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Dahmer su Netflix è un capolavoro di brutale bellezza

La storia di uno dei più efferati serial killer degli Stati Uniti diventa una serie Netflix di brutale bellezza.  La piattaforma di streaming, infatti, sceglie di romanzare una delle peggiori storie vere degli ultimi tempi, quella di Jeffrey Dahmer, assassino, squartatore, cannibale, un uomo psicologicamente fragilissimo, con un'omosessualità repressa, una spiccata attrazione sessuale per le membra umane e quella grande paura di restare da solo al mondo che l'ha portato a diventare un terribile assassino solo per colmare il grande vuoto della solitudine. Netflix riesce nell'impresa di rendere una storia terribile, talmente ben raccontata da diventare una delle più belle mai viste sul piccolo schermo in questi ultimi anni. Ryan Murphy, dopo American Horror Story, si mette ancora dietro la macchina la presa e con Dahmer fa un lavoro eccezionale di racconto, indagine introspettiva, ricostruzione dei fatti e analisi psicologica al punto da emozionare e tenere incollati allo schermo anche gli spettatori più sensibili a certe tematiche o a determinate scene macabre.

Dahmer è una serie che torna a dare valore alla lentezza, alla descrizione dei personaggi, alle loro evoluzioni. È una serie che non ha paura di prendersi tutto il tempo necessario per dire quello che vuole dire, non teme di essere lunga, esesa nel suo racconto, non ha paura di puntare l'attenzione non solo sulle azioni di un unico protagonista ma su ogni singolo personaggio coinvolto nello sviluppo della sua storia. Lunga dieci episodi, il che sorprende da un lato perché non siamo più abituati a spendere più di due giorni per completare la visione di una serie e dall'altro è decisamente apprezzabile perché ci troviamo di fronte un è a un racconto che si riappropria del potere di estendere il tempo a suo piacimento e non solo accorciarlo, Dahmer è, senza dubbio, un piccolo capolavoro. 

Tra sussurri, sguardi persi nel vuoto e desiderosi di affetto, azioni scellerate e un senso del macabro che non disturba mai ma risulta funzionale alla messa insieme dei pezzi di un puzzle, di cui conosciamo tutti l'immagine finale, Dahmer fa quello che qualsiasi serie dovrebbe fare, dà potere ai suoi personaggi di poter essere se stessi, di poter raccontare a loro modo la propria storia, di prendersi il loro tempo di processare ciò che gli succede e accompagnare lo spettatore nella loro evoluzione facendolo diventare parte del racconto. Tra scene forti, un'emotività sempre spiccata e quella sensazione che quel sottile equilibrio tra sanità mentale e follia potrebbe essere perso in ogni momento, Dahmer racconta la storia di un ragazzo malato, un uomo solo e una persona che non ha saputo combattere il senso di solitudine ma si è lasciata andare al caos e all'insensatezza di scelte irragionevoli e immorali.

Voto: 8 e mezzo

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