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Transizione ecologica? No, grazie. L'Italia sceglie la solita vecchia auto

In Italia le auto sono troppe, il trasporto pubblico è largamente insufficiente e la mobilità sostenibile è ancora una chimera, che peraltro continua ad allontanarsi. Un aspetto su tutti merita di essere evidenziato ed è quello relativo al numero di vetture: sono ben 666 ogni mille abitanti secondo i dati di Acea (European automobile manufacturers' association), un numero altissimo che ci vede secondi in Ue alle spalle del Lussemburgo. In Germania, per fare qualche esempio, le vetture ogni mille abitanti sono 580, in Francia 570 e in Spagna 532.

Un parco auto impressionante che non lasciamo certo ammuffire nei garage. Lo dicono le statistiche di Eurostat secondo cui gli italiani usano l'auto nel 74,3% degli spostamenti urbani, contro il 69,8% dei tedeschi, il 65,1% dei danesi e il 62,2% degli abitanti dei Paesi Bassi.

Utilizzo dei mezzi di trasporto per spostamenti urbani, grafico Eurostat

In macchina peraltro ci andiamo quasi sempre da soli. E sì perché in città, e dunque per gli spostamenti brevi, la media di persone per ogni auto è di 1,17, un dato che ci colloca all'ultimo posto tra i 13 Paesi presi in esame da Eurostat. 

Media di passeggeri per auto, grafico Eurostat-2

La pandemia non ha cambiato le abitudini degli italiani

Si tratta di statistiche raccolte fino al 2019 e dunque un po' datate. Nel frattempo c'è stata la pandemia, ma il quadro generale non è affatto mutato. Anzi. L'ultimo rapporto sulla mobilità di Isfort, l'Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti (dicembre 2022), fotografa in effetti una realtà per molti versi sconfortante. Dopo il crollo della mobilità causa Covid, "i dati dell'ultimo anno e mezzo sembrano invece disegnare un ritorno alla 'vecchia normalità' con alcuni tratti peggiorativi (crisi ancora profonda del trasporto pubblico, crescita dell'auto)" si legge infatti nel report.

La cattiva notizia, per quanto in parte prevedibile, è che rispetto al 2019 c'è stato un calo drastico degli spostamenti a piedi (-14%), mentre quella positiva è che crescono, per quanto di pochissimo, coloro che scelgono mezzi alternativi come bici o monopattini. Male, molto male, il trasporto pubblico. Rispetto al 2019 la percentuale di chi usa bus, metro o treni è infatti calata del 3,2%. Tutto a vantaggio delle auto e delle moto: la quota delle vetture sul totale degli spostamenti è arrivata al 64%, superando anche il dato registrato tre anni fa. Nel dettaglio dunque, nel primo semestre del 2022, la distribuzione percentuale degli spostamenti è stata la seguente: 

  • Auto 64%
  • Moto 4,7%
  • Piedi 19%
  • Bicicletta/Micromobilità 4,7%
  • Mezzi pubblici 7,6%

Distribuzione percentuale degli spostamenti in Italia per modo di trasporto utilizzato, grafico Isfort

Mezzi pubblici vecchi e infrastrutture carenti

Il Covid dunque ha inciso non poco sull'appeal del trasporto pubblico, tant'è che il saldo tra quanti vorrebbero usarli di più e quanti vorrebbero farlo di meno è sceso dal +27,3% del 2019 al +11,4% del 2022. Anche, e forse soprattutto, per il timore di contagiarsi. L'Italia sconta però anche un deficit di mezzi e infrastrutture. Sullo stato del servizio pubblico l'analisi di Isfort è piuttosto sconfortante. Il trasporto pubblico locale (tpl), si legge, "soffre un ritardo strutturale nel processo di ringiovanimento del parco mezzi, ritardo che genera cattiva qualità del servizio per il passeggero (bus e treni con bassi standard nel comfort di viaggio), impatti ambientali molto significativi e costi di gestione più alti per gli operatori". Ben 15 autobus su 100 non sono neppure assicurati (si presume dunque che non vengano fatti circolare) e "nel nostro Paese i due terzi degli autobus circolanti hanno oltre 10 anni, mentre in Francia la quota di bus più vecchi si ferma al 32,8%, in Germania al 35,4% e in Spagna al 57%".

Metropolitane: il confronto impietoso con Germania, Spagna e Regno Unito

Non va certo meglio se prendiamo in considerazione le metropolitane. Il confronto con gli altri grandi Stati europei è in questo caso quasi imbarazzante: se la Germania può vantare 657 km di rete, il Regno Unito 673 e la Spagna 614, il nostro Paese si ferma a 214 km. Sulla rete tramviaria ci riscattiamo in parte, facendo meglio di Regno Unito e Spagna, ma peggio di Germania e Francia che dispongono di un sistema tramviario più capillare ed esteso. Anche sulla rete dei sistemi ferroviari suburbani l'Italia paga dazio: la nostra rete, pari a 741 km, è la metà di quella spagnola e un terzo di quella tedesca. 

Investiamo nell'auto 100 volte più che nella bici 

La situazione non è rosea neppure sul fronte della mobilità dolce. Bici e monopattini sono ancora poco utilizzati e rispetto a molte città nordeuropee il gap a livello di infrastrutture è ampissimo. Secondo le stime contenute nel dossier "Non è un Paese per bici" di Clean Cities, FIAB, Kyoto Club e Legambiente, i capoluoghi di provincia italiani hanno una media di 2,8 km di ciclabili per diecimila abitanti, "un valore medio che però - spiegano gli estensori del report uscito nel novembre 2022 - nasconde grandi differenze. Se Reggio Emilia, Modena e Ferrara hanno infatti tra i 12 e i 15 km di ciclabili per diecimila abitanti, città come Enna, Caltanissetta, Campobasso, Chieti, Trapani e Vibo Valentia hanno zero chilometri di ciclabili".

Per fare un confronto, Helsinki e Ghent hanno circa 20 km per diecimila abitanti; Amsterdam e Anversa intorno ai 15 km, Copenaghen 9 km. Bruxelles si ferma invece a 3,1k km, mentre Berlino a 2,4. Tra le grandi città italiane, il miglior risultato è quello di Torino con 2,5 km e poi di Milano con 2,1, mentre Roma (1 km) e Napoli (0,3) sono decisamente indietro. 

Per colmare il gap con il resto d'Europa alle città italiane servirebbero 16.000 km di ciclabili in più (rispetto al 2020), per un totale di 21.000 km al 2030. Ma nonostante i tanti proclami, l'Italia finora non intende spendere troppo per la transizione green. Come viene sottolineato nel dossier, nei prossimi 10 anni investiremo 63,2 miliardi in infrastrutture stradali e autostradali nazionali, mentre 12 serviranno per completare progetti prioritari e altri 25 sono stati stanziati a favore di regioni e comuni per la manutenzione stradale. In tutto circa 98 miliardi destinati al mondo dell'auto, contro poco più di un miliardo per bonus bici e ciclabili urbane ed extraurbane.

Il divario nord-sud e le aree pedonali

La pandemia è stata un'occasione persa. Come annota l'Isfort nel suo report, negli ultimi cinque anni si è registrato un incremento non certo entusiasmante delle infrastrutture destinate alle ciclabili nei capoluoghi di provincia e nelle città metropolitane. Una crescita graduale proseguita anche nel 2020, un anno che come sappiamo non è stato affatto ordinario. "L'anomalia della crescita della mobilità di corto raggio e della riscoperta del valore dello spazio pubblico da parte dei cittadini - si legge - lasciava supporre che nel primo anno della pandemia l'offerta di reti seguisse l'indirizzo della domanda con uno sviluppo molto più cospicuo delle piste ciclabili; ma questo non è avvenuto il trend di consolidamento di queste infrastrutture è rimasto in linea con quello (graduale) degli ultimi anni". 

Va infine osservato che anche sulla mobilità l'Italia è un Paese spaccato in maniera abbastanza netta tra nord e sud. Nelle città del meridione ci sono in media solo 5,8 km di piste ciclabili ogni 100 km quadrati, solo in lieve crescita dai 5,4 km del 2019, un valore di oltre 10 volte inferiore a quello registrato nei capoluoghi del Nord.

Densità di piste ciclabili nei Comuni capoluogo di provincia e città metropolitane, km per 100 kmq di superficie territoriale

Un'ultima postilla andrebbe dedicata alle aree pedonali, la cui estensione media nei capoluoghi è passata dai 40,2 metri quadri per 100 abitanti del 2015 ai 45,7 mq del 2019. Ebbene, nel 2020 se il 37,6% dei capoluoghi ha ampliato l'estensione delle zone destinate ai pedoni, il 29,4% l'ha diminuito. Nelle regioni del sud la percentuale dei capoluoghi che hanno ridotto le aree pedonali è maggiore rispetto alle città che le hanno aumentate. Non solo non andiamo avanti, ma qualche volta torniamo anche indietro. Il risultato, invero abbastanza scontato, è che per muoversi gli italiani continuano a preferire l'auto. Rigorosamente con motore termico, visto che anche il mercato delle elettriche, contrariamente a quanto accade all'estero, da noi è in grande affanno. Ma su questo punto torneremo un'altra volta.