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Cosa ha intenzione di fare il prossimo governo per il caro bollette

La prima questione spinosa che il governo della presidentessa del Consiglio in pectore, Giorgia Meloni, si trova ad affrontare è sicuramente quella relativa al caro bollette, a cui – ha ammesso – stanno lavorando prevalentemente. Raggiungere l’obiettivo non è così semplice e sta richiedendo sforzi, non solo a livello italiano, ma da parte dell’Ue. Le ultime parole della leader di Fratelli d’Italia e i suoi programmi lasciano intravedere come si muoverà il prossimo governo.

Meloni
Giorgia Meloni – Nanopress.it

Il tempo delle feste è finito, e comunque è durato pochissimo, per Meloni e per la coalizione di centrodestra, che ha vinto nettamente le ultime elezioni del 25 settembre. Archiviata la pratica, già da qualche giorno in realtà, ora si lavora e in maniera sempre più fitta per centrare i primi obiettivi importanti per gli italiani. In cima alla lista c’è sicuramente la crisi energetica e, quindi, il caro bollette che affliggerà almeno per alcuni mesi i cittadini e a cui urgentemente bisognerà porre rimedio. La ricetta si sta pian piano formando, ma la leader di Fratelli d’Italia gioca su diversi tavoli e con qualche ingrediente segreto.

Le ultime dichiarazioni di Giorgia Meloni indicano la strada per il caro bollette

La priorità di Giorgia Meloni è chiara e, fin dalla campagna elettorale, non l’ha di certo nascosta. Il caro bollette è un problema che bisogna risolvere con urgenza per il prossimo governo, che si dovrà formare in “tempi stretti” per dipanare la matassa energetica e i costi conseguenti. Prezzi cari, come quelli che si trovano e si troveranno a pagare gli italiani a fine mese. E una prima sfida per l’esecutivo di centrodestra che dovrà subito rispondere presente e in maniera unitaria.

Già dalla Lega il grido era arrivato negli scorsi giorni, forte e chiaro, su come la crisi energetica sia il problema, sottolineato in rosso sull’agenda, a cui bisogna subito porre rimedio. Meloni l’ha ribadito chiaramente, in occasione dell’evento organizzato dalla Coldiretti a Milano e ai microfoni di “Fuori dal coro”, rispondendo alle difficoltà messe in luce da agricoltori e allevatori. Le dichiarazioni integrali saranno trasmesse stasera su Rete Quattro, ma intanto il messaggio della prossima presidentessa del Consiglio è chiaro: “Stiamo lavorando prevalentemente sul caro bollette. Bisogna capire come affrontare i prossimi tre mesi“. E ancora: “Stiamo lavorando solo su questo adesso, prevalentemente su questo. Se anche questi provvedimenti, sui quali sono mediamente meno pessimista oggi, anche se arrivassero, impatterebbero sulle bollette tra qualche mese, diciamo tre mesi“. Meloni specifica anche che ora la sua squadra politica si sta occupando di fare in modo di affrontare i tre mesi in questione e attutire, quindi, dei costi ritenuti insostenibili da lavoratori e privati.

Ricordiamo, inoltre, che in campagna elettorale la leader di Fratelli d’Italia era stata piuttosto chiara sul tema, promuovendo l’adozione del tetto al prezzo del gas e del disaccoppiamento tra energia elettrica e il gas, appunto. Se a fine agosto, però, anche dall’Unione europea arrivavano aperture importanti sul price-cap, ora le cose sono un po’ cambiate. La Commissione europea, infatti, esattamente come la Germania, spinge per il tetto al solo gas russo, mentre l’Italia e la Francia vorrebbero la misura non fosse limitata solo a Mosca.

Caro bollette
Le proteste per il caro bollette – Nanopress.it

La questione è stata approfondita da Meloni con un post pubblicato sul suo profilo Facebook: “La crisi energetica è una questione europea e come tale deve essere affrontata – ha iniziato -. FdI e i conservatori sostengono che il vero compito dell’Ue dovrebbe essere quello di gestire le grandi sfide continentali difficilmente affrontabili dai singoli Stati membri. Azioni di singoli Stati tese a sfruttare i propri punti di forza rischiano di interferire nella competitività delle aziende e creare distorsioni nel mercato unico europeo“.

Il riferimento è chiaro ed è alla Germania, dato che Olaf Scholz, il cancelliere, è pronto a iniettare 200 miliardi per risolvere autonomamente il caro gas. Un piano energetico che rischia di rivedere un’Europa a due velocità, lasciando indietro i Paesi più piccoli o indebitati. E dai qui nascono i malumori dell’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen allo scudo varato dai tedeschi. In particolare, Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno, ha chiesto trasparenza, consultazioni e coerenza ai tedeschi, seguito a ruota dalla presidente della Commissione.

Meloni ha concluso la sua disamina via social con un appello forte e chiaro: “Sosterremo in Europa ogni azione volta a contrastare i fenomeni speculativi e gli ingiustificati aumenti del costo dell’energia e appoggeremo ogni iniziativa condivisa di concreto aiuto a famiglie e imprese“.

Il ruolo di Draghi e Cingolani: come stanno le cose

Meloni si muove su diversi tavoli, dicevamo poco fa. Sì, perché la premier in pectore, come scrive Il Foglio, da un lato ha i suoi consiglieri economici, da Giovanbattista Fazzolari a Maurizio Leo, dall’altro Mario Draghi. Già, perché il presidente del Consiglio uscente ha comunque un ruolo fondamentale per risolvere la questione.

In ogni caso, le vie che potrebbero essere adottate sono diverse. Il governo Meloni potrebbe puntare alla tranche di fondi europei pluriennali non spesi e che verrebbero destinati all’emergenza energia, come già successo con il Covid, per una cifra che dovrebbe ammontare a 10-20 miliardi. Resta poi in lista un intervento diretto sulle bollette, tramite una separazione a valle, fissando il prezzo a kilawattora di tutta l’energia diversa dal gas. Un vero e proprio decoupling, ma non a monte come fatto dalla Spagna, ma direttamente in bolletta. Un’ipotesi ipertecnica e che avrebbe bisogno del lavoro di un osservatorio.

Si valuta anche la rateizzazione delle bollette per le imprese, in modo da alleviare il peso dei costi nell’immediato e ai bonus per le famiglie. I prossimi vertici a Praga e Bruxelles comunque saranno decisivi, anche perché l’Italia non può e non vuole svincolarsi da ciò che deciderà l’Europa.

E proprio qui si vede il lavoro diplomatico di Meloni che si affida a Draghi e a Roberto Cingolani, il ministro uscente della Transizione ecologica, per cui nutre grande stima e che – si vocifera – vorrebbe confermare. Probabilmente, però, non sarà così, perché comunque Meloni deve dare conto agli alleati di governo, e poi c’è una questione di coerenza, considerato che lei manco lo ha appoggiato l’esecutivo “dei migliori”.

Fatto sta che le posizioni di Cingolani piacciono non poco alla leader di Fratelli d’Italia. Il politico classe 1961 vede il dossier energetico come una vera e propria opportunità per riscrivere le regole del mercato del gas europeo e adottare misure che sanino le storture dei rischi speculativi che lo affliggono da tempo. Il ministro ha dalla sua parte il fattore diplomatico, dato che ha intrecciato rapporti importanti con il tedesco Robert Habeck. L’obiettivo è quello di smantellare il Ttf, che è la borsa del gas olandese, e vorrebbe farlo fissando dei parametri minimi e massimi per il gas. Una misura che comunque dovrà passare al vaglio della fattibilità e dovrà farlo entro domani mattina, per poi essere sottoposta già venerdì ai capi di Stato, all’appuntamento di Praga.

La patata bollente, insomma, passa a un membro essenziale del governo uscente e chi lo presiedeva. Proprio colui che aveva visto la leader di Fratelli d’Italia come controparte all’opposizione nel suo governo. Ironia della sorte o semplice legge della convenienza-incoerenza che sia, il lavoro dell’ex presidente della Bce sarà fondamentale. A dimostrarlo c’è l’ultima mossa della politica romana: al prossimo Consiglio europea, ci sarà proprio Draghi a rappresentare l’Italia.

Come accennavamo, intanto, le posizioni dell’Italia si trovano sempre più vicine a quelle della Francia e del ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, che ha sbandierato la necessità di un accordo europeo sul gas. Una posizione, quella di Meloni, che può anche essere vista in maniera più ampia rispetto alla sola crisi energetica. Dopo anni di urla e porte sbattute, sulle posizioni continentali vuole andarci decisamente piano e perseguendo la linea atlantista già ampiamente sbandierata durante la campagna elettorale. Essere dalla stessa parte della Francia sarebbe già una tessera importante del puzzle delle alleanze, soprattutto su un tema così caldo e importante.