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Parla Don Giulio, il prete sospeso: «La Chiesa smetta di negare l’amore gay»

La notifica, firmata dal vescovo, monsignor Luigi Ernesto Palletti, è arrivata il 3 ottobre: la diocesi di La Spezia ha sospeso Don Giulio Mignani, 52 anni, prete di Bonassola, Montaretto, Framura e Castagnola, in tutto, forse, 1.500 abitanti. Non potrà più celebrare messa e i sacramenti, e il motivo scritto nero su bianco è che «nel corso degli anni più volte ha rilasciato esternazioni pubbliche, apparse anche su vari quotidiani e interviste televisive, nelle quali ha ripetutamente sostenuto posizioni non conformi all'insegnamento della Chiesa». La notizia si è sparsa, e da ore Don Giulio riceve valange di telefonate e messaggi di solidarietà su Whatsapp - che ti accoglie con la foto profilo di Mickey Mouse «perché da piccolo leggevo sempre Topolino». Riesce a parlare anche con noi, la sera tardi.

Se lo aspettava?

«Sì, avevo avuto dei segnali».

Si è parlato di ripetuti richiami del vescovo.

«Mi ha telefonato e scritto. Ci siamo visti alcune volte per dei colloqui. Tutto è nato dal clamore mediatico dopo la domenica delle Palme del 2021, quando ho scelto di non benedire le palme come protesta per il responsum della congregazione per la Dottrina della fede che aveva vietato la benedizione delle coppie gay».

Quella che adesso invece i vescovi fiamminghi hanno deciso di dare.

«Esatto. Io mi dicevo: in chiesa abbiamo benedetto di tutto, anche le armi e le guerre in passato. E non vogliamo benedire un amore vero?».

Un gesto di insubordinazione.

«Ho osato manifestare un pensiero. Il vescovo mi aveva già richiamato anni prima però, perché avevo difeso pubblicamente Davide e Giuseppe, una delle prime coppie che si erano unite civilmente a Bonassola nel 2016. Sentivo chi diceva “che schifo”, e io rispondevo: “perché?”».

Don Giulio Mignani in call con l'onorevole Alessandro Zan mostra il palmo della mano con la scritta «Ddl Zan» gesto...

Don Giulio Mignani in call con l'onorevole Alessandro Zan, mostra il palmo della mano con la scritta «Ddl Zan», gesto dell'iniziativa di Vanity Fair #DiamociUnaMano

Che cosa le diceva il vescovo?

«Che la dottrina è un’altra e io devo parlare di quella».

Al di là delle coppie omosessuali, su quali temi era stato già richiamato?

«Sull’aborto e sull’eutanasia. Penso che la Chiesa, e l’ho detto anche al vescovo, abbia fondato la sua dottrina nel corso dei secoli, e ormai è datata. Bisogna lasciarci interpellare dalle nuove conoscenze. Per citare una parabola di Gesù, oggi non abbiamo una pecorella smarrita e le altre 99 nel recinto, ma il contrario. Le persone si rendono conto che si tratta di cose superate».

Quando dice «le persone» si riferisce alle chiacchiere con i suoi parrocchiani?

«Sono prete da 23 anni, ho formato catechisti e ho fatto catechesi per gli adulti. Nella mia esperienza pastorale, o nelle confessioni, ho raccolto molte di queste perplessità e critiche. Ma ho fatto anche di più».

Si spieghi.

«Ispirato dal sinodo di Papa Francesco che parte dall’ascolto delle persone, ho creato un questionario, che poi ho diffuso su Internet, dove alle persone si chiedeva, in forma anonima, di dire che cosa ne pensavano in materia di celibato dei preti, aborto, omosessualità, sacerdozio delle donne, eutanasia. Ho raccolto 434 schede e ho fatto un dossier analizzandole. Proprio perché non volevo fossero solo chiacchiere».

L’ho portata al vescovo?

«Certo. L’ho inviato al vescovo, al Sinodo, e anche a Papa Francesco, che mi ha risposto lo scorso 7 aprile».

Che cosa diceva il Papa?

«La lettera veniva dalla Segreteria di Stato, non so l’abbia scritta lui. Però mi si ringraziava e si auspicava che continuassi nell’ascolto».

Un incoraggiamento insomma.

«Beh si trattava solo di raccogliere testimonianze, non si andava oltre».

Il desiderio di cambiamento che sente è solo per aiutare la Chiesa a modernizzarsi o nasce anche da una sua riflessione personale?