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Dieci trattorie tipiche da provare a Bologna

«Quando sentite parlare della cucina bolognese fate una riverenza, ché se la merita, È un modo di cucinare un po' grave, se vogliamo, perché il clima così richiede; ma succulento, di buon gusto e salubre». Pellegrino Artusi, scrittore e padre della gastronomia italiana (è l'autore del libro di ricette italiano più popolare di sempre: La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene) aveva un debole per i piatti de La Dotta - oltre che Grassa e Rossa - anche per il fatto di essere nato a Forlimpopoli, borgo emiliano e quindi il campanile giocava un ruolo non secondario. 

Quando iniziò la sua monumentale opera, nel 1891, Bologna era il paradiso delle osterie dove si poteva «giocare a carte e bere il vino» come raccontò un secolo dopo Francesco Guccini, all'insegna dell'ospitalità e della convivialità, con orari allungati sino a tarda notte. Bellissime. Inutile negarlo: ce ne sono sempre meno, sia tra le mura sia appena fuori. Ma se la versione classica, integralista è quasi scomparsa, per fortuna buona parte dei valori (culinari in primis) viene portata avanti da locali dove la tipicità è ancora ben rispettata e il pubblico apprezza la difesa della tradizione. 

Tagliatelle, lasagne, tortelloni e – ovviamente – tortellini: Bologna è il regno della pasta e della sfoglia, sottile, eterea eppure così presente all'assaggio da provocarne una piacevole e irrefrenabile dipendenza. Ci sono poi i passatelli, meno conosciuti ma buoni e appaganti grazie all'impasto di uova, parmigiano e pangrattato nonché il leggendario ragù alla bolognese. Nelle osterie, un grande classico è rappresentato dalle crescentine: leccornia dal nome che evoca una pasta rigonfia fatta con farina, latte, lievito di birra, sale e acqua minerale e fritta in abbondante strutto bollente. Arrivano insieme agli affettati – mortadella in primis – durante l'antipasto o si sbocconcellano a merenda, ancora calde. 

Esattamente come quella delle tagliatelle e del ragù, anche la ricetta del friggione è stata depositata presso la Camera di Commercio di Bologna, tant'è storica e venerata la sua preparazione. Pochissimi gli ingredienti essenziali: cipolle bianche (macerate con un cucchiaino di sale grosso e uno di zucchero per circa quattro ore, poi cotte per almeno altre due), pomodori pelati e sale; il risultato è una salsa che rende speciale ogni pietanza, dal pane abbrustolito ai piatti più elaborati. Il secondo più identitario è la cotoletta alla bolognese: carne di vitello (o pollo) fritta nello strutto, arricchita da parmigiano e prosciutto, poi ripassata nuovamente in forno per assemblare gli ingredienti. In inverno, non manca il bollito misto alla bolognese: ai tagli classici di manzo, di gallina e di vitello, si vanno ad aggiungere la lingua e la testina di vitello e il cotechino di maiale, che vanno cotti a parte. A chiudere, una fetta di torta di riso - che a Bologna viene chianata «Torta degli Addobbi» - preparata con il riso cotto nel latte, uova, zucchero e scorza di limone.