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'Ndrangheta, dopo sette anni finisce la fuga del latitante Antonio Strangio: arrestato a Bali

Lo braccavano da sette anni. I carabinieri di Reggio Calabria, coordinati dalla procura antimafia, lo avevano localizzato da tempo. Approfittando della cittadinanza australiana, si era nascosto da tempo nel Nuovo Continente. Ma al primo passo falso, Antonio Strangio, giovane rampollo dell'omonima famiglia di 'ndrangheta, che da San Luca ha costruito sul narcotraffico il proprio impero, è caduto.

Gli investigatori lo hanno individuato e fermato all'aeroporto Ngurah Rai International Airport di Bali. Sorpreso, Strangio si è lasciato ammanettare dalla polizia di frontiera, allertata dai carabinieri che del latitante seguivano da tempo tutte le mosse. "Protetto" dalla cittadinanza australiana, Strangio si sentiva al sicuro.

Secondo quanto riferito  dal commissario Jessica Febria Tokilov dalla polizia indonesiana, il giovane rampollo del clan arrivava da Kuala Lampur, in Malesia, e aveva in programma di rientrare ad Adelaide, dove presumibilmente avrebbe fatto base negli ultimi anni. Tutti dettagli su cui gli investigatori italiani stanno ancora indagando, come sui reali fini del viaggio.

Il trentaduenne era in fuga dal 2016, quando tra San Luca e San Ferdinando è scattata l'operazione "Eclissi 2". Una fotografia dinamica dei clan della Piana di Gioia Tauro e della Jonica profonda, che ancora una volta ha confermato come le famiglie si muovano insieme, soprattutto quando c'è da fare affari. Leciti e illeciti.

L'inchiesta aveva fotografato non solo un importante canale di distribuzione di marijuana, lungo il quale era stato intercettato un carico di oltre 160 chili, ma anche l'infiltrazione sistematica dei clan in tutte le attività economiche e commerciali della zone tenute sotto scacco. Un'infezione resa possibile anche dai rapporti con la politica e l'amministrazione locale.

Accusato di associazione mafiosa e traffico di droga, Strangio era stato colpito da "Red Notice" Interpol, l'avviso di cattura internazionale per i soggetti ricercati in tutto il mondo. Ma in Australia, dove da decenni ormai la 'ndrangheta aveva messo radici, aveva trovato rifugio. Sulle attività nel continente, gli approfondimenti sono in corso. Il sospetto è che non abbia mai abbandonato il narcotraffico, "core business" di famiglia.

Del resto, in Australia il ruolo dei clan calabresi nella gestione di giganteschi carichi di droga, come nel riciclaggio dei capitali che ne derivano non sarebbe una novità. Nel giugno 2022, l'inchiesta Ironside, aveva permesso di individuare almeno quattordici famiglie e cinquemila affiliati alla 'ndrangheta. "I clan - ha sottolineato il vice commissario dell'Afp, Australian Federal Police, Nigel Ryan, no dei più importanti investigatori australiani - immettono i loro guadagni illeciti nelle loro legittime attività di costruzione, agricoltura e ristorazione".

Con Strangio sono 42 i latitanti arrestati in tutto il mondo in poco meno di tre anni dall'avvio del Progetto I Can, che ha "sensibilizzato" e coinvolto le forze dell'ordine di tutto il mondo  nell'individuazione di uomini e affari di 'ndrangheta.

"I Paesi europei e i Paesi del mondo - dice Federico Cafiero de Raho, l'ex procuratore capo prima di Reggio Calabria, poi  della Dna, oggi alla Camera con i 5s - si dovrebbero muovere tutti nella consapevolezza che le mafie vincono, in mancanza di una coscienza comune e di una immediata operatività di tutti, perché le mafie sono capaci di muoversi in un secondo. Se ci muoviamo come un elefante, molto rumorosamente e con lentezza, è evidente che non riusciremo mai a contrastarle efficacemente. Innanzitutto conoscerle e poi velocità nell'ambito della condivisione".