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Al Pd serve un leader ma anche un nuovo partito, dice Stefano Bonaccini

Al Partito democratico serve un nuovo leader, ma anche un partito. Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna, rilascia al Corriere un’intervista che somiglia a una candidatura alla guida del Partito democratico dopo l’uscita di Enrico Letta.

Bonaccini dice che continuerà a fare il governatore e che auspica che il nuovo governo si formi presto perché la situazione è delicata. Ma poi precisa pure che parteciperà al congresso Pd, «perché serve una discussione molto schietta, alla quale mi dedicherò con impegno e determinazione. Il Pd ha bisogno di un forte contributo da parte di tutti».

Non bisogna partire dai nomi, ripete. E «non è una frase di rito: o cambiamo profondamente o bruceremo in fretta anche il prossimo segretario. Serve una leadership ma serve anche un partito. Il problema non è di forma o di ruoli, ma di sostanza. Iniziamo per esempio col dire che nel gruppo dirigente servono molti più amministratori locali, donne e uomini, spesso giovani, che ogni giorno devono dare risposte ai cittadini sui problemi reali e che in questi anni hanno tenuto in piedi con il loro lavoro silenzioso il partito: non possiamo più tenerli in panchina».

Il problema dei Dem, dice, è che «siamo arrivati alle elezioni senza un progetto forte per l’Italia e senza un’alleanza all’altezza della sfida, nonostante tutti gli sforzi fatti da Letta. Lo certifica il voto dei cittadini».

Bonaccini parla di rigenerazione del Pd. Che vuol dire «che bisogna ricostruire dalle fondamenta. Sì, va avviata una rigenerazione profonda. Quando facemmo il Pd con Veltroni, 15 anni fa, avevamo l’obiettivo di raccogliere un largo consenso per cambiare la società e renderla più giusta, più moderna e sostenibile, che facesse spazio ai giovani e non discriminasse le donne. E invece abbiamo quasi sempre perso pur governando. Non è una sconfitta contingente. Io non rinnego nulla ma adesso bisogna tirare una riga».

E capire anche che rapporto avere con il Movimento Cinque Stelle. «Hanno dimezzando i voti del 2018», commenta Bonaccini. «Stavolta però hanno raccolto nel voto il disagio sociale e una richiesta di protezione, più che istanze antisistema. E Conte è riuscito a consolidare la sua leadership. Io non li ho mai rincorsi, né ho mai messo Conte su un piedistallo. Però ho collaborato bene con lui, quando ero presidente della Conferenza delle regioni e lui era premier. Così come mi confronto con il M5S in Regione: sono all’opposizione ma la collaborazione è molto positiva e in diverse città importanti adesso governiamo insieme, dopo le recenti amministrative».

E con Calenda e Renzi? «Io sto ai fatti: sono andati per conto loro e hanno perso esattamente come noi», risponde Bonaccini. «Tant’è che governerà la destra. In compenso siamo insieme in tante città. Anche nella mia Regione sono lealmente in maggioranza e per me è un valore. Adesso che il voto c’è stato fermiamo le polemiche. C’è un’opposizione efficace da fare e ci sono altre competizioni che ci aspettano nei prossimi mesi, a partire dalle regionali: non do nulla per scontato e non ci sono schemi da calare dall’alto nel territorio, ma potersi confrontare liberamente credo serva a tutti».

Poi c’è il congresso. «Il tempo di discutere è adesso. E bisogna farlo con chiarezza e in tempi ragionevoli, per evitare mesi in cui nessuno decide e altri parlano per noi. Anche questo sarebbe un segnale di sintonia con la società e il tempo che stiamo vivendo. C’è un’opposizione da fare e tra pochi mesi andranno al voto importanti regioni e molti comuni: serve una vera ripartenza o abbiamo già perso in partenza».