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Attaccate le sedi diplomatiche italiane di Berlino e Barcellona. Meloni: “Solidarietà e preoccupazione per le violenze”. Tajani: “Si faccia chiarezza”

Il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale ha reso noto che ieri è stata incendiata l'auto con targa diplomatica di un funzionario diplomatico in servizio all'Ambasciata d'Italia a Berlino: nella serata di ieri, inoltre, ignoti hanno infranto la vetrata del palazzo in cui ha sede il Consolato Generale d'Italia a Barcellona, imbrattando una parete dell'ingresso dell'edificio.

La Farnesina spiega che «le forze locali di polizia hanno effettuato i necessari rilievi scientifici ed investigativi. In ambedue i casi, fortunatamente, non si registrano danni a persone».

Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, subito informato, ha personalmente e immediatamente contattato l'Ambasciata a Berlino e il Consolato a Barcellona per esprimere «la propria solidarietà» e ha chiesto «che venga fatta al più presto piena luce sulle dinamiche di questi atti criminosi». Lo scrive sempre la Farnesina in una nota, sottolineando che «il ministro ha disposto l'avvio immediato delle procedure per la verifica e il rafforzamento delle sedi diplomatiche e del personale impegnato». «Le forze di polizia locali hanno effettuato i necessari rilievi scientifici ed investigativi. In ambedue i casi, fortunatamente, non si registrano danni a persone», conclude la nota. 

La premier Giorgia Meloni ha espresso la sua solidarietà e quella del Governo: «Ho fatto pervenire la mia solidarietà e quella del Governo italiano al Primo Consigliere dell'Ambasciata d'Italia a Berlino, Luigi Estero, per l’attentato che ha provocato l’incendio della sua automobile nella Capitale tedesca. A questo episodio si aggiunge la violazione del nostro Consolato Generale a Barcellona con atti di vandalismo. Il Governo segue con preoccupazione e attenzione questi nuovi casi di violenza nei confronti dei nostri funzionari e delle nostre rappresentanze diplomatiche».

I due attacchi avvengono pochi mesi dopo quello contro Susanna Schlein, numero due dell'ambasciata italiana ad Atene, più tardi rivendicato dagli anarchici greci in relazione al caso di Alfredo Cospito.