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Maria Antonietta: «La musica, i tarocchi e gli anni Novanta»

Letizia Cesarini, meglio conosciuta come Maria Antonietta, risponde al telefono da Senigallia, anche se in questo momento vorrebbe essere in qualsiasi altro posto emani calore. «Fuori c'è un freddo da neve. Abitando sul mare l'umidità che sale dall'acqua è terrificante», racconta la cantante felice ed entusiasta di essere ritornata, dopo cinque anni, al suo primo amore: la musica. Dopo l'esperienza come conduttrice del programma Sacra bellezza - Storie di santi e reliquie sul mondo dell'arte sacra su Sky Arte e il debutto nella narrativa con il romanzo Sette ragazze imperdonabili, edito da Rizzoli, Maria Antonietta torna, infatti, ai testi e alle melodie con Arrivederci, il suo nuovo singolo realizzato per Warner, un brano dedicato a quelli che lei stessa chiama fantasmi e dai quali è necessario prendere le distanze per guardare avanti e provare a costruirsi un futuro. 

Il video di Arrivederci è molto caldo e colorato: cosa l'ha ispirata?
«L'estetica dei primi anni Novanta, quella che strizzava l'occhio al punk, al baby-doll, a grafiche super zuccherose: è un tipo di contrasto che mi ha sempre attratta».

Lei si sente zuccherosa?
«Sono molto sentimentale, il che fa contrasto con l'altra parte di me, quella più tagliente e radicale. È un conflitto che lascia le persone spiazzate perché, quando sei conflittuale verso di te, lo sei anche fuori di te. Non è facile definirti e catturarti, ma è questo che mi piace: non riuscire a incasellare gli altri mi intriga».

Gli «assenti» di cui parla in Arrivederci non si fanno certo afferrare. Chi sono?
«Le persone che vanno e vengono in tutta la nostra vita, che un attimo prima ci sono e poi spariscono come per magia. A un certo punto arriva il momento in cui devi andare a capo per procedere oltre: per andare verso il futuro, devi lasciare andare. Scrivere questa canzone è stato il mio modo di perdonarmi, di lasciarmi andare alle sfide più difficili che esistano. È ovvio, però, che chi se n'è andato dalla tua vita continui ad avere un certo potere: la canzone, in questo senso, è quasi un esorcismo».

Che cosa la aiuta a lasciarsi andare?
«Avere altre passioni oltre alla musica: la lettura, l'arte e, soprattutto, la poesia. A parte questo, recentemente mi sono messa a studiare i tarocchi: sono una persona molto razionale ma, avvicinandomi a quest'arte, mi sono resa conto che danno libero sfogo alla mia parte più intuitiva. Quando mi sento sovraccaricata mi metto lì, con le carte, e capisco meglio le mie dinamiche interiori. È un esercito molto liberatorio, che la mia terapista mi ha appoggiato».

Cosa ha spinto una ragazza così razionale a buttarsi sui tarocchi?
«Ho sempre avuto l'ossessione del controllo della mia vita e di tutto ciò che accade: un'illusione che ti fa perdere tanta energia. È stata una casualità imbattermi nei tarocchi e in una terapista aperta e curiosa».

Era una maniaca del controllo anche da bambina?
«Ricordo che a scuola esercitavo un grande controllo su me stessa: non piangevo mai. Anche quando mi facevo male al ginocchio al parco e aspettavo di rientrare a casa per lasciarmi andare. C'è sempre stata quella forza». 

Il controllo passa anche dall'astenersi dall'alcol?
«Non ho mai superato determinate soglie: mi piace bere e fumare, godermi i tour, i momenti conviviali, ma non sono mai arrivata a un punto in cui non fossi presente a me stessa».

Cosa voleva fare da grande?
«La scrittrice: il primo amore non è stata la musica, ma la poesia. In prima elementare mi sono subito appassionata di lettura e ho iniziato a scrivere delle poesie: quando ci riuscivo, provavo un senso di assoluta meraviglia perché far esistere con le parole qualcosa di mio mi dava una sensazione impagabile che nessun'altra cosa riusciva a darmi».