ServizioServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl piano finanziato dalla Ue
Tutti centrati gli obiettivi fissati da Bruxelles. Ma la spesa procede a rilento
di Giorgio Santilli
6 ottobre 2022
Sul Pnrr l’Italia è puntuale, addirittura in anticipo, come sostiene Mario Draghi? Oppure in ritardo, come ha detto ieri Giorgia Meloni? Si tratta di due facce del Pnrr che convivono.
Se guardiamo il nastro ufficiale su cui scorre il Pnrr e la vigilanza della Ue, l’Italia è un treno in orario. Bisogna tener presente, come ha sottolineato ieri il premier uscente, che i target e le milestones definite nella decisione del 13 luglio 2021 del Consiglio Ue (il cosiddetto «Annex») sono l’unica cosa che interessa Bruxelles e che conta ai fini del pagamento delle rate che la Ue ci versa. Su quelli saremo giudicati e solo se quegli obiettivi non saranno raggiunti, il Pnrr italiano sarà destinato a fermarsi o, peggio, a deragliare.
Raggiunti i 51 obiettivi del dicembre 2021 (T4 2021) e i 45 del giugno 2022 (T2 2022), già bollati da Bruxelles e pagati con un assegno di 48,2 miliardi, siamo a buon punto anche per i 55 da raggiungere nel dicembre 2022 (T4 2022). La relazione al Parlamento esposta ieri dal sottosegretario Roberto Garofoli alla cabina di regia e al Cdm dettaglia il quadro, secondo il cronoprogramma riscritto da Draghi e da Garofoli un mese fa: 21 obiettivi su 55 già raggiunti, altri 8 saranno raggiunti dallo stesso Draghi entro ottobre, gli altri 26 saranno avviati ma dovrà concluderli il prossimo governo.
Il cammino percorso
La strada per Meloni sembra in discesa e si può escludere che qualcuno si impunti su quei 55 obiettivi. Anche perché Draghi ha sgomberato il campo dall’obiettivo politicamente più sensibile, l’attuazione della concorrenza: ha ottenuto da Bruxelles un atteggiamento flessibile sui tempi di attuazione degli obiettivi non direttamente richiesti dalla Ue a suo tempo per la legge di concorrenza 2021, come per esempio le concessioni balneari, che dovranno essere attuate entro i termini della delega nazionale fissata al febbraio 2023. E non a fine 2022. Anche la terza rata da 21,8 è vicina e stavolta a incassarla sarà Giorgia Meloni.
Ma la premier in pectore non ha torto a essere preoccupata. Nella trattativa iniziale con Bruxelles, Draghi ha ottenuto per i primi due anni obiettivi legati alle riforme (impegnativi politicamente) e obiettivi facili (o secondari) collegati a investimenti, per garantirsi un decollo graduale. Sulle ferrovie Napoli-Bari e Palermo-Catania, per esempio, vanno assegnati tutti gli appalti entro fine anno ma sono opere sui cui progetti si lavora da anni. Si noti, per altro, che gli obiettivi Pnrr sono sempre qualitativi - opere appaltate o no - e non quantitativi. Chi ha in mente i rendiconti dei fondi strutturali Ue, dove l’unica cosa che conta è quanto hai speso e se hai speso quello che ci si aspettava, è fuori strada.
Sui flussi di spesa, il Mef ha posto - e non ha rispettato - alcuni «obiettivi nazionali» che nel radar di Bruxelles non compaiono. I 41,4 miliardi che avremmo dovuto spendere nel 2022, poi ridotti a 33,7 dal Def di aprile, attengono a una contabilità interna del Mef: il fatto che ci fermeremo a 21 miliardi non interessa la commissione.