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Salvini ora diventa l'Innominato, anche Molinari tra i malpancisti

Al funerale di Maroni riallaccia i rapporti con i frondisti Grimoldi e Bianchi, alla cena della Lega di Vercelli non cita mai per nome e cognome il leader. Prove di riposizionamento interno. Stop and go sui congressi. E a Novara spunta l'ipotesi Giordano

Parlano del morto per (s)parlare del vivo. L’ultimo saluto a Roberto Maroni, con quel tratto di inevitabile per quanto non commendevole cinismo che è parte della politica, non solo ha palesato una visibile freddezza del fu popolo padano nei riguardi di Matteo Salvini, ma come sempre accade in queste circostanze ha favorito rapidi colloqui o più lunghi conciliaboli tra i capataz della Lega. E al centro delle conversazioni in una piazza del Podestà colma di autorità e gente, laddove tutto ebbe inizio, c’era proprio lui, il leader periclitante di un partito che sembra aver smarrito identità e passione.

Tra i tanti, quasi a cercare nel passato indicazioni sul futuro, il capogruppo Riccardo Molinari che otre ad aver salutato con trasporto una delle figure storiche della Lega Lombarda Paolo Grimoldi, si è intrattenuto con Matteo Bianchi, ex segretario provinciale di Varese, già sindaco di Morazzone e uomo che aveva sostituito proprio Maroni nella candidatura a primo cittadino di Varese quando il male aveva impedito all’ex ministro dell’Interno di coronare, in casa, la sua brillante e apprezzata (anche dagli avversari) carriera politica. Grimoldi e Bianchi, due esponenti di quella fronda sempre più consistente e ostile al Capitano, che supera i confini del fronte bossiano-nordista coinvolgendo ampi strati della base leghista.

Non sarà un caso che lo stesso Molinari, nella cena di Gattinara, ha descritto uno scenario di oggettiva difficoltà del partito, tessuto elogi non formali di Maroni ricordando che dopo di lui nessuno è stato in grado di raccoglierne l’eredità. Non solo. Nel suo discorso a militanti e dirigenti vercellesi attovagliati con largo anticipo per gli auguri natalizi, il deputato alessandrino e plenipotenziario in Piemonte ha forse scordato, o forse no, di pronunciare il nome di “Matteo”, tantomeno il cognome: “il segretario che è venuto dopo” Maroni. Insomma, Salvini è diventato l’Innominato. Ancora il boccone amaro della mancata candidatura alla presidenza della Camera? Può essere, ma può essere anche altro.

E nell’altro c’è senz’altro il travaglio che pervade il partito dopo il 25 settembre e che potrebbe ulteriormente emergere in quei congressi che Salvini certamente non spinge e, dal suo punto vista, con comprensibili ragioni. Se della prima batosta rimediata in quel di Bergamo si è già detto in questi giorni, nelle prossime settimane altre assise provinciali potrebbero riservargli amare sorprese.

Guardando al Piemonte, dove per il rinnovo dei vertici provinciali già circola qualche nome – l’ex parlamentare Enrico Montani nel Vco al posto del commissario Alberto Preioni mantenendo l’interim commissariale a Vercelli magari in attesa di lasciare il posto all’ex sindaco di Gattinara Daniele Baglione – molti indizi suggeriscono di concentrare lo sguardo, per esempio, sulla provincia di Novara. Qui, dopo la fine della sua odissea giudiziaria sancita con l’assoluzione piena, l’ex sindaco e già assessore regionale Massimo Giordano è indicato, da più parti, come il più probabile candidato alla segreteria provinciale e quello con le maggiori chance per ricoprire quel ruolo.

Non solo un più che doveroso e meritato risarcimento per quei dieci anni in cui l’inchiesta gli ha impedito di proseguire la sua attività politica, con elezioni politiche inibite e altre occasioni negate, ma anche un riconoscimento per un impegno, quello di Giordano, che comunque mai è venuto meno nella vita di partito, anche nel lunghissimo periodo di gogna giudiziaria. Con questi presupposti e tenuto conto del profilo, ci sarebbero davvero pochi dubbi sull’esito del congresso novarese. Ma non quel che sembra, in realtà, è o potrà essere.

Alcune resistenze nella Lega novarese di fronte all’ipotesi di una candidatura di Giordano scaturirebbero da una parte che critica un eccessivo Novara-centrismo rispetto alla geografia provinciale. Un partito, quello dell’ormai noto come cerchio magico attorno all’ex sindaco e di cui è tra i protagonisti il suo successore a Palazzo Cabrino Alessandro Canelli, accusato di guardare troppo e solo all’ombra della cupola di San Gaudenzio. Un fronte critico di cui, tra gli altri, farebbero parte l’ex sindaco di Galliate Davide Ferrari e l’attuale assessore ai Lavori Pubblici Corrado Frugeri, in passato tra i papabili alla segreteria provinciale attualmente retta dall’ex deputato Marzio Liuni, non più ricandidato e neppure ripescato come sottosegretario, tant’è che dopo aver incassato un contratto di consulenza alla camera pare reclami uno strapuntino in un cda di una partecipata di Stato. Non entusiasta all’idea di un partito novarese formalmente nelle mani di Giordano sarebbe pure Roberto Beatrice, già al vertice dell’ente Parco del Ticino da cui si era dimesso alla fine dello scorso anno. Aria piuttosto fredda in arrivo anche a Borgomanero, almeno stando a quel che si dice dell’orientamento del vicesindaco Ignazio Stefano Zanetta. Se questo è uno spaccato possibile della provincia, pure nel capoluogo la discesa in campo di Giordano potrebbe trovare qualche perplessità, come nel caso dell’assessore alle Politiche Sociali Luca Piantanida, che rumors raccontano soffra un eccessivo peso di quel gruppo dirigente che fa capo proprio all’ex sindaco.

Una figura, quella di Giordano, di peso per esperienza politica e di amministratore pubblico in grado persino di mettere in ombra Molinari, del quale finora è stato tra i support più leali, seppur mai facendo mancare le sue opinioni critiche. È forse per questo che il “Mol” prima di affrontare il “nodo” Novara preferisce mettere fieno in cascina portando a casa l’elezione di un paio di fedelissimi in altre province: la già citata Vco, Biella e la natia Alessandria.