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I grossi problemi cinesi col gas sono anche i nostri

Svolte pericolose / Cina

Il freddo svela i problemi del sistema cinese con razionamenti e disagi, ma le conseguenze non si limitano alla Cina: Pechino cercherà più gas e Gnl proprio quando Italia ed Europa ne avranno più bisogno. Today ne ha parlato con Francesco Sassi, ricercatore ed analista energetico

Italia ed Europa vogliono rendersi del tutto indipendenti dal gas russo lasciandosi alle spalle gli straordinari aumenti dei prezzi dell'energia mentre la Cina ha bisogno di far ripartire l'economia. I due concetti sembrano lontani e sconnessi, ma in realtà sono strettamente correlati. Il 2023 potrebbe essere infatti un anno di svolta, con l'Europa che allontana la dipendenza energetica dalla Russia diversificando le sue fonti di approvvigionamento e la Cina che si lascia alle spalle le dure restrizioni della politica Zero Covid per rilanciare la crescita economica. Tuttavia, i cambiamenti non saranno indolori e rischiano di generare degli effetti domino negativi, soprattutto per i Paesi del continente europeo.

I costi dello Zero Covid

"È difficile eliminare il coronavirus, senza considerare l'aumento del costo sociale e del prezzo della prevenzione del Covid". Racchiuse in poche righe, l'agenzia di stampa statale cinese Xinhua ha presentato in un articolo le ragioni principali alla base del cambiamento della leadership di Pechino sulla strategia Zero Covid. Dopo tre anni di restrizioni, chiusure dei confini e test di massa, il governo ha rivisto l'approccio alla politica antivirus per evitare un collasso economico.

I dati economici dell'ultimo anno hanno dimostrato come la strategia sanitaria, strenuamente difesa dal leader Xi Jinping, ha determinato risultati preoccupanti per l'economia nazionale: nel 2022 il Pil è cresciuto del 3 per cento, mancando l'obiettivo ufficiale di "circa il 5,5 per cento" e frenando bruscamente dal dato positivo dell'8,4 per cento del 2021. 

Un record negativo per la Repubblica Popolare che suo malgrado ha dovuto lasciarsi alle spalle il florido periodo della crescita a doppia cifra del decennio precedente. La strategia Zero Covid ha infatti pesato sul bilancio dei governi provinciali cinesi, i cui funzionari hanno dovuto seguire pedissequamente le indicazioni di Pechino per evitare dure punizioni. All'indomani dell'abbandono della politica Zero Covid, diverse autorità locali hanno rivelato le enormi somme che sono state messe in campo per combattere la pandemia.

Per esempio il Guangdong, la popolosa regione con la più grande economia della Cina, dal 2020 ha speso ben 146,8 miliardi di yuan (circa 20 miliardi di euro) per l’attuazione della politica Zero Covid. Soldi che sono stati impiegati per i test di massa, vaccinazioni e una serie di spese relative all'applicazione delle politiche promosse dal governo. Nel computo, però, non rientrano le spese mediche dei servizi previsti dalla sanità pubblica. La cifra, il cui aumento è stato pari al 50 per cento ogni anno nel corso del triennio, riflette la crescente difficoltà delle autorità locali nel contenimento della diffusione di nuove varianti del virus e nella risposta alla realizzazione della campagna antivirus.

I costi del Guandong per la politica Zero Covid riflettono solo in parte quelli sostenuti dalle altre ricche zone del paese. Il Fujian, una provincia costiera orientale che confina con il Guangdong, ha speso 13,04 miliardi di yuan (1,8 miliardi di euro) nel 2022 per la gestione della pandemia di Covid-19, con un aumento del 56 per cento rispetto al 2021. La municipalità di Pechino, invece, ha messo sul piatto quasi 30 miliardi di yuan (4,1 miliardi di euro) l'anno scorso, registrando un aumento del 140 per cento rispetto al 2020 (mancano però i dati del 2021). 

Il gelo mostra le carenze del sistema cinese

I funzionari locali, temendo misure punitive dal governo centrale, hanno applicato le misure anti Covid arrivando così a svuotare le casse delle province e municipalità. Una scelta che ha limitato i fondi per lo stoccaggio delle forniture di gas naturale e che ha fatto emergere quanto l'energia sia pur sempre una priorità. 

Sui social media cinesi, molti utenti hanno puntato il dito contro i funzionari locali rei di aver speso miliardi di yuan per l’attuazione della politica antivirus anziché preoccuparsi dello stoccaggio di gas naturale, ampiamente utilizzato in tutta la Cina per riscaldare case, scuole, università e aziende. Accuse che arrivano dopo che le autorità locali hanno imposto il razionamento del gas e il limite alle temperature dei termosifoni. 

La ripresa economica in Cina dopo lo zero covid aumenta la domanda di gas che però non basta: i cinesi sono al freddo

E con le ondate di gelo che stanno colpendo la Cina negli ultimi giorni (con picchi a -20 o -50 gradi sottozero registrati nel settentrione del Paese), i cittadini chiedono ai funzionari locali un intervento immediato: garantire una disponibilità di gas sufficiente per riscaldare le case e contenere i costi delle bollette. Richieste che sembrano però irrealizzabili al momento.

Per coprire le spese della strategia Zero Covid, diversi governi provinciali e municipali della Cina hanno ridotto i sussidi che prima venivano utilizzati per aiutare le famiglie a pagare le bollette del riscaldamento. A questo limite se ne aggiunge un altro imposto dalle normative cinesi, finalizzato a blindare il prezzo finale della fornitura di energia delle utenze domestiche. 

"I razionamenti in alcune province cinesi sono direttamente legati all’indisponibilità di gas naturale da parte delle aziende governative provinciali e municipali che non sono state, in larga parte, capaci di approvvigionarsi di sufficienti volumi per rifornire la popolazione. Inoltre, queste società statali si ritrovano estremamente indebitate e non in grado di fornire sussidi sufficienti alla popolazione per implementare un passaggio dal carbone al gas, accelerato negli ultimi anni per volontà del governo centrale - ha detto a Today Francesco Sassi, ricercatore e analista di Ricerche industriali ed energetiche (Rie) -. Tuttora la crescita economica è limitata dall’ennesima ondata di Covid e la domanda potrà essere gestita grazie agli stoccaggi attuali. Ma se la ripresa economica e soprattutto della domanda industriale dovessero coincidere con un momento di particolare freddo nella regione, la situazione forzerebbe necessariamente le compagnie cinesi a ritornare sul mercato, influenzando i prezzi globalmente", ha sottolineato Sassi.

Di conseguenza i venditori hanno maggiore interesse a rivolgersi a utenti industriali e commerciali per cercare di non soccombere al costo del Gnl, il cui prezzo all’ingrosso è tre volte superiore a quello finale di vendita. Il gigante asiatico ha preso atto della carenza di gas naturale liquefatto e ha cercato di porvi rimedio aumentando le importazioni dalla Russia (+42,3 per cento lo scorso anno), seppur a prezzi non sempre convenienti. 

Gas, la Russia esporta verso la Cina ma guadagnerà meno rispetto alla vendita di gas a Italia ed Europa

La Cina ha comunque abbastanza gas naturale per superare l'inverno, ma sta iniziando a fare i conti con le conseguenze delle norme sui prezzi e della riduzione dei sussidi dei governi locali. Pechino osserva con attenzione i provvedimenti messi in campo dai funzionari locali, che saranno ritenuti responsabili per il mancato approvvigionamento del gas alle famiglie. Tuttavia, il governo centrale non fornirà alcun pacchetto economico per sostenere le province, ma si limiterà a costruire ulteriori siti di stoccaggio di gas naturale.

La Cina vuole dominare il mercato mondiale

Nel lungo periodo la Cina punta ad essere lo Stato dominante nel settore del gas naturale liquefatto: gli acquisti cinesi rappresentano il 40 per cento dei contratti a lungo termine siglati nel mondo. Gli Stati Uniti sono già il più grande fornitore di Gnl della Cina, proprio sulla base di contratti a lungo termine. Nel 2019 Pechino aveva imposto penali del 25 per cento sul Gnl di fabbricazione americana, per poi via via ridurle: dal 2021, le società cinesi e statunitensi hanno firmato diversi accordi per le forniture di gas naturale liquefatto.

L'aumento della domanda cinese di Gnl nel 2023 potrebbe togliere gas all'Europa e all'Italia

La Cina ora importa circa 90 milioni di tonnellate di Gnl, e di questi 25 provengono dagli Stati Uniti. L'Australia è al secondo posto con circa 17 milioni di tonnellate, il Medio Oriente fornisce 14 milioni, mentre la Russia contribuisce con circa 6 milioni. Tuttavia, nelle strategie cinesi non è pensabile dipendere troppo dagli Stati Uniti. Così, in nome della sicurezza energetica la Cina sta diversificando il portafoglio dei fornitori - non solo di Gnl -, tramite nuovi accordi con altri Paesi, come il Qatar, ma soprattutto la Russia.

"Russia e Cina fondano gran parte della propria partnership strategica proprio sulla componente energetica - ha detto a Today Francesco Sassi-. Russia e Cina sono già collegati tramite un gasdotto, Power of Siberia, la cui costruzione è stata decisa nel 2014 e ultimata nel 2019. Poche settimane prima dell’invasione russa dell'Ucraina, un altro progetto nell’Estremo Oriente russo è stato sottoscritto tra Gazprom e la cinese Cnpc. Altri se ne potrebbero aggiungere in futuro, in particolare un gasdotto che attraversando la Mongolia metterebbe in connessione i giacimenti nella Siberia Occidentale che fino a ieri rifornivano massivamente l’Europa con il mercato cinese. La prossima visita di Xi Jinping in Russia, prevista per la primavera, potrebbe portare nuove notizie su questo fronte", ha precisato Sassi.

Vista la situazione dei mercati, è lecito pensare che le imponenti politiche cinesi avranno un riverbero dall'altra parte del mondo, in Europa: una nuova crisi del gas è probabile.

Italia ed Europa a caccia di Gnl

Dopo l'inizio della guerra in Ucraina, Italia ed Europa hanno gradualmente ridotto la loro dipendenza dal gas russo. Se nel 2021 infatti il gas dalla Russia costituiva il 40 per cento del fabbisogno totale, nel 2022 questa percentuale è scesa al 16 per cento. Altri Paesi fornitori alternativi alla Russia, come Norvegia, Algeria e Azerbaigian, hanno sostituito le mancanze russe, diminuite dell'80 per cento nei gasdotti verso l'Europa. Ma è il Gnl, il gas naturale liquefatto, a rappresentare il punto di svolta nelle nuove strategie di approvvigionamento europee. 

Da dove è arrivato il gas in Europa nel 2022

L'Italia ha già tre impianti di rigassificazione e la loro attività è stata vitale nel rimpiazzare il gas mancante dalla Russia. Nel 2022, il Gnl ha infatti costituito il 21 per cento delle importazioni totali di gas e il suo apporto rispetto al 2021 è quasi raddoppiato. Ai tre impianti esistenti il governo italiano vuole aggiungerne altri due, a Piombino e Ravenna, che porterebbero altri 10 miliardi di metri cubi di gas in più l'anno, facendo salire il peso del Gnl fino al 35 per cento del totale.

In generale, in tutta Europa la domanda di Gnl è nettamente aumentata rispetto agli anni scorsi e ha costituito circa un terzo della domanda globale, con diversi Stati che stanno potenziando la loro capacità di rigassificazione, come la Germania, che ha già costruito tre impianti di rigassificazione.

I rigassificatori di Gnl, il gas naturale liquefatto in Europa: dove sono gli impianti e chi ne ha di più

Un inverno straordinariamente mite ha ridotto i consumi di gas in Europa, mantenendo gli stoccaggi a un livello insolitamente alto per il periodo. Di conseguenza, l'abbondanza di gas sul mercato, anche grazie al Gnl, ha mantenuto i prezzi più bassi rispetto ai mesi precedenti.

La situazione potrebbe però cambiare in primavera, quando gli Stati europei dovranno nuovamente riempire gli stoccaggi in vista dell'inverno 2023-2024: senza il gas russo, il Gnl sarà vitale, ma potrebbe scarseggiare proprio nel momento di maggior bisogno a causa della Cina.

Il 2023 può essere l'anno nero del Gnl?

Nel 2021 la Cina è stato il Paese che ha importato più Gnl al mondo. A causa della politica zero covid e della contrazione dell'economia, la domanda cinese di Gnl è crollata causando così una maggiore disponibilità sui mercati di cui ha usufruito più degli altri l'Europa. Dal 2023 la situazione potrebbe però cambiare in peggio, proprio per l'Europa, e quindi anche per l'Italia. Se infatti le importazioni cinesi di Gnl riprendessero ai livelli del 2021, più dell'85 per cento dell'aumento previsto dell'offerta globale sarebbe "dirottata" in Cina. E si prevede che l'offerta globale di Gnl aumenterà di soli 20 miliardi di metri cubi nel 2023, con circa un terzo della crescita proveniente dagli Stati Uniti. 

Il fabbisogno di gas in Europa nel 2023: senza quello dalla Russia sarà cruciale il Gas naturale liquefatto

In caso di assenza totale del gas russo e della ripresa cinese delle importazioni di Gnl, Italia ed Europa potrebbero trovarsi a forte rischio per la mancanza di gas sul mercato, con i prezzi tornerebbero di nuovo alti. La crisi potrebbe arrivare proprio nel momento di massimo bisogno, quando cioè si dovranno accumulare scorte in vista del prossimo inverno: l'Agenzia internazionale dell'Energia stima che queste mancanze potrebbero rappresentare quasi la metà del gas necessario a riempire i siti di stoccaggio entro l'inizio della stagione invernale.

In più, l'aumento della domanda cinese potrebbe anche essere anticipato dal freddo: "Se la ripresa economica, e quindi della domanda industriale cinese, dovessero coincidere con un momento di particolare freddo nella regione, le compagnie cinesi sarebbero costrette a tornare sul mercato, influenzando i prezzi globalmente", precisa Francesco Sassi.

A differenza delle preoccupazioni della vigilia, l'inverno in Europa sta passando senza problemi e con gas in abbondanza, ma il peggio potrebbe essere solo rimandato in primavera: il 2023 sarà un anno di svolte energetiche per Cina ed Europa, ma gli esiti saranno probabilmente opposti.