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Crisi idrica dal Garda alle Dolomiti: “Gli effetti della siccità ormai si vedono anche su falde profonde e grandi laghi. In 18 mesi -25% delle piogge in Trentino"

TRENTO. “Se il lago di Garda non arriverà a un livello di 90/100 centimetri sopra lo zero idrometrico entro il prossimo mese di aprile, con l'inizio della stagione irrigua si dovranno fare delle scelte: si opterà per salvare il settore agricolo o i comuni che attingono dal reparto idropotabile?” (Filippo Gavazzoni, vice-presidente della Comunità del Garda). “E' ormai chiaro che la siccità non è fatta di episodi isolati, ma è un fenomeno diffuso anche in montagna: dobbiamo fare i conti con una situazione che diventerà la normalità e che come tale va gestita non solo in via emergenziale, bensì strutturale” (Simone Deola, consigliere provinciale a Belluno delegato all'ambiente). “I laghi alpini sono tra i corpi d'acqua che per primi risentono dell'attuale fase di crisi climatica, anche perché i ghiacciai, ormai fortemente ridotti, non li alimentano più come un tempo” (Gianfranco Pederzolli, presidente della FederBim). Gli interventi che testimoniano come, nell'attuale fase di crisi climatica, la gestione della risorsa idrica sul territorio si stia facendo sempre più complicata potrebbero proseguire (è di ieri per esempio la notizia di investimenti per 20 milioni di euro in val di Gresta per la raccolta dell'acqua potabile mentre il Po rimane sorvegliato speciale in Piemonte nel conteso di una crisi idrologica di portata inedita), ma al di là delle decisioni politiche e di carattere gestionale, un dato oggi salta all'occhio degli esperti: molte aree si trovano a vivere una situazione di siccità pluriannuale e gli effetti si vedono ormai anche sulla falde profonde e sui grandi laghi.

“E sono proprio quelli – spiega a il Dolomiti l'ingegnere ambientale e membro di Meteo Trentino Alto Adige Giacomo Poletti – i contesti nei quali è più difficile recuperare”. Ma procediamo con ordine. Innanzitutto, dice l'esperto: “Sul nostro territorio, in base alle varie zone, il deficit pluviometrico che abbiamo registrato da fine 2021 ad oggi si aggira tra i 300 ed i 400 millimetri”. Tradotto: negli ultimi 18 mesi è mancato quasi ovunque almeno un 25% del totale delle piogge. “Non bastano certo un paio di perturbazioni per recuperare – precisa Poletti – i numeri non lasciano spazio ad interpretazioni: ci vorrebbe un surplus di 300-400 millimetri distribuito nel tempo per riuscire a 'ricaricare' le falde profonde ed i grandi specchi d'acqua”. Come anticipato infatti, sono proprio quelli i contesti che rispondono più lentamente ai periodi di siccità, vista la portata dell'accumulo di risorsa idrica: “Si svuotano lentamente, ma allo stesso tempo richiedono periodi molto lunghi per 'ricaricarsi'. In questi giorni per esempio nella Germania e nella Francia settentrionali, che nel 2022 hanno vissuto una siccità forse addirittura peggiore della nostra, sta piovendo più della media, ma sotto terra (anche a soli due metri dalla superficie) la situazione è ancora molto più 'secca' del normale”. 

In poche parole: per sperare di avvicinarci all'estate (quando la richiesta di acqua per l'irrigazione, ad esempio, naturalmente crescerà) in buone condizioni dal punto di vista idrologico è necessario che l'ultimo scorcio d'inverno e la primavera siano parecchio piovosi. Le prospettive però, anche su questo fronte, non sono rosee. “Nel breve termine – spiega infatti Poletti – fino al 9-10 febbraio la situazione sarà di calma piatta sul fronte delle precipitazioni. Nella serata di giovedì un piccolo sfondamento entrerà da Nord, portando un po' di neve in Austria e in Svizzera e fino all'Alto Adige, ma da noi non arriverà che il vento di caduta, il föhn, che 'asciugherà' ulteriormente. Le temperature poi tenderanno a salire ed in generale non si vedono all'orizzonte né ondate di freddo pioggia”. Fermo restando che febbraio è storicamente il mese più secco per il Trentino, continua l'esperto, quella attuale è una dinamica che si vede sempre più spesso su buona parte del territorio europeo: “Le perturbazioni da un paio di anni faticano ad arrivare, portandoci in situazioni di blocchi sinottici con alte pressioni su scala continentale”. 

Anche se in termini quantitativi non esistono ancora dei trend definiti per quanto riguarda le precipitazioni (al contrario di quello che possiamo osservare invece per le temperature, dove la continua crescita è netta e ben definita), quel che è certo è che negli ultimi anni le piogge sono sempre più 'mal distribuite'. “I dati dicono che quando piove le precipitazioni sono in media più intense – spiega Poletti – e sono seguite da lunghi periodi di alta pressione. In generale in Trentino siamo arrivati a malapena in media, per quanto riguarda le piogge, a dicembre, mentre gennaio è rimasto sotto media e febbraio partirà secco. La profondità delle falde in montagna è la fortuna del territorio: anche se per lunghi periodi non piove le grandi quantità di risorsa immagazzinate consentono alle fonti di continuare a garantire acqua, ma dopo due anni di siccità la situazione si fa dura”. In previsione poi, con l'aumento delle temperature in futuro aumenterà anche la richiesta di acqua per le piante e quindi per l'agricoltura, anche se le precipitazioni non dovessero cambiare: “Gli studi attuali – conclude Poletti – non mostrano ampia concordanza su quello che ci aspetta in futuro per quanto riguarda le quantità medie di pioggia sulle Alpi, sebbene i lavori più recenti stiano avvalorando l’ipotesi di una mutazione del regime verso precipitazioni più estreme sia in un verso sia nell’altro (più siccità, ma potenzialmente anche più alluvioni) e questo senza grandi cambiamenti dei totali complessivi. Negli ultimi anni il flusso perturbato tende a rimanere più a Nord del passato, mentre il nostro territorio sta diventando più 'mediterraneo' e con situazioni di 'blocco', cioè stazionarie e perlopiù di bel tempo caldo, predominanti”.