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Chiara Ferragni: «Mai più in silenzio»

«Tutte abbiamo subito qualche forma di violenza non fisica, almeno una volta nella vita», dice Chiara Ferragni. «Solo non sapevamo che nome dare a quel malessere». L’imprenditrice digitale va a Sanremo con una missione precisa: dare voce e coraggio alle donne vittime di violenza. Antonella Veltri, presidente di D.i.Re aggiunge che «ognuno deve fare la sua parte per aiutare a rimuovere i pregiudizi e gli stereotipi che sono i presupposti della violenza».

«Parlarne è sempre il primo passo», dice Ferragni. E racconta come lei supera gli attacchi, il ruolo fondamentale di sua madre «la prima che ha fatto sentire me e le mie sorelle capaci di fare tutto», la stessa educazione che lei trasmette ai suoi figli. 

Ecco alcuni estratti dell'intervista:

La violenza della rete è mai stata così forte da diventare insostenibile?
«Ci sono stati momenti in cui mi sono sentita sovrastata, soprattutto all’inizio. A farmi più male non erano tanto le cose su di me che leggevo online, quanto i commenti che facevano quelle sedute accanto o dietro di me alle sfilate, non account, ma persone che avevano il doppio della mia età. Dicevano ad alta voce: “Ma chi è questa? Ma chi la cagherà ancora tra sei mesi?”. Quelle parole mi ferivano perché andavano a colpire una mia insicurezza, nemmeno io sapevo se ci sarei stata. Ma dopo il primo momento di dispiacere, ho pensato: vaffanculo, vi farò vedere, vi ricorderete di me». 

E quando trova qualcosa che, invece, le fa male?
«Cerco di pensare che mi è già successo, e sono sopravvissuta. E mi ricordo che il nostro cervello, di fronte a venti commenti positivi e uno di critica, ha l’assurda capacità di focalizzarsi solo su questo. Le critiche ci saranno sempre, soprattutto in questo momento storico in cui mi pare si voglia fare polemica per ogni cosa».

Nelle relazioni quando è successo?
«Non voglio fare nomi, ma ho avuto storie con uomini che, in modi diversi, hanno cercato di svalutarmi. Volevano decidere al posto mio, limitare la mia libertà: “Così non ti puoi vestire”, “Questo non lo puoi fare”. Qualcuno ha anche cercato di isolarmi dagli amici, dicendo che non andavano bene per me. Quando mi è successo, non sapevo che queste fossero forme di violenza psicologica». 

La bellezza, il successo, la ricchezza, l’indipendenza, per un certo tipo di mentalità patriarcale sono cose che la donna non può possedere, sono minacce.
«Certi uomini si sono avvicinati a me affascinati dal successo, ma poi hanno provato a smembrarmi per riequilibrare quel potere che credevano dovesse stare solo nelle loro mani». 

Lei com’è con i suoi bambini?
«Per me è fondamentale educare i miei figli all’idea che possono essere chi vogliono e che non verranno mai giudicati per le loro scelte. E poi, oltre le parole contano gli esempi: inutile parlare di parità se poi in casa fa tutto la mamma mentre il papà sta in poltrona».

Che cos’è Sanremo nei suoi ricordi?
«Non l’ho mai seguito: Amadeus lo sa. Ho capito bene cosa fosse il Festival quando ci è andato Federico».

A chi dice che la beneficenza si fa ma non si dice che cosa risponde?
«Ho fatto tante cose che non si sanno, ma su questo tema le parole pesano più dei soldi. Fare le cose in silenzio è un retaggio che non mi appartiene»

Aggiunge Antonella Veltri: «Il silenzio non è necessariamente un valore, il silenzio è anche quello in cui sopravvive la violenza».