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L’architettura italiana in un catalogo. Case, fabbriche, piazze: trionfo della creatività e del boom economico

«L’Italia l’han fatta metà Iddio e metà gli architetti» disse una volta Gio Ponti uno dei padri dell’architettura italiana del ‘900. Gli architetti sono da sempre una categoria particolare: per metà tecnici e per metà creativi. Il riscontro più veritiero a quella definizione di Ponti arriva ora dal «Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi» annunciato dal Ministero della Cultura. Una mappa di circa 5 mila edifici e aree urbane che hanno contrassegnato l’Italia dal dopoguerra ai giorni nostri. Ci sono voluti due anni di lavoro curati dalla Direzione Creatività Contemporanea del Ministero in collaborazione con Università ed istituzioni locali. Il progetto ha visto la luce quando al MIC c’era Dario Franceschini. Il Ministro si pose l’obiettivo di colmare un vuoto documentale nella storia contemporanea italiana. D’altra parte parte è stato anche l’unico che ha favorito anche lo sviluppo di progetti urbani sostenibili per le città più disagiate.

Il dopoguerra per ripensare architettura ed urbanistica

Attraverso le costruzioni realizzate e le idee che nel tempo hanno interessato gli architetti e i loro studi, oggi leggiamo con altri strumenti la vicenda di un Paese che a metà degli anni ’40 aveva voglia di riprendersi dalle rovine della guerra e dai disastri del fascismo. Il 1945 viene, dunque, fissato come «punto zero» per un percorso ricognitivo su quello che si è andato costruendo. Una memoria da coltivare a beneficio dei giovani ma anche di chi vuole capire cosa e come è stato fatto. L’anno 1945 segna l’avvio della ricostruzione post bellica si, ma segna anche il momento di svolta della produzione edilizia, dell’innovazione tecnologica, delle politiche abitative, « il ripensamento della disciplina architettonica e urbanistica». La creatività non doveva confliggere con i valori, i contesti urbani e sociali e con le ambizioni di un popolo piegato da orrori e macerie. L’Italia andava rifatta da cima a fondo, a partire dai luoghi della produzione e dell’economia. Non a caso gli architetti saranno per lungo tempo al servizio di costruttori, industriali visionari, famiglie borghesi e politici di nuovo corso. L’Italia era una straordinaria occasione per sperimentare modelli, materiali, occupazione di spazi. Faranno anche errori urbanistici, estetici ed ambientali, i nuovi creatori, ma si affermeranno come i protagonisti di un processo che andrà avanti per decenni. Nel catalogo ci sono progetti di nomi poi diventati celebrità dell’architettura mondiale come Gae Aulenti che disegna, tra l’altro, il termovalorizzatore di Forlì; Renzo Piano che ristruttura il Lingotto a Torino; Luigi Figini e Gino Pollini che realizzano il complesso della Olivetti di Ivrea; Oscar Niemeyer che progetta la sede Mondadori a Segrate; Ludovico Quaroni con il borgo “La Martella” nella Matera dei Sassi. E poi, Carlo Aymonino,Pier Luigi Cervellati, Bruno Zevi, Vittorio Gregotti, Alvar Aalto, , Massimiliano Fucksas, Santiago Calatrava e tanti, tanti altri.

La distanza tra Nord e al Sud

Le 5 mila opere catalogate sono la quintessenza del boom economico che iniziava a scavare il distacco del Sud dal Nord. Una separazione fisica ed intellettuale destinata a trascinarsi fino ai giorni nostri.I lavori nel catalogo sono suddivisi per Regioni: più al Nord, meno al Sud, dai 750 della Lombardia, ai 116 della Basilicata. Nel progettare non c’era il pensiero unico del razionalismo fascista. Tutt’altro. C’era il desiderio di voltare pagina con le contaminazioni filosofiche e politiche di un nuovo rinascimento. L’America del New Deal,degli spazi collettivi fruibili, segni di democrazia e di potenza al tempo stesso faceva progettare in modo meno invasivo, più funzionale ai bisogni di una popolazione che godeva di un benessere diffuso, sebbene mezza Italia restava paurosamente indietro. Le città erano laboratori per nuovi complessi residenziali, fabbriche, impianti sportivi, biblioteche, centri direzionali, grattacieli, scuole, parchi. “Oggi siamo molto soddisfatti di poter rendere disponibile al pubblico la piattaforma del Censimento. È il risultato di due anni intensi di revisione, aggiornamento e implementazione che hanno portato la piattaforma a censire architetture di interesse storico-artistico su tutto il territorio nazionale”, ha detto il Direttore Generale Creatività Contemporanea Onofrio Cutaia. Gli va dato atto del lavoro svolto, senza tralasciare l’impegno futuro. Il catalogo di architettura, infatti, sarà aggiornato con l’inserimento di altre opere che hanno fatto dell’Italia un modello da studiare. Magari si troveranno altri lavori al Sud, sfuggiti alla prima catalogazione, con la speranza di veder rappresentato un Paese meno diviso.