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L’Europa evapora sul gas, Bruxelles agli ordini della Germania: no al debito comune Ue contro il carobollette sul modello della pandemia

L’Europa evapora sul gas. Il piano d’azione della Commissione europea per contrastare il caro-energia non c’è. E non c’è verso di sperare che possa arrivare sul tavolo del vertice di Praga che si terrà domani e venerdì. La proposta slitterà a dopo il vertice dei capi di Stato del vecchio continente. Il massimo che potrà arrivare da Bruxelles è una lettera sul fronte energia come base di discussione molto generica.

CONSIGLIO EUROPEO

Mancato accordo

Il motivo è semplice: manca l’accordo in questo momento tra i Paesi membri. Le parti restano distanti e il rischio di un cortocircuito del tutti contro tutti è elevato. Il fronte degli Stati, Italia in testa, che spinge per il price cap al gas non intende mollare ma deve fare i conti con il muro dei Paesi del Nord, capitanati da Berlino, che non intendono sentir ragioni sul tema.

E la Commissione fa una precisa scelta di campo: ancora una volta si piega ai diktat della Germania tanto sul no al price cap –  Bruxelles ha dichiarato di considerarlo “rischioso” –  quanto sul no all’ipotesi di una nuova emissione di debito comune sul modello del Sure per rispondere alla crisi energetica, suggerita da Paolo Gentiloni e Thierry Breton.

E che invece ha raccolto il plauso della Francia, per esempio. I due commissari Ue per l’Economia e il Mercato interno, in un intervento pubblicato su diverse testate europee tra cui il Corriere della Sera, sottolineano che “solo una risposta di bilancio europea permetterà, sostenendo l’azione della Bce, di rispondere efficacemente a questa crisi e di calmare la volatilità dei mercati finanziari”.

La risposta da loro suggerita è quella di ispirarsi appunto a Sure per aiutare gli europei e gli ecosistemi industriali nell’attuale crisi energetica. Sure è il fondo Ue di 100 miliardi varato durante la pandemia per finanziare tramite l’emissione di debito comune le Cig e gli schemi nazionali contro la disoccupazione. Ma a stretto giro arriva il no di Berlino. E, solito copione, segue il no della Commissione.

Europa spaccata

La nuova spaccatura in seno ai Paesi membri va in scena nel giorno in cui si riuniscono i 27 ministri delle Finanze a Lussemburgo per decidere come finanziare RePower Eu. “Dobbiamo fare progressi nell’acquisto congiunto di gas, dobbiamo cambiare il design del mercato, ma gli strumenti che sono stati utilizzati durante la pandemia di Covid non possono essere replicati uno a uno, in uno scenario di shock dal lato dell’offerta e in uno scenario inflazionistico”, taglia corto il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, prima di partecipare alla riunione dell’Ecofin.

La proposta di un programma analogo allo Sure, in poche parole, “non può essere giustificata”, ci sono “altri strumenti di cui discutere, ma questa crisi è molto diversa da quella del coronavirus. Non stiamo affrontando uno shock della domanda, in cui i fondi pubblici devono essere utilizzati per stabilizzare la domanda o stimolare l’economia, stiamo affrontando uno shock dal lato dell’offerta e dobbiamo rispondere ampliando l’offerta e agendo insieme sui mercati internazionali”, ha evidenziato ancora Lindner.

In soccorso di Berlino non ci sono solo i Paesi del Nord, dall’Austria all’Olanda, la proposta di un nuovo fondo comune sul modello del Sure viene, come dicevamo sopra, stoppata subito da Bruxelles. Per il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis “la questione richiede altre discussioni perché ci sono punti di vista diversi attorno al tavolo”. Che in soldoni vuol dire che c’è soprattutto il no di Berlino.

“Gli editoriali sono iniziative personali dei commissari competenti. Non impegnano la Commissione”, puntualizza il portavoce della Commissione Ue, Eric Mamer.

Povera Italia

Brucia ai Paesi come l’Italia con spazi di bilancio risicatissimi la fuga in avanti della Germania che ha attivato uno scudo da 200 miliardi per calmierare i prezzi a famiglie e imprese. Che equivale  a dire che Scholz sfrutta il suo spazio nel bilancio per farsi il suo price cap e rifiuta quello comunitario.

Lo schema  di Berlino, dicono i due commissari,  “risponde alla necessità – da noi invocata – di sostenere l’economia, ma solleva anche degli interrogativi. Come possono gli Stati membri che non hanno gli stessi margini di bilancio sostenere le imprese e le famiglie? Dobbiamo evitare più che mai di frammentare il mercato interno, di creare una corsa ai sussidi e di mettere in discussione i principi di solidarietà e di unità che sono alla base del nostro progetto europeo”.

Non si fa attendere la risposta del governo tedesco. “È necessario che i prezzi del gas e dell’energia calino”, spiega il cancelliere Olaf Scholz, in conferenza stampa con il collega olandese Mark Rutte fermo come Berlino sul no al price cap al gas e sul no a uno Sure bis, “E alcuni Paesi – spiega Scholz – già da tempo fanno quello che noi ci siamo preposti di fare per i prossimi anni”, sottolineando che il pacchetto non riguarda un periodo breve ma gli anni 2022, 2023 e 2024. Un piano, aggiunge, che rappresenta un passo “ponderato e intelligente”.

“La maggior parte dei soldi del Recovery Fund – aggiunge il cancelliere per chi non avesse inteso l’antifona – non è ancora stata spesa”, e questo fondo “agisce direttamente nella crisi attuale”. Intanto  la Lega ha presentato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere la verifica da parte di Bruxelles che i 200 miliardi annunciati da Berlino non violino le norme sugli aiuti di Stato.

Meloni in manovra

Ieri il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha incontrato la premier in pectore Giorgia Meloni. Nel giro delle prossime ore sarà pronta la proposta del governo (quello attuale che è in stretto contatto e sintonia con la guida del prossimo) da portare a Praga.

Ferma restando la necessità di insistere per il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’elettricità e del price cap al gas l’Italia lavora sull’ipotesi – e almeno su questa si dovrebbe registrare una più ampia adesione –  di creare un nuovo indice di riferimento per il Gnl diverso dal tradizionale Ttf di Amsterdam lavorando su benchmark come il Brent o l’Henry Hub.

Ma si guarda anche a Borse ben più grandi come quelle cinesi o australiane. Intanto le previsioni su una stangata in arrivo dal caro-bollette diventano sempre più fosche. Le associazioni dei consumatori fanno i conti.

“Se dovessero trovare conferma le previsioni degli analisti con un aumento delle tariffe del gas del +70% a partire da ottobre, per gli italiani si tratterebbe di una maxi-stangata da 2.942 euro su base annua a famiglia solo per la spesa legata alle forniture di gas. Questo perché un rincaro così pesante porterebbe le tariffe a salire nell’ultimo trimestre del 2022 del +117% rispetto allo stesso trimestre del 2021, quando cioè è iniziata la serie ininterrotta di aumenti dell’energia”.