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Senza parole. Abusò di lei che taceva per lo choc, pm archivia stupro, gip riapre caso: silenzio non è assenso

"L'indagato potrebbe avere 'frainteso' il silenzio della ragazza per l'ora tarda, per la stanchezza"

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Pm archivia violenza per ‘silenzio vittima’, ma gip dice no (Ansa)

Abusò di lei che taceva per lo choc, pm archivia stupro, gip riapre caso. “L’indagato potrebbe avere ‘frainteso’ il silenzio della ragazza per l’ora tarda, per la stanchezza”. E’ una delle motivazioni con cui la Procura di Milano aveva deciso di chiedere l’archiviazione dell’indagine per violenza sessuale a carico di un 32enne accusato di aver abusato nella sua abitazione di una 27enne con fragilità psichiche.

Abusò di lei che taceva per lo choc, pm archivia stupro, gip riapre caso

Una notte del 2019, dopo averla fatta salire in auto con la scusa di offrirle un passaggio a casa. Istanza che il gip, però, ha respinto, ordinando al pm di formulare la richiesta di processo per l’uomo. E, chiarendo, sulla base di elementi di indagine, come il racconto della donna, e della giurisprudenza della Cassazione, che la giovane “non ha mai espresso il consenso al compimento degli atti sessuali” subiti.

Il giudice, nel disporre l’imputazione coatta per il 32enne per gli abusi sulla 27enne (la giovane è morta nei mesi scorsi e i suoi genitori si sono opposti all’archiviazione), spiega che nella “fattispecie” di violenza sessuale non si richiede “affatto un manifesto dissenso” da parte della vittima, “quanto piuttosto, come ribadito dalla Suprema Corte, il consenso”, se c’è, deve essere “espresso o, se tacito”, deve essere inequivoco.

La Procura, invece, in questo caso, spiega il gip, parlava di “fraintendimento” da parte dell’indagato sul “silenzio” della ragazza. E ciò, per il giudice, equivale “a sostenere la necessità della manifestazione del dissenso che, come ribadito dalla Cassazione, non è affatto richiesto dalla fattispecie” di reato.

E il silenzio, poi, in sostanza, non può essere equiparato al consenso. Nel giugno 2019, la giovane aveva denunciato quell’uomo, mai visto prima di quella notte, e aveva ribadito il suo racconto pure in un incidente probatorio. Aveva riferito che quando capì che il 32enne non la stava accompagnando a casa lei si paralizzò (“non riuscii né a parlare né a muovermi”).

L’abboccamento, il passaggio a casa, la violenza

Il 32enne avrebbe avvicinato la giovane, verso le 3 del mattino del 13 maggio 2019, in zona Abbiategrasso, dopo che lei aveva litigato con un’amica e stava piangendo “accovacciata a terra”. Le avrebbe offerto un passaggio e poi si sarebbe diretto verso la sua abitazione “prendendola per un braccio per condurla a casa” dove avrebbe abusato di lei.

Il fascicolo era già passato per una richiesta di archiviazione respinta, prima che venisse individuato il presunto violentatore. Nella seconda richiesta di archiviazione il pm scrive che, quando l’uomo la prese per un braccio, “non risulta che” la giovane “urlò o si dimenò”.

E che in relazione ai presunti abusi lei non ha parlato di un “manifesto dissenso, con gesti o voce”. Il 24 giugno 2019, la 27enne si era presentata in Questura e aveva sporto denuncia contro lo “sconosciuto”.

Il gip spiega che il suo racconto è attendibile, con dettagli “precisi” che hanno portato all’ individuazione dell’uomo. La ragazza ha detto anche nell’incidente probatorio di aver cercato “di opporsi quando la stava trascinando dal furgone all’interno del palazzo”.

E ancora: “Ero in stato di shock, avevo paura”. Riscontri, per il gip, ci sono anche nelle testimonianze di due amiche che l’hanno aiutata dopo i fatti. Del tutto inattendibile, invece, la versione dell’uomo che ha parlato di rapporti consenzienti. Per il gip, il 32enne sapeva anche che la giovane era “omosessuale” perché lui stesso ha messo a verbale di avergli raccontato “di avere litigato con la sua ragazza”.

Il suo “silenzio”, prosegue il gip, “non poteva essere affatto frainteso” dato che la ragazza “è stata costretta a scendere dal furgone e salire le scale di casa”. E pure le condizioni “di possibile stato d’ebbrezza” che il pm “evidenzia per ‘giustificare’ un possibile fraintendimento dell’uomo assumono, invece, rilevanza per affermare la condizione di fragilità” della vittima.