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Dopo la Panarotta anche la val di Non verso la chiusura delle piste tra caro energia, mancanza d'acqua e temperature elevate. A salvarsi solo i campi scuola

PREDAIA. Non solo la Panarotta, rischiano di restare chiuse anche le piste in Val di Non. A differenza, però, della Valsugana, sono garantiti i campi scuola per avvicinarsi allo sci alpino. Ma sono tempi difficili per gli impianti e per i tracciati nonesi, si annuncia un inverno complicato e in sofferenza con la Joy val di Non Alps che cerca un equilibrio di gestione e di salvaguardare per quanto possibile la stagione in questo contesto di crisi climatica.

Impianti e piste che ruotano intorno alla Joy val di Non Alps su tre località: Monte Roen, Skilift Predaia e Monte Nook, aree a bassa quota e di superfici sciabili ridotte. Sono, però, diversi i nodi da affrontare tra caro bollette dell'energia, temperature elevate e siccità. Così la decisione della società impianti è quella di garantire la fornitura di un servizio ai più giovani ma di attendere eventuali precipitazioni naturali per dare semaforo verde alla stagione invernale.

Via libera ai campi scuola dal 22 dicembre al 6 gennaio per accogliere oltre 300 giovanissimi alle prime esperienze sulla neve ma le piste rischiano di restare chiuse in caso di assenza di nevicate sufficienti a preparare i piani sciabili e garantire la sicurezza degli sciatori: i sistemi di innevamento programmato sono, infatti, spenti.

Il motivo? Incidono i costi dell'energia. In questa fase le bollette pesano parecchio, soprattutto per una società in capo prevalentemente alle amministrazioni di Predaia, Ruffrè-Mendola, Ronzone e Borgo d'Anaunia con 200 mila euro di risorse pubbliche. I territori affrontano, con criticità, le maggiori spese e non riescono a garantire le risorse necessarie a coprire un eventuale e probabile disavanzo di bilancio. A suoi tempo, poi, la società non si iscritta al Consorzio a bassa energia e quindi si deve rifornire dal libero mercato con tutte le incognite e le fluttuazioni del caso.

In questo contesto, per esempio, il Comune di Predaia si è trovato costretto a spegnere le luci di cimiteri e parchi per contenere le uscite: l'amministrazione a luglio del 2021 ha versato 7.300 euro per l'energia, un costo che 12 mesi dopo si è alzato a oltre 23 mila. Complicato giustificare il 'No' all'illuminazione pubblica e il "Sì" ai cannoni.

C'è un'altra criticità, non secondaria. Manca l'acqua. Il Trentino esce da un'estate siccitosa tra razionamenti, appelli ai residenti di prestare attenzione e grande lavoro dei vigili del fuoco per rimpinguare gli acquedotti. L'emergenza idrica non è terminata, le precipitazioni sono scarseggiate con temperature elevate anche nel corso dell'autunno e i bacini presentano livelli più bassi rispetto alle stagioni passate. 

Sempre sull'altipiano di Predaia, la società ha la concessione di pescare dal bacino del Consorzio irriguo. La capacità è di 300 mila metri cubi circa, il livello attuale si attesta a 120 mila metri cubi, una riduzione a quasi il 30% delle possibilità. Innevare la superficie sciabile richiede circa 20 mila metri cubi d'acqua. Sono attesi nei prossimi mesi pioggia e neve a sufficienza, ma non c'è più alcuna certezza e dover pompare dalla diga presenta un costo con l'agricoltura, un settore strategico per la valle, che avrà necessità di risorse idriche. Da qui la decisione del via libera per 2 mila metri cubi d'acqua per preparare il campo scuola

C'è chi invece avrebbe l'acqua (non potabile) del bacino per sparare ma con il territorio che si trova nella contraddizione di dover gestire la carenza idrica sul fronte di quella potabile. E' il caso di Ruffrè-Mendola. A metà ottobre la comunità ha potuto utilizzare l'acqua potabile solo in ambito alimentare e di igiene personale. Nel frattempo il Comune ha realizzato un collegamento provvisorio tramite un tubo volante, considerato temporaneo, per garantire l’afflusso dell’acqua fino a quando le temperature restano positive. Ora sul tavolo ci sono 12 mila euro per lavori di somma urgenza sulla struttura dell'acquedotto. Poi per rimpinguare in questo momento sono sempre operativi i pompieri.

Insomma, la strada tracciata è quella di garantire i campi scuola e il servizio per bambini e ragazzi durante le festività di Natale e Capodanno, poi per tutto il resto resta la "fede" che possa nevicare. Aspetta maggiore chiarezza, anche per prevedere comunicazioni ad hoc l'Azienda per il turismo val di Non, realtà non direttamente coinvolta in questa partita.

"Condividiamo la preoccupazione degli operatori, degli esercenti e degli sci club che credono fortemente nell'offerta invernale". Questo il commento di Lorenzo Paoli, presidente dell'Azienda per il turismo val di Non. "C'è sensibilità verso questa situazione e ci siamo resi disponibili per incontri e approfondimenti. Siamo attivi per senso di responsabilità, anche se i nostri margini di manovra sono stretti e, eventualmente, legati alle azioni di sviluppo e di promozione del prodotto e non a interventi per sostegno all’attività ordinaria che spetta ai Comuni".

Se il momento è delicato per i grandi caroselli, ancora più complicata per le stazioni più piccole, con grandi sforzi per aprire quanto prima, la situazione è ancora più difficile per le destinazioni piccolissime. "La val di Non è un territorio vocato alla sostenibilità, c'è il rischio di spese che si possono rivelare importanti pur di aprire gli impianti. E' un quadro molto complesso e di difficile soluzione, l'auspicio è che si possa aprire una riflessione per il futuro di questa offerta: questa situazione potrebbe essere ricorrente e quindi serve una programmazione e una visione delle azioni da intraprendere come comunità", conclude Paoli.