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Covid, un nuovo esame del sangue ci dice se siamo ancora «armati» contro il virus

La vaccinazione anti-Covid non funziona per tutti nello stesso modo. I tempi dell’attivazione e della durata della riposta immunitaria sono diversi per ognuno di noi. Alcune persone la mantengono alta nel tempo, in altri è più bassa. La nuova scoperta medico scientifica per combattere il virus arriva da uno studio internazionale condotto dai ricercatori dell’Irccs di Candiolo (Torino) insieme ai colleghi dell’Italian Institute for Genomic Medicine (IIGM): nel laboratorio Armenise-Harvard di Immunoregolazione i due gruppi hanno messo a punto un semplice test del sangue con un risultato che potrebbe rivelarsi un’ altra potente arma a fianco dei vaccini. 

«Cavie» dello studio sono stati proprio i ricercatori, 400 circa. Dopo aver somministrato loro le vaccinazioni Pfizer sono state tipizzate due tipi di cellule nei soggetti che hanno avuto il Covid con sintomi o senza sintomi e in quanti non ne sono mai stati affetti. 

La reazione immunitaria al Sars-CoV-2 nelle specifico è data da due tipi di cellule: i linfociti B e i linfociti T. Mentre i primi sono responsabili della produzione di anticorpi, i secondi agiscono riconoscendo ed eliminando le cellule infettate. Per capire se si ha ancora una difesa attiva contro il virus è fondamentale poter valutare se la presenza di linfociti T è alta, questo nonostante l’eventuale bassa presenza di anticorpi. Fino ad ora, valutare la presenza di queste cellule (i linfociti T) era molto difficile e soprattutto richiedeva tempi lunghi. Oggi invece questo semplice test del sangue bypassa i limiti dei test sierologici e consente di determinare se le nostre difese sono ancora alte o se invece c’è bisogno di una dose booster.

Inoltre, «proprio tipizzando le cellule di quanti hanno avuto il Covid e di quanti non lo hanno avuto, la lettura del test ci ha permesso anche di capire che, in chi ha contratto il virus, la risposta immunitaria risulta essere più a lungo termine e poi che anche nel Sars-CoV-2 c’è una differenza di genere, perché la caduta dei linfociti T e degli anticorpi è più rapida negli uomini che nelle donne», aggiunge la dottoressa Anna Sapino, Direttore Scientifico di Candiolo. 

Nel complesso, dunque, i risultati di questo studio saranno particolarmente importanti sulla gestione futura della pandemia: per la protezione di tutti, e in particolare dei soggetti più fragili, perché renderanno possibile capire quando e su chi agire con una dose supplementare di vaccino. 

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