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Partecipazione urbana di chi a che cosa è tutto da capire

A volte mi capita di essere accusato di polemica pretestuosa quando non intendevo fare alcuna polemica e anzi il pretesto era proprio per non farla. Come stavolta quando leggo un articolo su un periodico locale a cui mi è capitato anche di contribuire e per cui mi verrebbe quasi quasi da scrivere una lettera aperta di risposta. Che però verrebbe come dicevo sopra interpretata quasi di sicuro polemica pretestuosa. E dunque riconverto da subito in articolo mio passando al sodo: si parla qui di un caso di partecipazione pilotata. E più nello specifico di un Punto di Ascolto aperto ad hoc dagli sviluppatori di un progetto esattamente sul luogo del cantiere e prima ancora che il cantiere venga aperto, allo scopo di raccogliere spunti, sviluppare relazioni, migliorare dettagli e impianto, ricomporre conflitti. Quale sia lo scopo di quel Punto di Ascolto (o «Hub» come lo chiamano loro con l'obbligatorio anglicismo di moda) è abbastanza semplice capirlo e si colloca dentro le normali strategie di comunicazione di impresa in qualunque settore: comunicare, interagire, assimilare eventuali spunti innovativi dal mercato. Trattandosi di una impresa di costruzioni che opera su un sistema urbano semplicemente quella comunicazione-interazione è rivolta al genere di consumatore chiamato cittadino-utente.

In realtà è da parecchi decenni che qualunque impresa di trasformazione urbana si confronta coi cittadini e l'opinione pubblica anche secondo canali diversi da quelli istituzionali della pubblica amministrazione eletta e delle sue regole. Che altro sono le campagne di stampa pro, contro, critiche costruttive, sui grandi progetti, se non una operazione di pubbliche relazioni del genere? Spesso interamente orchestrata dagli stessi protagonisti (per esempio gli studi di architettura o i costruttori stessi o i loro concorrenti momentaneamente esclusi) e che passivamente o attivamente coinvolge la cittadinanza. Da queste tradizionali operazioni si distingue per metodo la partecipazione urbana conflittuale emersa all'epoca delle battaglie per i diritti civili e il «diritto alla città» che non solo contesta frontalmente il metodo di vendere di fatto decisioni spaziali chiavi in mano, chiedendo maggiore protagonismo, ma allarga il più possibile l'idea di spazio pubblico anche oltre i confini di quanto sarebbe nel contesto liberale della divisione pubblico-privata. C'è un famoso saggio sociologico sui «Gradi della Partecipazione Urbana» (Arnstein, 1969) molto condiviso che prova a stabilire una sorta di verifica del metodo democratico. O se vogliamo di differenza tra conservazione e progresso in materia.

Ma come dicevo in partenza negli anni in cui si dice non esiste più differenza tra destra e sinistra qualcuno non sa distinguere nemmeno più la partecipazione vera da quella finta e ideologica di qualcuno che vende il suo prodotto di trasformazione urbana indorando la pillola. Tocca leggere sulle pagine di un periodico «rivolto al cittadino critico e progressista» la acritica descrizione di quello Hub Promozionale del Progetto Urbano come se davvero fosse ciò che afferma di essere. Una sorta di assemblea permanente cittadina e di quartiere dove si discute e ci si confronta? Macché: una vetrina dove magari si raccolgono anche spunti e suggerimenti. E non a caso ce lo racconta bene la specifica: qualunque occasione di confronto riguarda il perimetro del progetto così come definito dalla proprietà e dal piano urbanistico approvato: oltre entrano in campo interessi privati diversi con cui se volete dovete confrontarvi autonomamente e separatamente da soli. Detto da un periodico che fa della partecipazione un suo vessillo e che ospita spesso interventi di n Laboratorio di Partecipazione Urbana è un po' deprimente e forse più che un po'. Certo gli articoli sono sempre sola responsabilità di chi li scrive ma anche seguire una certa linea editoriale coerente non guasterebbe.

Il pezzo a cui faccio riferimento è: Federico De Giacomo, Progettiamo insieme il nuovo Piazzale Loreto, Z3XMI 20 gennaio 2023. Per confronto si veda naturalmente anche Sherry R. Arnstein, I Gradi della Partecipazione Urbana (trad. it. Fabrizio Bottini) Journal of the American Planning Association 1969

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