Italy
This article was added by the user . TheWorldNews is not responsible for the content of the platform.

Dahmer: il fascino del Male che può diventare pericoloso

È diventata una pratica piuttosto comune quella di empatizzare con i cattivi, specie quando sono i protagonisti di serie tv che guardiamo da anni. E così, dopo Dexter, un killer che speravamo non venisse mai preso, e House of Cards, con un presidente che avremmo voluto vedere al potere nonostante avesse ucciso due persone, ora è il turno di Dahmer, la nuova miniserie di Ryan Murphy diventata in pochissimo tempo il titolo più visto su Netflix in diversi Paesi del mondo. La differenza con gli altri prodotti citati è che il protagonista di Dahmer, ossia Jeff Dahmer, non è un personaggio di fantasia, ma un killer che nel corso della sua vita ha praticato lo stupro, la necrofilia, il cannibalismo e lo sventramento di decine di ragazzi fino a quando non è stato catturato e messo al gabbio. La fascinazione del pubblico, però, stavolta si è spinta oltre, visto che migliaia di spettatori hanno ripescato le foto originali di Jeff Dahmer scrivendo sui social quanto fosse sexy, fantasticando addirittura di essere adescati da qualcuno con il suo stesso fascino - una fantasia che, a dire il vero, certe spettatrici avevano già condiviso al momento dell'uscita di YOU, la serie con protagonista uno stalker ossessionato dalle donne della sua vita

Dahmer il fascino del Male che può diventare pericoloso

Il processo, sul quale molti psicologi americani hanno espresso paura e sgomento, è arrivato alla messa in vendita degli occhiali originali di Dahmer per la bellezza di 150mila dollari e, addirittura, alla richiesta delle stesse lenti indossate dal «Mostro di Milwaukee» per assomigliargli. Di certo non ci vuole un neuropsichiatra per capire che questo processo è quanto di più malato ci possa essere, considerando anche che la serie sta attirando su di sé un polverone non di poco conto, visto che Ryan Murphy e la sua squadra hanno pensato male di non allertare i parenti delle vittime sulla realizzazione della serie. Una serie che, bisogna dirlo, oltre alla psiche deviata e, per certi versi, affascinante di Dahmer - il suo cervello, una volta deceduto, è stato conservato per fini scientifici - è riuscita a rappresentare anche una serie di criticità che hanno di fatto aiutato il killer ad agire indisturbato per decenni: la connivenza della polizia che ha sottovalutato le testimonianze degli uomini neri che erano andati a denunciarlo; il razzismo sistemico presente in quegli anni a Milwaukee e, soprattutto, la targhettizzazione delle vittime che portava Dahmer ad agire nella comunità nera perché sapeva che le autorità non si sarebbero spese più di tanto per mettersi sulle tracce di quel tipo di vittime.

Dahmer il fascino del Male che può diventare pericoloso

Tutto questo, però, finisce inevitabilmente in secondo piano, visto che i molti spunti di riflessione sollevati da Dahmer vengono adombrati dalla romanticizzazione del serial killer da parte di molte spettatrici che, oltre a lodare la performance di Evan Peters - notevole, davvero. Questa volta la nomination agli Emmy non gliela toglie nessuno -, hanno scavato negli archivi condividendo sui social una certa fascinazione malata nei confronti del killer originale. C'è da dire che la serie, pur con i suoi limiti, non fa niente per rendere accattivante il protagonista, anzi. Le scene sono talmente violente e le atmosfere talmente cupe che prendere le difese di Dahmer, un uomo che drogava i suoi amanti per poi strangolarli e farli a pezzi, conservando parte dei loro arti nel freezer e sciogliendone altrettanti nell'acido - tutti dettagli che Netflix non risparmia, rendendo la visione particolarmente difficile da digerire - sembra quasi impossibile. La colpa, quindi, più di chi la serie l’ha prodotta, sembra essere di quelli che vivono in un mondo talmente intorpidito da non rendersi conto di fantasticare su un killer che ha tolto delle vite e terrorizzato un’intera città. Forse, per una volta, sarebbe il caso di smettere con le fantasie e di riconnetterci con il mondo reale, quello dove ciò che è giusto e ciò che è sbagliato non lo suggeriscono gli influencer, ma la nostra coscienza.

This content can also be viewed on the site it originates from.

Per ricevere l'altra cover di Vanity Fair (e molto di più), iscrivetevi a Vanity Weekend.