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La grande sfida dei vitigni resistenti, ben 82 i vini in gara nella rassegna dei vitigni Piwi. Ecco i premiati

TRENTO. E’ il sogno di ogni vitivinicoltore e l’auspicio di tutti i consumatori: bere vino il più possibile salubre, ottenuto da uve sane prodotte da viti che resistano alle principali malattie delle piante e dunque coltivate senza ricorrere alla chimica. Vitigni resistenti che alla Fondazione Mach sono stati al centro della seconda Rassegna nazionale. Tra piacevoli sorprese e ulteriori conferme qualitative.

Vini da viti Piwi sigla che in tedesco significa "piante resistenti alle malattie fungine, peronospora e oidio su tutte". Varietà per anni più clandestine che sperimentali, ma che da qualche vendemmia sono in gran spolvero. Lo dimostra la rassegna di San Michele all’Adige. L'evento, supportato dal Consorzio innovazione vite e dall'associazione Piwi International, ha visto partecipare 44 cantine italiane. Gli 82 vini in gara, suddivisi in sei categorie (rossi, bianchi, orange, frizzanti, charmat, metodo classico) sono stati valutati il 9 e 10 novembre da una commissione composta da 30 qualificati esperti e supportata dagli studenti del corso enotecnico.

La premiazione si è svolta all'interno di un seminario scientifico, che ha visto intervenire il presidente Fem, Mirco Maria Franco Cattani, il presidente di Civit, Enrico Giovannini, e il presidente di Piwi International, Alexander Morandel, nonché l’assessora provinciale Giulia Zanotelli. Viti Piwi che attirano l’attenzione dei viticoltori è più accorti.

"In questi ultimi dieci anni - ha detto Enrico Giovannini, presidente Civit - il vento è cambiato: riceviamo richieste da tutta Italia per testare queste nuove varietà e colpisce tutti il livello qualitativo raggiunto". Prestigiosi studiosi hanno parlato di genome editing, viti appunto ottenute mediante incrocio con varietà selvatiche, piante che adesso possono essere messe a dimora con più facilità. E con tangibili riscontri qualitativi.

Le viti Piwi e i vini prodotti con queste ‘resistenti’ hanno in Trentino alcuni pionieri. Anzitutto Domenico Pedrini, enologo e uno dei tre fondatori della Pravis di Madruzzo. E’ stato lui tra i primissimi a piantare in Italia - già nel 1993 - vitigni dal nome insolito come Solaris, Johanniter o Bronner. Piantate quasi di nascosto, vigne clandestine, studiate e minuziosamente accudite, per vinificazioni altrettanto in sordina.

Uve pigiate da Domenico Pedrini in piena sintonia con il suo amico e compagno di scuola Mario Pojer, altro istrionico, competente e promotore dei vini da uve resistenti. Sperimentazione e altrettanta fiducia nei centri di ricerca, sia germanici che quanti operano in strutture scientifiche come la Fondazione Mach.

I risultati hanno incoraggiato a cimentarsi in questa tipologia diversi vignaioli. Compreso Nicola Biasi, che a Coredo ha piantato a quota 1.000 metri una varietà resistente e imbottigliato il risultato enologico come Vin de la Neu, il vino della neve, un bianco pluripremiato a livello europeo, il primo Piwi ad aggiudicarsi i Tre Bicchieri del Gambero Rosso oltre che encomi da tutte le altre bibbie del buon bere. Torniamo alla rassegna e alla premiazione odierna.

Sono state al centro del dibattito anzitutto le varietà Civit: Termantis, Nermantis, Charvir e Valnosia. Di recente tramite il progetto Vevir queste varietà sono risultate ottimali per la coltivazione in Trentino accanto a Solaris, Souvignier gris, Bronner, Palma, Johanniter e Pinot Regina. Validità confermata pure dalle relazioni e presenza di esponenti germanici e pure della zona dove si produce Champagne.

Lungo e dettagliato l’elenco dei vini che hanno conquistato la giuria. Come per la precedente rassegna ottimi risultati per i vini della cantina Terra di Ger, prodotti vicino Feltre, (zona emergente per i vitigni in questione) con un vino che ha ottenuto il punteggio più alto in assoluto, ma anche il Trentino ha guadagnato pregevoli riscontri. Con premi alla Cantina di Cembra, alla Villa Persiani di Clementi di Pressano, ma pure alla Pravis (miglior spumante classico) e alla Pojer&Sandri, con Zero Infinito. Encomio anche al vino frizzante di Michele Sartori, viticoltore ledrense.