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Ava Max, domani è un altro giorno

Questo articolo è pubblicato sul numero 50 di Vanity Fair in edicola fino al 12 dicembre 2022

Elenco di cose necessarie che oggi fanno di una cantante una star del pop:
1. Un brano-tormentone che entra nella viral chart di Spotify e da lì si prende le classifiche di mezzo mondo.
2. Un disco-confessione sulla fine del grande amore.
3. I cambi di look frequenti e audaci, che si può permettere solo una popstar.

Ava Max, nata Amanda Ava Koci 28 anni fa, è appena tornata al biondo platino, ieri sfoggiava un castano ramatissimo, l’altro ieri un rosso fuoco, domani chissà, magari di nuovo l’indimenticato mezzo caschetto (capelli corti da un lato e lunghi dall’altro). Se anche potreste non (ri)conoscerla, c’è l’assoluta certezza che abbiate ascoltato il singolo che, nel 2018, l’ha consacrata nuova Lady Gaga, Sweet But Psycho, sul gaslighting e il modo in cui certi uomini inducono le donne a pensare di essere pazze o psicopatiche.


Negli uffici milanesi della Warner, che distribuisce in Italia il suo secondo album Diamonds & Dancefloors, sulla relazione con l’ex «che mi ha prosciugata emotivamente», Ava Max somiglia più all’attrice Anya Taylor-Joy. È un tipino acceso ma dolce, indossa un tubino nero e non ha paura di condividere il suo dolore.

La cover del nuovo album di Ava Max Diamonds amp Dancefloors uscirà con Atlantic Records il 27 gennaio 2023 e conterrà...

La cover del nuovo album di Ava Max Diamonds & Dancefloors: uscirà con Atlantic Records il 27 gennaio 2023
e conterrà 14 tracce. Ci sarà anche una versione deluxe.

Era una relazione tossica?
«Non la definirei così. È che a un certo punto non eravamo più una prima persona plurale ed è stato straziante per me: uno voleva comunque lavorarci, provare a salvare la coppia, l’altro no; uno voleva lottare, l’altro voleva rinunciare. Il pezzo del disco One of Us parla proprio di questo. In realtà l’intero album è l’anatomia di una rottura, e di un cuore spezzato che piano piano si ricompone e diventa più forte. In Million Dollar Baby infatti canto: “Ho rotto le catene, ho trasformato il fuoco in pioggia”, per ricordarmi che, anche se mi sono sentita oppressa dalla tristezza, poi mi sono liberata e sono tornata me stessa. Puoi superare e ottenere qualsiasi cosa quando ci metti la testa».

Le è venuto naturale tradurre la sofferenza in musica?


«Sì. Ho cominciato da Diamonds & Dancefloors, che dà il titolo all’album, più o meno alla fine della prima ondata di covid. All’inizio della pandemia non riuscivo proprio a scrivere, ero bloccata».

La rottura l’ha sbloccata?


«Ha stravolto la mia percezione di tutto, ha stravolto persino il mio rapporto con i capelli. E mi è sembrata l’unica cosa di cui potessi scrivere. In un anno e mezzo il disco era pronto».

E lei è pronta a innamorarsi di nuovo? Magari lo è già?


«Al momento sono single e cerco qualcuno di incredibilmente gentile e divertente, che non si impunti e non pensi di essere meglio di me».

Vuole dei figli?


«Cinque, forse di più. Voglio averne di miei e adottarne».

Viene da una famiglia numerosa?


«No, siamo in quattro: io, mia madre, mio padre e mio fratello. I miei genitori sono di origini albanesi: sono scappati dalla guerra, hanno vissuto in una chiesa a Parigi per un anno fino a quando sono riusciti ad andare in America, in Wisconsin, senza soldi, senza conoscere la lingua, senza nulla. Io sono nata lì, a Milwaukee, ma sono cresciuta in Virginia».

Ricordi d’infanzia?


«I boschi, il pianoforte e Whitney Houston. Ho scoperto la musica molto presto, in pratica ce l’ho nel sangue: papà è un pianista, mamma è un soprano lirico, la sua voce può rompere le finestre, e con lei cantavo sempre, nel seminterrato facevamo il karaoke e intonavamo I Wanna Dance With Somebody (Who Loves Me)».

Com’erano i suoi capelli da bambina?


«Ricci e voluminosi».

Quando è passata dal seminterrato a un palco vero?


«A nove anni ho cominciato a partecipare ai concorsi canori e tutti a chiedermi: “Ti sei allenata molto, vero?”. Risposta: no! A uno, dopo essermi esibita in Fallin’ di Alicia Keys, un giudice è andato fuori di testa e in quel momento ho pensato: “Se sta reagendo così devo essere brava. È il caso di continuare”. Ho esaurito tutti i contest che organizzavano dalle mie parti, tipo Radio Disney. Ho preso parte anche al Talent Rock in Florida, che è una grandissima competizione con migliaia di persone. A 14 anni i miei genitori hanno venduto casa e ci siamo trasferiti in California: non c’erano più gare per me sulla costa orientale. Los Angeles, però, non è stata esattamente quello che speravamo e alla fine siamo tornati in Carolina del Sud. A L.A. è andata male anche la scuola: sembrava che nessuno volesse occuparsi di una ragazzina appena arrivata e così mia mamma ha deciso di farmi studiare a casa. Persino alle medie in Virginia ho avuto problemi».

Che tipo di problemi?


«Sono stata vittima di bullismo. Un giorno una mi ha chiesto di incontrarci in bagno per parlare e quando mi sono presentata mi ha infilato la testa nel water. Ho urlato, ero sconvolta e ho continuato a urlare in corridoio, e per questo sono stata espulsa. Allora ho frequentato una scuola cristiana privata. Se ci ripenso, ho i brividi. Nonostante tutto, sono stata una brava studentessa, ma dicevo sempre ai miei insegnanti – soprattutto a quello di scienze – che sarei diventata una cantante e sarei andata in California. Infatti sono tornata, a Los Angeles, a 17 anni con mio fratello».