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6 abitudini che rallentano la demenza

C’è una formula scientifica per rallentare l’invecchiamento delle cellule cerebrali e tentare di contenere gli effetti di un fenomeno che spesso conduce a un forte declino della memoria e, talvolta, alla demenza? Secondo una nuova indagine c’è qualcosa di molto vicino: sei abitudini specifiche che possono darci una mano non certo nell’obiettivo della «vita eterna», irrealizzabile se non nei film e nei romanzi, ma di una vecchiaia migliore

L’indagine, svolta in Cina su 29mila anziani (10mila dei quali hanno tuttavia abbandonato nel corso del tempo o sono deceduti), appena pubblicata sul British Medical Journal e riportata anche dal Washington Post, ha appunto verificato i benefici di abitudini come la lettura regolare o la socialità, che aiutano a invecchiare proteggendo la qualità della vita. 

Le 6 abitudini «d'oro»

Si tratta, nello specifico e anzitutto, dell’esercizio fisico: occorre fare almeno 150 minuti di attività moderata o 75 minuti di attività più intensa a settimana. C’è poi la dieta: secondo l’indagine bisogna mangiare quantità giornaliere adeguate di almeno sette dei seguenti 12 alimenti: frutta, verdura, pesce, carne, latticini, sale, olio, uova, cereali, legumi, noci e tè. Nulla si dice ovviamente sulla qualità, il che rende un po’ debole questo punto.

Bando all’alcol (al massimo si può bere occasionalmente) e ovviamente anche al fumo. Ma è fondamentale inoltre svolgere attività cognitive di vario tipo. Per almeno due volte alla settimana bisogna leggere, giocare a carte o impegnarsi in altri passatempi di un certo livello. Infine è importante il contatto sociale, di cui diversi altri studi avevano sottolineato la centralità: occorre infatti impegnarsi con gli altri almeno due volte a settimana (partecipando alle riunioni della comunità in cui si vive o frequentando amici o parenti).

Uno studio tanto imponente, condotto per giunta nell’arco di dieci anni, su soggetti con più di 60 anni monitorandone le condizioni nel corso del tempo, aggiunge prove pesanti a favore di uno stile di vita sano e bilanciato e dei suoi effetti sull’invecchiamento cellulare. D’altronde sono da tempo noti i legami diretti «tra la demenza e fattori come l’isolamento sociale e l’obesità». Per demenza, in questo caso, si intende un pesante deterioramento della funzione cognitiva oltre i normali effetti dell’invecchiamento.

I punti di partenza dell’indagine sono stati il test di memoria di base e quello per il gene APOEε4, che codifica per la apolipoproteina E ed è considerato un fattore di rischio per la malattia di Alzheimer, attraverso i quali sono stati appunto isolati i fattori più importanti prima elencati e suddivisi i partecipanti in tre gruppi in base all’adozione delle abitudini. Lo studio suggerisce infatti che gli effetti di uno stile di vita sano risultano positivi anche per le persone che sono geneticamente più suscettibili al declino della memoria, appunto i milioni di individui portatori del gene APOEε4.

Nel corso dello studio i ricercatori cinesi hanno scoperto che le persone nel gruppo favorevole (abituati cioè a seguire da quattro a sei fattori considerati positivi) e nel gruppo medio (da due a tre) hanno sfoggiato un tasso di declino della memoria più lento nel tempo rispetto alle persone con stili di vita sfavorevoli (da zero a un solo fattore).Le persone che assumevano stili di vita virtuosi (con almeno quattro abitudini considerate sane) avevano anche meno probabilità di progredire verso un lieve deterioramento cognitivo e demenza.

Alcuni dei risultati dello studio, nota il Washington Post citando alcuni esperti, differiscono dai risultati di altre grandi indagini condotte ad esempio negli Stati Uniti e in Europa. Ad esempio, lo studio appena pubblicato sottolinea che il fattore dello stile di vita con il maggiore effetto sulla riduzione del declino della memoria sia una dieta equilibrata, mentre altri studi hanno suggerito in passato che la dieta è meno importante nella vecchiaia rispetto all'esercizio fisico e mentale.

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