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"Ecco perché ho aiutato quell'uomo a morire"

Cronaca

Il monzese Marco Cappato spiega perché ha accompagnato Romano, un anziano gravemente malato, in una clinica in Svizzera dove è stato sottoposto al suicidio assistito

"Mi sono autodenunciato ai carabinieri. Ho raccontato quanto è accaduto, quella trappola micidiale che si era creata intorno a Romano, effetto delle contraddizioni della legge italiana". A parlare è Marco  Cappato, 51 anni, monzese, diplomato al liceo classico Zucchi e poi laureato in Economia alla Bocconi, da anni attivista politico. Marco Cappato questa settimana ha accompagnato Romano, un uomo di 82 anni gravemente malato di Parkinson, in Svizzera in una clinica dove, come permette la legge elvetica, si è sottoposto al suicidio assistito. 

Cappato, uscito dal Tribunale di Milano, ha spiegato il perché di questa sua disubbidienza, lanciando l'appello affinché altre persone che credono in questa battaglia lo aiutino perché sono in aumento le persone che si rivolgono all'associazione Luca Coscioni e all'associazione Soccorso Civile per chiedere di poter porre fine alle loro atroci sofferenze fisiche per le quali, purtroppo, non c'è una cura ma che sono destinate a proseguire e peggiorare. 

Proprio come nel caso di Romano, 82 anni, residente a Peschiera Borromeo, nel milanese, colpito da una grave forma di Parkinson. "Romano si trovava in uno stato di decadimento rapido - ha spiegato Cappato -. Tra poco avrebbe dovuto sottoporsi a un intervento chirurgico per l'inserimiento della peg per potersi alimentare. A quel punto allora sì che avrebbe potuto chiedere il suicidio assistito in Italia. Ma Romano non voleva sottoporsi a quell'intervento perché sarebbe andato incontro a una rapidissima perdita delle capacità cognitive. E a quel punto, allora, non avrebbe potuto richiedere la morte volontaria". Ecco perché Romano si era rivolto alcuni mesi fa all'associazione Luca Coscioni e aveva chiesto l'aiuto di Marco Cappato. Il monzese lo ha accompagnato in Svizzera dove nella giornata di venerdì 25 novembre l'uomo è morto. Ma raggiungere la Svizzera per Romano è stata una grande fatica. 

"Cinque ore e mezza di viaggio - prosegue Cappato - in condizioni molto faticose per un uomo che già dopo mezz'ora sulla sedia a rotelle era molto stanco. Romano ha raggiunto la Svizzera a bordo di un veicolo adeguatamente attrezzato per il trasporto di persone con disabilità, affiancato da personale che interveniva anche solo quando l'uomo doveva spostare una mano. Sua moglie è venuta in auto con me. È stata una tortura contro ogni ragionevolezza".  

Marco Cappato è pronto a disubbidire ancora. "Sono in aumento le persone che ci contattano - prosegue -. Non possiamo nascondere un problema di questa società dove l'età di vita si allunga". Il monzese chiede aiuto. "A chi si sente di assumersi la responsabilità di disubbidienza civile", precisa.