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Caso Cospito, dialoghi tra boss e reati: gli atti sensibili sul 41 bis che il sottosegretario non poteva divulgare

ROMA - Da qualunque lato la si prenda, la storia dell'intervento in Aula dell'onorevole Giovanni Donzelli - per come è nato e per la materia sensibilissima che ne ha costituito il contenuto - è senza precedenti. Forse non un reato (lo stabilirà la procura di Roma), ma di certo una palese violazione delle norme basilari che regolano i rapporti tra l'amministrazione dello Stato, il Parlamento, il circuito carcerario e le procure antimafia. Della quale, stando a quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, era all'oscuro. Né basterà al sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove nascondersi dietro la "natura amministrativa" degli atti che ha passato al collega di partito per provare che erano ostensibili: nessuna relazione di servizio che riporti, anche indirettamente, i dialoghi di boss mafiosi reclusi al 41 bis - potenzialmente contenente una o più notizie di reato - può essere fatta circolare così.

Il file dal Dap a via Arenula

Torniamo a lunedì scorso, quando la Direzione generale "Detenuti e trattamento" del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) invia per email al dicastero della Giustizia il file con le relazioni di servizio sull'anarchico Alfredo Cospito detenuto allora nell'istituto di Bancali, a Sassari. Sono state scritte dagli operatori del Gruppo operativo mobile (Gom) che, durante i passeggi di socialità ascoltano, registrano e riportano le conversazioni dei reclusi. Di norma finiscono alla Direzione nazionale antimafia e alla Distrettuale competente ma, in questo caso, le ha chieste Nordio quindi sono state mandate anche al suo capo di Gabinetto e al sottosegretario Delmastro che ha la delega al Dap. Per dirla con l'ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho: "Sono relazioni in cui si segnala qualsiasi circostanza ed episodio rilevante per la sicurezza. A mio parere sono e devono essere coperte dal riserbo e gli ufficiali pubblici sono tenuti a mantenere il segreto".

L'apertura di uno spiraglio

Anche perché, e qui sta il punto, vige il principio di precauzione: potrebbero contenere notizie di reato perciò devono essere vagliate da un magistrato che deciderà cosa farne. La prova è che proprio quella relazione, tra le altre, è servita alla Dna per formulare il parere sull'opportunità o meno di mantenere Cospito al 41 bis, giunto martedì sul tavolo di Nordio: si apre uno spiraglio, perché se da una parte la Dna conferma la valutazione che lo aveva portato a maggio al carcere duro, dà conto anche delle novità intervenute e segnalate dal legale dell'anarchico. Come a dire che, qualora il ministero dovesse decidere un'attenuazione del regime, gli inquirenti dell'Antiterrorismo non alzerebbero barricate. 

Gli scambi con i mafiosi

In quei documenti c'è dunque il futuro di Cospito. I segreti di alcuni dei detenuti più pericolosi d'Italia. E potenziali notizie di reato. Ma Delmastro, a quanto pare, questo non lo sa. O finge di non saperlo. Quindi tra lunedì e martedì riferisce a Donzelli il contenuto di una delle relazioni: casualmente, quella del 13 gennaio scorso che riporta della visita in cella a Cospito dai quattro deputati del Pd Serracchiani, Verini, Orlando e Lai. Aggiunge i dettagli delle chiacchierate nel cortiletto del carcere sassarese. A Francesco Presta, boss della 'ndrangheta, che lo esortava a continuare la protesta per l'abolizione del 41 bis ("devi mantenere l'andamento, vai avanti", "sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e magari ci levassero l'ergastolo ostativo") Cospito ha risposto: "Fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Adesso vediamo che succede a Roma". Francesco Di Maio, uomo dei Casalesi, era sulla stessa linea di Presta: "Pezzetto dopo pezzetto, si arriverà al risultato".

"Relazioni sempre sensibili"

Persino il ministro Nordio ha dovuto ammettere che quelle relazioni "sono sempre sensibili". A prescindere da come finirà l'inchiesta romana, la responsabilità politica di Delmastro prima e Donzelli poi (quest'ultimo è anche vicepresidente del Copasir, dove affluiscono decine di carte top secret: userà anche quelle come una clava in Parlamento?) è evidente. Non foss'altro per la catena di versioni contraddittorie che i due hanno fornito nelle ultime 48 ore. Sulle prime Donzelli ha parlato di "accesso agli atti", ma la procedura di accesso, regolata dalla legge 241, ha delle tempistiche che non sono compatibili con i fatti per come si sono svolti. E per avere esito positivo serve un provvedimento motivato approvato dal Guardasigilli stesso. La pratica non c'è, infatti Nordio non ha detto alcunché al riguardo.

Il ruolo della premier

Ultimo punto: la premier Giorgia Meloni sapeva che Donzelli avrebbe attaccato l'opposizione sfruttando le informazioni che gli aveva passato sottobanco il sottosegretario? Delmastro, in un colloquio con Repubblica, si è limitato a dire: "La premier sta svolgendo credo tutte le ricostruzioni. Ho motivo di ritenere che quello che sto dicendo sia provato, semplicemente perché è vero".