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Animali come compagni di vita, ma occhio a non umanizzarli: i consigli della psicologa

Giornata dei diritti dell'uomo e degli animali

Nella giornata internazionale dei diritti dell'uomo e degli animali che si celebra il 10 dicembre, i consigli della psicologa esperta nelle relazioni uomo-animale

Dall'idea di tenere in giardino un cane che serva soltanto a svolgere una funzione di guardiano, a quella di un quattro zampe inserito appieno all'interno della vita familiare. Negli ultimi anni si è sempre più fatta strada una nuova visione del ruolo dell'animale e della famiglia. Un “cambio di passo” che parte da lontano e che viene celebrato ogni anno il 10 dicembre, data in cui si celebrano contestualmente i diritti dell'uomo e degli animali.

A parlare di questo nuovo “ruolo” è Silvia Avella, consigliera dell'Ordine degli psicologi del Fvg, psicologa psicoterapeuta ed esperta in relazioni uomo-animale.

Occhio a non antropomorfizzare l'animale

«Gli umani – spiega – non sono più i loro "proprietari", ma dei compagni di vita. Non bisogna più perseguire l'ormai desueto concetto di dominanza, ma neppure cadere nell'estremo opposto e fare l'errore di antropomorfizzare il cane o il gatto. Gli animali rimangono sempre animali, appartengono a specie differenti con esigenze specifiche: per esempio devono poter uscire, esplorare e interagire con i propri simili in libertà».

Il Friuli Venezia Giulia è una regione da sempre molto attenta alla tutela degli animali d'affezione e al loro benessere. È stata, ad esempio, la prima regione d'Italia a dotarsi di una legge che riconosce tra gli animali d'affezione anche i maiali, i conigli, i porcellini d'India e così via, ed è dello scorso 2 dicembre la notizia dell'approvazione in via preliminare da parte della Giunta regionale del regolamento per la concessione dei contributi per l'ammodernamento, l'acquisto o la costruzione di ricoveri per cani, gatti e altri animali d'affezione.

Le aspettative sull'animale

In Fvg negli ultimi anni, complice anche la pandemia, c'è stato un enorme incremento nelle adozioni di cani e gatti. Ma nel 2021 il fenomeno si è ridotto e ci sono state anche alcune "restituzioni". «Il rischio, talvolta – prosegue Avella –, è che l'animale venga adottato con l'idea di attribuirgli un ruolo che lui non riesce a sostenere. Capita che mi chiedano d'intervenire in situazioni in cui è stato consigliato di prendere un cane per aiutare un anziano con una patologia degenerativa o un gatto per stare a fianco a un bambino autistico – continua l'esperta che si occupa sia di interventi assistiti con animali che di relazione uomo-cane –. Ma questo tipo di scelta non la consiglierei. Prendere un animale dedicato a una persona con una fragilità  - spiega – non è sinonimo di pet therapy. La famiglia dovrebbe scegliere di adottare l'animale con l'intenzione di ampliare il proprio nucleo e con la consapevolezza di quale impegno comporti. Se poi tra i membri ci sono persone in situazioni di fragilità è molto probabile che l'animale sarà d'aiuto e offrirà un sostegno emotivo. Al contrario scegliere di adottare un animale con l'unica finalità di "curare" la persona può ripercuotersi in modo negativo sull'intero nucleo familiare e in particolare sull'animale, che con buone probabilità non riuscirà a soddisfare le aspettative, correndo il rischio di essere restituito».

Cos'è la Pet Therapy

Gli interventi assistiti con animali (prima conosciuti con il termine di Pet Therapy), sono un'altra cosa. Come indicato dalle Linee Guida Nazionali, alle spalle c'è un'equipe multidisciplinare che struttura un progetto ad hoc e su questa base sceglie l'animale più adatto, che comunque svolge soltanto un certo numero di ore alla settimana di terapia. «Non tutti gli animali sono adatti a svolgere questo ruolo – avverte Avella – e non esistono cani, cavalli, asini, gatti, conigli che vadano bene per qualsiasi intervento. Per esempio ci saranno quelli che lavorano bene con la prima infanzia e non con gli anziani e viceversa. La scelta viene fatta in base all'attitudine dell'animale. Anche perché soltanto se l'animale è sereno la persona ne può beneficiare».

Quanto agli ambiti d'intervento sono i più svariati. Si può lavorare sull'autostima, sul sostegno emotivo, sulle abilità motorie, linguistiche o di relazione, sulla riduzione dei comportamenti problematici, sul bullismo, la depressione, l'ansia. «Un animale offre una forte spinta motivazionale – chiarisce la psicologa –, perché ha un valore emotivo ed è un individuo non giudicante. È dimostrato che quando interagiamo con gli animali il nostro organismo rilascia l'ormone del buon umore, l'ossitocina. E sempre più l'approccio all'animale è di tipo sistemico. Anche gli animali possono cioè presentare quadri psicopatologici che vanno sostenuti e valutati da specialisti come i veterinari esperti in comportamento. In altre parole – conclude – non possiamo continuare a pensare che gli animali offrano all'uomo unicamente benefici. Trattandosi di una relazione duale anche l'essere umano può fare del bene o del male all'animale».