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Perché diavolo a Marie Kondo va bene il disordine adesso? Ecco il (vero) motivo

Stamattina stavo proprio buttando un sacco di lettere del mio primo amore, ma qualcosa è andato storto. Prima di uscire dal letto, come sempre, inforcando il cellulare per guardare le notizie, sono finita su questa: Marie Kondo, la guru giapponese del riordino, ha abbandonato l'ordine e la pulizia estrema. Lo ha rivelato pochi giorni fa in occasione di un webinar per promuovere il suo ultimo libro, Marie Kondo's Kurashi at Home: How to Organize Your Space and Achieve Your Ideal Life. Eh? What? Cercando di non inciampare nei tre maglioni arrotolati e non ancora inseriti nell'apposita scatola dell'armadio, per cui provavo già un grande senso di colpa, mi sono scapicollata al pc. Era vero, ne parlavano vari giornali stranieri. La notizia era già nei trend. Fatemi capire.

«Ho rinunciato a questo, facendo un buon compromesso con me», ha detto Kondo. Cioè tu Marie, in realtà non eri la stessa che sorrideva serena e ci diceva di «saltare con affetto - ma buttarle! - le nostre Tshirt slabbrate di quel concerto degli U2 del 1997: dentro di te si agitava l'abisso del rimorso e dell'indecisione, e mentre ci chiedevi di lasciare andare, di uccidere i nostri ricordi perché sarebbe stato meglio per noi, in realtà eri scollegata dalle tue emozioni più profonde e sincere, come un automa ebbro di guadagno e fama.

Ma andiamo avanti. «Ora mi rendo conto che ciò che è importante per me è divertirmi a passare il tempo con i miei figli a casa». Marie, eri diventata madre di tre figli, eppure avevi continuato a sorridere, dicendo che era - facile - riordinare. Che era necessario. Che era educativo. Noi guardavamo il cestone della roba sporca nel bagno, e la stradina non di ciottoli, ma di vestiti, che collegava il bagno e la camera dei ragazzi, e versavamo qualche lacrima. Sapevamo che, a una perfezione del genere, non ci saremmo mai arrivate. E invece tu, mentre noi compilavamo tabelle con stelline per farci aiutare in casa dai minori promettendo ricompense inadeguate, tu eri lì che ti sparavi una partita a Cocco Dentista con i tuoi, incurante della merendina schiacciata sul tappeto e della zona fasciatoio in disordine. Come hai potuto.

«L'obiettivo finale è suscitare gioia ogni giorno e condurre una vita gioiosa», hai concluso. Così, come se fosse ovvio. Adesso la filosofia è quella del kurashi, una specie di «ordine ma non troppo», o «disordine accettabile». No Marie, non ci sto. Avevi detto che bisognava avere non più di trenta libri, e io non ti avevo seguito, avevo riorganizzato la libreria in ordine alfabetico, impegno che mi è costato vari weekend e liti familiari. La gioia non la sperimentavo, e pensavo che era perché non mi impegnavo abbastanza. Adesso mi dici che quella dei 30 libri era «un'idea sbagliata», quindi avevo ragione io, però mi sono rovinata il fegato comunque.

Il sacco delle lettere del mio primo amore mi guarda in anticamera, e ho pensato che non lo butterò più. Ho pensato che lo spedirò a Marie, e forse dovremmo tutti salutare con amore e spedirle i nostri sacchi di roba, per trasformarla in accumulatrice seriale. Poi però un dubbio mi assale. Immagino la scena kurashi: «Tesoro, c'è posta per te». «Grazie Tesoro». Mentre i bambini sperimentano la gioia in cucina, lanciandosi fette di pizza, Marie fa unpacking delle lettere che le ho mandato. Inizialmente non capisce, poi una lampadina si accende. 

«Tesoro, forse dovrei diventare la regina del disordine». «Tesoro, sei un genio». «Tesoro, devo trovare una nuova parola-chiave… Shōgai? Del resto non ero io che dicevo: il vero scopo del riordino non è ridurre i tuoi averi o declassare il tuo spazio, ma imparare a fare scelte significative e trovare gratitudine nella vita di tutti i giorni?». «Tesoro, eri tu». «Tesoro, grazie. Ti amo». «Tesoro, adesso gioco con la play anche se non ho svuotato la lavatrice». «Tesoro, però ti devi impegnare di più. Puoi anche fare esplodere questo sacco di lettere in salotto? È divertente!».