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Caso Cospito: Nordio prende tempo ma il governo è con le spalle al muro. Quattro volte

Il ministro della Giustizia : “Quei documenti non dovevano essere diffusi. Un piano studiato per colpire il Pd. Ecco come è diventato un boomerang

Il Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il Ministro della Giustizia Carlo Nordio (Foto Ansa)

Il Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il Ministro della Giustizia Carlo Nordio (Foto Ansa)

Gli ultimi fotogrammi di un’altra lunghissima giornata. Bibì e Bibo- così sono stati ribattezzati amabilmente gli onorevoli Giovanni Donzelli e Andrea Delmastro Delle Vedove - che si scambiano informazioni riservate, come minimo sensibili, “ma hanno confuso la Camera con la cameretta di casa” (copyright Matteo Renzi) visto che i due deputati di Fratelli d’Italia condividono lo stesso appartamento quando sono a Roma. 

Tensione alle stelle

Assai più amara l’uscita dall’aula dei senatori Pd. Sono ormai le 19 e 30, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha terminato la sua relazione anche a palazzo Madama (dopo averla fatta prima alla Camera), nel dibattito prende la parola il senatore Alberto Balboni (Fdi) e, se possibili, dice cose ancora peggiori di quelle pronunciate il giorno prima di Donzelli alla Camera. “Andando a fare le visite in carcere, voi del Pd contribuite ad aprire una breccia e poi una voragine alla mafia”. Poichè il presidente Ignazio La Russa non intende in alcun modo censurare quanto viene detto (“ognuno è libero di dire ciò che vuole”), probabilmente anche per mettere in evidenza quanto è successo alla Camera dove Rampelli (Fdi) e Mulè (Fi) hanno invece rispettato le opposizioni e dato spazio alle rimostranze del Pd, il gruppo Pd lascia l’aula per protesta. “Siamo usciti - ha poi detto Walter Verini (Pd) - perchè non era più un dibattito politico-parlamentare ma uno sfogatoio d’insulti contro di noi che la Presidenza non ha voluto fermare”. 

Spalle al muro

Il caso Cospito mette il governo con le spalle al muro quattro volte. Politicamente perché nelle ultime 36 ore alcuni dei più stretti collaboratori della premier, il responsabile del partito Giovanni Donzelli che è anche vicepresidente del Copasir, e il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro hanno dimostrato di non essere all’altezza del ruolo istituzionale che ricoprono visto che hanno diffuso in un’aula parlamentare informazioni sensibili per la sicurezza nazionale quali sono le informazioni raccolte in carcere. Governo nell’angolo anche giudiziariamente visto che, su esposto dell’onorevole Angelo Bonelli (Asv), la procura di Roma ha aperto ieri un’inchiesta per rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio: si tratta di un atto dovuto a seguito di un esposto, e però è chiaro che dovranno essere trovati uno o più responsabili per questa propolazione di atti “sensibili” (così li ha definiti il ministro Nordio) con l’aggravante di averlo fatto, al di là della loro segretezza, in un’aula parlamentare. Governo con le spalle al muro per autorevolezza e affidabilità: tra lunedì e martedì è andata in scena una manovra a tenaglia, con la regia di palazzo Chigi, che doveva esaltare, nella ricorrenza dei primi cento giorni, la difesa delle misure antimafia (il 41 bis) da parte della destra e al tempo stesso attaccare la sinistra, il Pd, perché è andato a verificare le condizioni di salute di Cospito.

Le regole istituzionali a pezzi

In nome di una meschina tattica di partito, sono state fatte a pezzi le regole democratiche (scambiare un dovere, la visita dei parlamentari in carcere, con la complicità a terroristi e mafiosi) e i fondamentali della grammatica istituzionale. Nel dibattito ieri in aula in seguito all’informativa urgente del ministro della Giustizia Carlo Nordio, molti interventi delle opposizioni hanno evocato “un’operazione squadrista da parte di Fratelli d’Italia” (De Cristofano, Avs) e hanno chiesto le dimissioni dal Copasir e dal ministero della Giustizia di Donzelli e Delmastro (ieri entrambi assenti in aula) perché “d’ora in poi sarà impossibile fidarsi di due persone che hanno spiegato e quasi rivendicato di aver diffuso materiale sensibile e riservato per fini politici”. Con tonalità diverse lo hanno detto e motivato tutti dai banchi del Pd,  del Terzo Polo, persino delle Autonomie.

A rischio anche la sicurezza nazionale

Governo con le spalle al muro anche sotto il profilo delle sicurezza nazionale: aver dedicato un consiglio dei ministri straordinario (lunedì sera); una conferenza stampa con tre ministri come Interni, Giustizia e Esteri (martedì mattina); aver diffuso in un’aula parlamentare informazioni circa la possibile saldatura tra anarchici, terroristi e mafiosi nella lotta comune contro il 41 bis (la cui abolizione nessuna forza politica ha mai messo in discussione mentre invece è la Corte Costituzionale ad aver sollevato il tema della compatibilità costituzionale del carcere duro) è benzina che potrebbe veramente incendiare il mondo carcerario, creare sommosse e rivolte. E questa sarebbe l’ultima cosa di cui il Paese avrebbe bisogno.

Il gelo di Meloni

Questo il bilancio delle ultime 48 ore. Che registrano, oltre a quanto già detto, anche il gelo e il silenzio imbarazzato, forse “complice” secondo il Pd, della premier Giorgia Meloni. Sono  coinvolti due tra i suoi più stretti collaboratori e, in qualche modo, anche il ministro – Nordio -  in nome del quale ha più puntato i piedi per averlo in via Arenula. Di più: Donzelli è l’uomo a cui Meloni ha affidato il partito. Eppure tace. Dicono sia molto arrabbiata: sapeva cosa avrebbe detto Donzelli ma l’attacco è diventato un boomerang. E la festa dei 100 giorni un disastro.

Proprio al ministro Nordio ieri è stato affidato il ruolo più difficile: difendere l’indifendibile su ordine della Presidente del Consiglio. Nordio lo ha fatto con l’eleganza e la competenza che gli è propria. Ma i due interventi in aula, prima alla Camera e poi al Senato, e il dibattito d’aula devono essergli costati molto.

La storia di Cospito

Il ministro ha rifatto la  storia del detenuto Cospito, in carcere dal 2012, perché si trova al 41 bis, le sue condizioni di salute dopo quattro mesi di sciopero della fame. Ha spiegato che sconta una condanna di 30 anni, di cui 10 per la gambizzazione di un dirigente Ansaldo nel 2012 (definitiva) e venti per un attentato fallito ad una caserma dei carabinieri con due bottiglie molotov su cui ancora pende in Appello un ricalcolo (per strage o strage contro lo stato). Ha spiegato, Nordio, che il 41 bis è stato firmato a maggio scorso dall’allora ministra Cartabia perché Cospito, nonostante il regime di massima sicurezza, era riuscito a scrivere e pubblicare appelli alla lotta armata. Nordio ha ripetuto che il Guardasigilli non può in alcun modo intervenire sulla parte giurisdizionale. E per quello che lo riguarda, non ha alcuna intenzione di fare marcia indietro rispetto al 41 bis. “E’ nostro dovere invece proteggere la salute del detenuto, questo come tutti gli altri, e questo abbiamo fatto decidendo lunedì il trasferimento nel carcere di Opera”. Tutte cose già dette e ripetute.

L’imbarazzo di Nordio

Il ministro ha invece taciuto con molto imbarazzo sulla bomba Donzelli-Delmastro. “In linea di principio – ha spiegato – tutti gli atti riferibili ai detenuti in regime di 41 bis sono per loro natura sensibili. Ragione per cui, prima di divulgarli, serve una preventiva verifica e una valutazione del loro contenuto. Detto questo – ha precisato il Guardasigilli – bisogna comprendere di che tipo di atti si tratti, quale segretezza abbiano, chi potesse venirne a conoscenza e se il destinatario potesse a sua volta divulgarli”. Una serie di domande a cui Nordio decide di non rispondere trincerandosi dietro l’inchiesta interna e, a maggior ragione, quella della Procura di Roma.

E’ evidente, da parte di Nordio, il tentativo di prendere tempo e rinviare ogni comunicazione. Delmastro, assente poi dall’aula, gli aveva recapitato nel primo pomeriggio un messaggio diverso: “Sono certo che il ministro saprà spiegare perchè questi atti sono pubblici e accessibili”. Nordio non si è piegato a tanto. Ma ha preso tempo in nome di regole, cavilli, accertamenti, inchieste della procura.

La versione di Debora

Tentativo goffo (che al Senato cercherà di correggere) perché ci pensa la capogruppo del Pd Debora Serrachiani (una di quelle accusate da Donzelli di “stare con i terroristi” perché è andata a visitare Cospito in cella) ad “aiutare”  il ministro in qualche risposta.  “Le diamo una mano, ministro. Delle due l’una: o si tratta di ascolti che sono stati effettuati in un'attività preventiva e, allora, li può avere legittimamente solo il capo del DAP e, suo tramite, lei; oppure si tratta di informazioni acquisite nell'ambito di indagini di polizia giudiziaria e, allora, la loro disponibilità spetta solo all'autorità giudiziaria e, quindi, al Procuratore titolare delle indagini oppure al Procuratore nazionale antimafia, ma neppure a lei, Ministro”. In serata filtra, da via Arenula, che si tratta di “documenti riservati interni non coperti da segretezza”. In ogni caso, non divulgabili e non in quel modo in un’aula parlamentare.

Le ulteriori rivelazioni del sottosegretario

Intrecciando le dichiarazioni confuse e nervose di queste ore di Donzelli e Delmastro, possiamo ragionevolmente dire che i due, che condividono a Roma la stessa casa, si sono passati gli atti privatamente (senza accessi né verbali né scritti come invece hanno sostenuto).  Donzelli ha ulteriormente peggiorato la sua situazione dicendo che si tratta di atti “nella disponibilità di chiunque li richieda”. Cosa che ha fatto anche Delmastro ieri alle 15, prima dell’informativa di Nordio, quando è comparso davanti alle telecamere che sostano davanti a palazzo Chigi: “Non ho passato atti riservati o secretati, sono accessibili a tutti i deputati. Donzelli mi ha chiesto se c’era un’ ipotetica saldatura tra mafia e politica e io gli ho risposto che non c’è ma che ci sono stati colloqui tra Cospito e alcuni boss malavitosi dai quali emerge la comune battaglia contro il 41 bis”. Nervoso ma anche molto sicuro di sè, Delmastro ha aggiunto alche altri dettagli su Cospito:  “Parla della necessità di fare 'un salto di qualità nell'azione distruttiva non più contro le istituzioni ma contro gli uomini perchè il vento della paura cambi posizioni”. E ha anche gigioneggiato: “Visto che memoria…”. Cioè minacce e strategie raccolte in carcere, sicuramente sensibili, propalate ai quattro venti nelle aule parlamentari e a favore di telecamere.

Botta e risposta

Ci ha pensato ancora una volta Serracchiani a ricordare al ministro Nordio come stanno le cose: “Le relazioni del Dap, come quelle di cui parliamo, sono nella disponibilità dal capo del Dap, del suo capo di gabinetto e sua ministro. E non possono essere divulgate”. Non solo Donzelli e Delmastro di cui mezzo Parlamento chiede le dimissioni. Anche la credibilità del ministro esce compromessa da questa brutta pagina. Come fidarsi in futuro di uno così al ministero? Tra l’altro Delmastro ha già avuto un precedente di forte tensione con Meloni quando il Parlamento doveva eleggere i membri laici del Csm. Il primo candidato di Fdi, Valentino, fu costretto ad uscire dalla rosa dei nomi perchè coinvolto - tutto da vedere come - in un’inchiesta calabrese sull’ndrangheta. La premier accuse il colpo, cambiò in corsa il nome, ha dovuto in qualche modo lasciar perdere il progetto di avere anche la casella della vicepresidenza del Csm. E ha accusato Delmastro di non averla correttamente informata sulla situazione.

Renzi: “Il nodo è politico, finalmente”

Non è chiaro come Meloni potrà uscire dd questo angolo soffocante. Un suggerimento arriva da Matteo Renzi. “C’è un punto politico che il Parlamento oggi deve affrontare invece di seguire le discussioni del day by day. Via la discussione sul singolo detenuto che spetta alla magistratura . Vogliamo discutere sul 41 bis? Noi siamo per il 41 bis. Detto questo, chiedo alla maggioranza se volete avere una visione dello Stato moderno, con una giustizia liberale. Oppure se se pensate di rincorrere il giustizialismo forcaiolo di Donzelli o del sottosegretario? Detta ancora meglio: tra il ministro della Giustizia, un galantuomo liberale eletto con Fdi, e due colonne di Fdi che dicono esattamente il contrario di quello che il ministro ha detto sino ad oggi, da che parte state.A voi la scelta”.  Se Meloni pensava, sperava, di poter giocare su questo doppio registro a seconda delle necessità del momento, da adesso in poi non potrà più farlo.  Nessuno si dimetterà. Ma ciascuno di loro sarà d’ora in poi un punto debole per l’esecutivo Meloni.