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Cospito, si decide tra 33 giorni ma per lui potrebbe essere troppo tardi

Bollettino medico: Alfredo Cospito digiuna da 106 giorni e ha perso 45 chili e 600 grammi. La Cassazione deciderà sulla revoca del regime di 41 bis, cui è sottoposto, tra 33 giorni, quando è altamente probabile che il suo corpo già avrà ceduto. Ricordo che Bobby Sands, dirigente dell'Ira, morì in un carcere britannico dopo 66 giorni di sciopero della fame; e rammento - circostanza inaudita quanto ignota pressoché a tutti - che, all'interno del sistema penitenziario italiano, dal 2009 a oggi, hanno perso la vita a seguito di un digiuno quattro detenuti. Tra essi Salvatore Meloni, leader indipendentista sardo, in carcere per reati fiscali politicamente motivati.

Ora, per Cospito, le alternative sono due: o sopravviverà fino alla prima settimana di marzo, quando la Cassazione deciderà sulla revoca, oppure dovrà essere il ministro della Giustizia Carlo Nordio ad assumersi la responsabilità di una scelta di ora in ora più drammatica.

Intanto, è opportuno indicare alcuni punti fermi.

1. Il regime speciale del 41 bis NON è (non dovrebbe essere) il "carcere duro". Secondo la legge, quella tipologia di detenzione ha una e una sola finalità: recidere i legami tra il detenuto e l'organizzazione criminale esterna cui apparterrebbe. Tutte le altre misure che non rispondano a tale scopo e che rendono la carcerazione più afflittiva, punitiva e coercitiva, non essendo previste, risulterebbero illegali.

Ad esempio, proibire ad Alfredo Cospito di tenere in cella le foto dei genitori defunti, se non dopo che fossero state riconosciute dal sindaco del loro paese, a quale requisito di sicurezza risponderebbe?

In realtà, l'intero affaire Cospito può ridursi a una sola domanda: il trattamento differenziato del 41 bis, nel suo caso, è coerente con la lettera e la sostanza della legge? Ed è misura adeguata e soprattutto proporzionata alla condizione giudiziaria e alla caratura criminale del detenuto? Ricordo che ben due indagini della Direzione distrettuale antimafia di Perugia e di Roma hanno escluso la sussistenza di un legame di associazione tra Cospito e gruppi anarchici armati. E che nella motivazione di una sentenza della Corte d'Assise di Roma (13 dicembre 2022), si legge: non sono "obiettivamente rintracciabili direttive che Cospito fornisca dal carcere".

2. Se, sotto il profilo del diritto, il "caso Cospito" può essere riassunto in quella esclusiva domanda (è congruo il provvedimento applicatogli?), tutto il resto dello scenario va ricondotto alla sua giusta misura: l'ideologia sovversiva, il rifiuto delle regole della democrazia, le "cattive compagnie" e l'attività simil-terroristica di quegli sciagurati che si dichiarano suoi fan non devono alterare il giudizio. Cospito va considerato come un condannato tra gli altri al quale vanno applicate le regole generali previste dal sistema penale e dall'ordinamento penitenziario. Se così si facesse, si scoprirebbe agevolmente che "la mitizzazione" di Cospito è opera più di coloro che lo combattono che di coloro che dicono di sostenerlo.

Due esempi bastano. Attribuire all'anarchico, partendo da alcune frasi smozzicate, non si sa come trascritte, sgangheratamente riferite in un'aula del Parlamento, "un ruolo di cerniera" tra Anarchia e Mafia appare davvero risibile. E presentare il suo digiuno come una macchinazione con obiettivi differenziati e sofisticata tempistica tradisce quanto sia radicata la più totale inconsapevolezza di cosa sia il carcere, i suoi meccanismi e le sue procedure.

Così come appare fin troppo ovvia "la rivelazione" che Cospito vorrebbe non solo la revoca del 41 bis per sé, ma addirittura l'abrogazione di quella norma per tutti. Bella scoperta! È questo il fondamento stesso di qualsiasi azione di lotta: dall'obiettivo di un aumento salariale alla non punibilità dell'interruzione volontaria di gravidanza, battersi per il proprio interesse è sempre un battersi per un obiettivo collettivo comune.

Ancora: se la persona più mite e sennata del mondo, l'ex procuratore Gherardo Colombo, ritiene incostituzionale il 41 bis, bisognerebbe accettare il fatto che l'abrogazione di tale misura possa essere oggetto di discussione pubblica. Pure se penso che in realtà, considerate le posizioni di pressoché tutto l'arco parlamentare, quello stesso regime, lungi dal venire cancellato, sia destinato a essere ulteriormente appesantito.

3. C'è qualcosa di più primitivo del comportamento della coppia Donzelli-Delmastro: ed è il senso del comunicato del governo reso noto domenica scorsa. Vi si trova una concezione puerile e rissosa del ruolo delle massime istituzioni. Il governo dichiara di non voler scendere a patti con gli anarchici che compiono attentati incendiari e di non intendere cedere al loro ricatto. Sembra di sognare. Ma il governo democratico di un Paese (pardon, di una Nazione) cosa mai ha a che fare con quei facinorosi, tanto da rivolgersi loro affermando di non voler trattare?

Le istituzioni democratiche hanno l'imperativo morale di trattare, sì, ma con se stesse: di verificare costantemente, cioè, se i loro atti rispettino i principi dello Stato di diritto, i valori della Costituzione, le regole del processo e dell'esecuzione penale.

4. Questa è, per molti versi, una storia di corpi. Il corpo ferito di Roberto Adinolfi, dirigente di Ansaldo Nucleare, colpito da una pistolettata di Cospito nel 2012. Il corpo dello Stato, rappresentato in particolare dal sistema del carcere e da quella sua forma di prigionia assoluta che è il 41 bis. Un corpo dello Stato che custodisce e controlla, umilia e degrada l'organismo e la psiche, produce deprivazione sensoriale ovvero mortificazione dei sensi (vista, udito, gusto...), determina patologie, nevrosi, autolesionismo, suicidi. Infine, il corpo di Cospito, che "si autodigerisce" (parole del suo medico Angelica Milia) per sopravvivere. E per dare ciò che ne resta a sostegno di una battaglia la cui sconfitta è possibile.