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Il caro energia mette a dura prova lo smart working: con l’aumento di luce e gas, lavorare da casa costa troppo. I sindacati chiedono rimborsi per i dipendenti

Il caro energia mette a dura prova lo smart working. L’incremento esponenziale dei costi di luce e gas sta cambiando la percezione che i dipendenti hanno del lavoro agile. Sulla questione, si sono mobilitati i sindacati che hanno chiesto di procedere con l’erogazione di rimborsi per gli impiegati.

Il caro energia mette a dura prova lo smart working: con l’aumento di luce e gas, lavorare da casa costa troppo. I sindacati chiedono rimborsi per i dipendenti

Con l’aumento di luce e gas, lavorare da casa costa troppo

In una manciata di mesi, il caro energia ha deformato lo smart working che, da valido strumento per evitare il blocco delle aziende concepito in pandemia, si è trasformato in una modalità lavorativa economicamente insostenibile. I costi ormai esorbitanti di luce e gas, infatti, stanno mettendo a dura prova i dipendenti che operano da remoto. A causa dei rincari che sanno facendo lievitare i prezzi dell’energia, sono sempre di più gli impiegati che stanno rifiutando il lavoro agile.

L’allarme è stato lanciato sia dalla Pubblica Amministrazione che dalle società private. Inoltre, è stato segnalato che i contratti stilati sinora non includono per lo smart working rimborsi economici annessi al caro energia e i dipendenti sono determinati a non accettare perdite sullo stipendio.

Secondo i dati di un report dell’Inapp citato da Il Messaggero, gli impiegati ancora favorevoli al lavoro da remoto sono appena il 20% della platea. L’Inapp, in particolare, ha precisato che i costi in aumento di luce e gas hanno ripercussioni economiche gravi su circa 700 mila statali. Secondo le stime condotte dal Politecnico di Milano, invece, su circa 18 milioni di dipendenti, potrebbero lavorare a distanza circa 6-8 milioni di cittadini. Ma il dato è fermo a 4 milioni.

Il caro energia mette a dura prova lo smart working: i sindacati chiedono rimborsi per i dipendenti

Sulla questione, sono intervenuti i sindacati che hanno chiesto la revisione dei contratti che regolano lo smart working al fine che vengano inclusi rimborsi adeguati a contrastare gli effetti del caro energia. Il nuovo contratto che regola il lavoro agile, tuttavia, non esclude la possibilità che vengano erogate indennità per chi lavora a distanza ma rimanda alla contrattazione integrativa. Il nodo cruciale in questo contesto resta il fatto che non sono disponibili risorse e, quindi, la richiesta avanzata dalle sigle sindacali sembra destinata a cadere nel vuoto.

Per quanto riguarda lo smart working, il report dell’Inapp ha anche rivelato che l’80% dei lavoratori lo considera come uno strumento cruciale per migliorare l’equilibrio tra vita privata e lavoro; il 90% lo valuta come un’opzione positiva per azzerare costi e tempi degli spostamenti mentre il 66% dei datori di lavoro ha riscontrato un aumento della produttività. Il quadro generale viene però compromesso dal caro energia che sta ribaltando la percezione che gli impiegati hanno della nuova formula lavorativa.

C’è, poi, anche la questione di buoni pasto che per gli smart worker non vengono previsti. È quanto previsto nei Piani per l’organizzazione del lavoro agile dei Ministeri dell’Interno e dell’Istruzione. Non sono prevista compensazioni neanche per i fragili che possono operare da casa fino al 2023.

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