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La sinistra mitomane che incolpa Renzi e Calenda della vittoria della destra

È abbastanza facile taroccare le statistiche («Se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa», scriveva Gregg Easterbrook), ma ci vuole un talento speciale per taroccare, con aria di saputissima superiorità, pure i risultati delle quattro operazioni (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione), che si imparano alle elementari. In teoria, non sapere fare di conto è indice di analfabetismo strumentale, neppure funzionale, che significa, ad esempio, almeno sapere fare sottrazioni, pur senza sapere cosa farsene. 

Gli analfabeti strumentali – quanti, sempre per fare un esempio a caso, pensano che 115 meno 4 faccia meno di 104, sono in teoria meno dell’1% della popolazione italiana. A leggere le polemiche di questi giorni sul Senato consegnato alla destra da parte di Renzi e Calenda, si potrebbe pensare che siano tutti concentrati nella politica e nell’informazione, ma c’è una spiegazione pure peggiore per questi apparenti sfondoni. Che appunto non siano sfondoni ma forme di eroica propaganda democratica e di funesta psicopatologia politica.

Ricapitoliamo. La destra ha eletto tra uninominale e proporzionale 115 senatori a Palazzo Madama. I senatori sono nel complesso 206, i 200 elettivi, più i senatori a vita Giorgio Napolitano, Carlo Rubbia, Renzo Piano, Liliana Segre, Elena Cattaneo e Mario Monti. La maggioranza al Senato è dunque a quota 104. 

Già da prima delle elezioni si erano levati appelli verso l’elettorato di Azione e Italia Viva perché, almeno al Senato, convergesse sui candidati uninominali e quindi, vista la legge elettorale, anche sulle liste dei partiti della sinistra. I numeri suggeriscono che questo appello non abbia sortito un grande effetto, visto che sia la coalizione di sinistra, sia Italia Viva-Azione hanno preso qualche decina di migliaia di voti in più alla Camera che al Senato (non considerando le circoscrizioni con sistemi elettorali speciali della Valle d’Aosta e del Trentino Alto Adige, dove peraltro Italia Viva – Azione era in alcuni collegi alleata con la sinistra). 

Però questi appelli, alcuni – si badi – assolutamente sinceri e in buona fede, anche se del tutto inefficaci, sono stati usati per descrivere il Senato come vera trincea della difesa della democrazia italiana e della fedeltà o del tradimento da parte di Renzi e Calenda dei principi della legalità repubblicana. Se i loro voti al Senato non fossero confluiti sui candidati della sinistra, la destra avrebbe vinto e la Costituzione sarebbe stata in pericolo. 

Visto che la destra ha vinto ampiamente anche al Senato, con proporzioni tali però da smentire quell’altra panzana del rischio di maggioranza dei due terzi in entrambe le camere, allora è scoccata l’ora fatale della condanna. Peccato che non sia affatto vero che il risultato sia stato determinato dalla loro diserzione. 

Al contrario, se anche tutti, proprio tutti i voti di Italia Viva – Azione fossero confluiti in tutti i collegi uninominali del Senato sui candidati della sinistra (e quindi i due partiti si fossero eroicamente suicidati per la patria democratica) la destra avrebbe continuato ad avere a Palazzo Madama una maggioranza saldissima. A passare di mano da destra a sinistra sarebbero stati solo quattro collegi uninominali (Ravenna, Livorno, Roma Municipio XVI e Roma Municipio VII). La destra, nella migliore delle ipotesi, al Senato avrebbe avuto 111 seggi, ampiamente sopra la maggioranza assoluta di 104.

A destra spopolano le verità parallele, a sinistra l’aritmetica parallela. Ovviamente di questa operazione di scrutinio patriotticamente corretto dei risultati elettorali, non è falso solo lo svolgimento, ma è falsa anche la premessa, visto che è ridicolo (e forse autobiografico) ipotizzare che i leader politici possano spostare gli elettori da un candidato all’altro come mandrie di buoi da un alpeggio a una stalla ed è ancora più grottesco non prendere atto del fatto che molti elettori hanno votato la lista di Italia Viva – Azione proprio perché non era alleata di Enrico Letta, Luigi Di Maio, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. 

Gli elettori delle forze di centro-destra alle europee del 2019, che secondo l’analisi dell’Istituto Cattaneo hanno costituito il 40% dell’elettorato della lista di Italia Viva – Azione, avrebbero risposto prontamente al richiamo ciellenistico? E quel 50% di elettori provenienti da PD, Sinistra e +Europa, che presumibilmente si sono spostati verso una proposta liberaldemocratica proprio perché contrari alla deriva demo-populista di Letta, sarebbero tutti rimasti lì, da dove invece se ne sono andati malgrado il ricatto del voto utile, se solo a ordinarglielo fossero stati Renzi e Calenda? E a parti invertite, quanti elettori del PD, dei Verdi o di Sinistra italiana, di fronte a un’alleanza con i due loschi figuri di cui sopra, così chiaramente di destra, sarebbero fuggiti verso il M5S o magari verso De Magistris?

Si può anche ritenere che continuare a ripetere il falso non più per trarne un vantaggio, ma solo il riconoscimento della ragione, non sia semplice e volgare mendacio. Volere che il falso diventi vero, almeno nella credenza altrui, non potendolo essere nella realtà e mentire non per interesse, ma per mancanza di autostima si chiama clinicamente pseudologia fantastica o mitomania. 

D’altra parte, questa sindrome è l’altra faccia della medaglia dell’idealizzazione di sé, che a sinistra è da sempre stile di vita e di pensiero. La sinistra non poteva perdere con quei buzzurri della destra italiana e visto che ha perso deve presentare la sconfitta come un misfatto dolorosamente subito e dunque deve inventarsi, letteralmente inventarsi, una colpa e dei colpevoli. 

Tutto torna, insomma, per vedere in questi processi politico-mediatici contro i due fascisti di complemento Renzi e Calenda qualcosa che, oltre che con la propaganda, ha a che fare proprio con la malattia e merita una risposta di fermezza politica non disgiunta da un senso di doverosa solidarietà umana.