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Omicidio nel West End: una meta-commedia che omaggia Agatha Chirstie

Cinema

Dal 28 settembre al cinema, la storia di un delitto che si intreccia con un altro delitto con ironia e sagacia

Non è vero che alla fine i gialli sono tutti uguali. Il personaggio di Adrien Brody - Leo Kopernik - nel film comunica al pubblico esattamente questo, che quando si parla di un giallo le premesse, lo svolgimento e la conclusione del caso sono sempre le stesse. La verità però è che ogni movente e ogni personaggio possono essere diversi rendendo quel giallo specifico degno di nota. Omicidio nel West End rappresenta un esperimento ambizioso quanto innovativo essendo una forma di meta cinematografia con un giallo che ci racconta di un altro giallo. Esordio del regista Tom George - che si è sempre occupato di sceneggiature a parte la regia di una serie tv - il film riesce a catturare lo spettatore con il suo tono ironico, con i suoi personaggi - soprattutto i protagonisti - e la rivelazione di un colpevole inatteso. Girato interamente durate l’isolamento per il Covid, la pellicola ha messo gli attori a dura prova, ma le performance regalate sono più che convincenti.

Sceneggiato da Mark Chappell, il film vede tra i suoi protagonisti Sam Rockwell nei panni di un investigatore chiamato a risolvere un caso; la giovane e promettente Saoirse Ronan - che esordì con il ruolo di Briony Tallis in Espiazione di Joe Wright nel 2005 - in quelli di un’agente sempre presente e ligia che è ansiosa di fare il suo lavoro. Tra gli altri Adrien Brody - già visto nello struggente Il Pianista - che interpreta un regista arrogante - insieme a Ruth Wilson, Harris Dickinson e Sian Clifford volto del gioiello televisivo che è Fleabag. Alcune accortezze tecniche più che contenutistiche contribuiscono indubbiamente a rendere il film meritevole di essere visto, insieme a quel giusto mix di comicità che spesso caratterizza le commedie crime e investigative. 

La trama - Omicidio nel West End 

Londra, 1950 nel teatro del West End si sta svolgendo l’ennesima rappresentazione teatrale dell’opera “Trappola per topi” adattamento teatrale dell’omonimo romanzo scritto da Agatha Christie. Il successo però è talmente grande che si decide di trasformarlo in un film al cinema. È qui che entra in scena il regista Kopernik il quale introduce prima la storia per finire poi lui stesso vittima del proprio racconto e dare il via alla narrazione. Si mette così in scena un caso da risolvere all’interno di un altro caso: quello della piece teatrale e quello reale. Per ottenere risposte viene convocato l’ispettore Stoppard, burbero e silenzioso, al quale viene affiancata una nuova ed entusiasta recluta, l’agente Stalker. I due cercheranno di ricostruire cosa è accaduto davvero e chi abbia ucciso il regista. 

Nel corso delle indagini lentamente i due inizieranno a mettere insieme i pezzi del puzzle e comprendere come tutti i personaggi siano legati tra loro. Scoprono di alcune divergenze tra il regista e un noto sceneggiatore incaricato di realizzare l’adattamento. Ogni personaggio può essere un potenziale sospettato -  e se la morte del regista non è un caso isolato - può essere anche una potenziale vittima. Mano a mano che procedono le indagini, l’inedita coppia Stoppard - Stalker cercherà di risolvere il problema imparando a dover convivere. La collaborazione permette loro di valutare tutti gli elementi del genere e dopo qualche falsa pista raggiungono il colpevole. Non vi sveliamo l’altro lasciando il trailer qui sotto. 

Omicidio nel West End - Il teatro nel cinema

Il film nasce da un’idea del produttore Damian Jones, che curiosando tra gli spettacoli più longevi messi in scena al West End, ha trovato proprio “Trappola per topi” che è in scena da 68 anni ma di cui non era mai stata realizzata una trasposizione cinematografica. Una clausola infatti garantiva l’adattamento solo nel momento in cui lo spettacolo non sarebbe più stato rappresentato, cosa che ovviamente non è mai accaduta. Ed è così che la storia si fonde con la fantasia rappresentando solo il primo degli elementi che rendono il film un'opera a tutti gli effetti meta-cinematografica. Fin dall'inizio c'è una rottura della quarta parete quando il regista dell’adattamento di “Trappola per Topi” si rivolge direttamente allo spettatore e introduce la storia del film. Lentamente poi il confine tra la pellicola e l’opera teatrale si fa sempre più sottile ma senza arrivare mai a confonderle. La sceneggiatura del film è riuscita ad intrecciare la sua trama e i personaggi con quelli dell’opera creando una sorta di racconto nel racconto, riuscendo a legarli in maniera intelligente e con un tocco di genialità. I colori pastello e le ambientazioni in hotel e teatri degli anni 50’ hanno contribuito a collocare la storia sospesa nel tempo, ma con dialoghi dalle tematiche moderne.

La regia adopera molte panoramiche e inquadrature in grand angolo, ribadendo l’importanza del punto di vista e della prospettiva, nello stesso modo in cui vanno usate per risolvere un caso. Un altro modo per ricostruire la storia e spiegarla agli spettatori sono i flashback e la doppia inquadratura di due personaggi nella stessa scena, fornendo appunto due versioni dello stesso momento.Gli attori stessi sono riusciti ad intrattenere e il duo tra investigatore e assistente si è rivelato esilarante, dimostrando per l’ennesima volta la versatilità di Saoirse Ronan. Proprio questa combinazione poteva scivolare nel già visto, dove tutto il potere era nelle mani dell’uno, mentre l’altra si limitava a fare da assistente; tuttavia la combinazione di un uomo dai tratti burberi e ormai assuefatto al suo lavoro, insieme all’ambizione e la sagacia di una giovane agente, hanno funzionato e hanno permesso al personaggio femminile di uscire dai soliti ruoli canonici come aiutante, e di essere a tutti gli effetti la co-protagonista. Ma se sotto questo punto di vista il film funziona più che bene è nel suo sviluppo che un po’ si perde; le indagini non sono incalzanti e a metà film sembra si sia adagiato nel circolo delle ricerche, per poi risollevarsi verso la fine e regalare un finale anch’esso esempio di meta narrazione. Omicidio nel West End riesce quindi a funzionare forse più come commedia esilarante che come crime, le interazioni tra i personaggi strappano più di qualche risata mentre la trama lascia un po’ lo spettatore con poco interesse per comprendere davvero chi sia il colpevole. 

Voto: 6,5