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Compie cent'anni l'ultimo "carceriere" di Mussolini a Campo Imperatore: "La Costituzione è stata la bussola della mia vita"

È l'ultimo testimone di un episodio cruciale della storia d'Italia. Ha compiuto cent'anni Fernando Tascini, "carceriere" di Benito Mussolini a Campo imperatore. L'ex militare ricorda ancora tutto di quei giorni. Quando, giovane carabiniere, ricevette "l'ordine di sparare" se il Duce avesse cercato di scappare. Lo descrive "abbattuto, con il viso scuro, taciturno, distrutto, che parlava pochissimo".

Nato a Todi, Tascini vive ora a San Donnino, nelle campagne di Città di Castello (Umbria), dove oggi il Comune ha reso omaggio ai suoi cento anni - compiuti lo scorso 28 dicembre - donandogli una targa e una copia della Costituzione. "La Carta, dopo i tragici momenti della guerra è stata sempre e sarà per me e per la mia famiglia la bussola della vita che ci guida, di cui andare orgogliosi", ha detto. E ha lanciato un messaggio ai giovani: "tenete sempre sotto gli occhi la Costituzione, li c'è tutto".

(ansa)

In quei giorni drammatici del 1943 il giovane carabiniere fu coinvolto in "una missione speciale e segreta" per la quale si ritrovò a Campo Imperatore sul Gran Sasso, a guardia del dittatore, appena arrestato proprio dall'Arma. Arrivò senza sapere in cosa consistesse la missione. "Ma appena fu giorno - ha ricordato - ci accorgemmo che arrivò una macchina scura da dove uscirono Benito Mussolini e la sua scorta e quindi capimmo cosa eravamo andati a fare".

Quindi l'8 settembre e l'armistizio, l'arrivo dei tedeschi e la liberazione del Duce, quatto giorni dopo. "Ricordo bene quei momenti - ha detto Tascini -, erano le 14.30 e non ero di turno, stavo nella mia camera e a un certo punto sentii gridare che erano arrivati i tedeschi. Mi affacciai e vidi un aliante già atterrato. C'era un ufficiale con la mitraglietta pesante rivolta alla mia finestra. A quel punto sono stato fermo e aspettavo ordini, se impugnare le armi. Dopo ci dissero di scendere disarmati e arrenderci. Vidi tutti lì. I tedeschi avevano già circondato l'albergo, strinsero il cerchio e provarono a disarmare un ufficiale ma furono fermati dal tenente Faiola".

Tascini ricorda ancora l'atteggiamento di Mussolini. "Quando atterrarono gli alianti - ha raccontato -, si affacciò ma non vedeva chi c'era. Voleva sapere chi fossero, se americani o tedeschi. La sensazione era che Mussolini aspettasse più gli americani dei tedeschi. Poi questi salirono in camera sua con il nostro maresciallo, stettero una mezz'ora a parlare. C'erano gli apparecchi che portarono gli alianti che rimasero finché l'impresa non era compiuta. Poi spararono un razzo e se ne andarono. Il secondo razzo servì per far atterrare la cicogna con cui Mussolini partì. Così andarono le cose".

Nel 2019 Tascini è tornato a Campo Imperatore. "Mi veniva da piangere - ha concluso -, ero emozionato, non mi sembrava di essere lì, non riconoscevo niente ma era una sensazione straordinaria".