e Sinistra), Riccardo Magi (+Europa), Rachele Scarpa (Pd), Elly Schlein (Pd), la direttrice Valentina Calderone, Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto, e con Alessandra Trotta della Chiesa evangelica valdese.