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Elezioni politiche in autunno? L’ultima volta nel 1919: ecco come andò il primo voto dopo la Grande Guerra

Le elezioni politiche del 25 settembre 2022 sono le prime nella storia della Repubblica a tenersi in autunno. Per trovare un precedente, infatti, occorre tornare al 1919, quando l’Italia era ancora un Regno e l’ascesa del Fascismo doveva ancora compiersi. In quel caso, gli italiani furono chiamati alle urne il 16 novembre, per la prima volta con una legge elettorale proporzionale. All’epoca il diritto di voto era appannaggio dei soli uomini: anzi, perfino il suffragio universale maschile era una conquista recente, essendo stato riconosciuto per la prima volta alle politiche del 1913 (anche quelle autunnali: si erano tenute il 26 ottobre). Per vedere le donne entrare in cabina elettorale bisognerà aspettare ancora 27 anni, fino al referendum e alle elezioni per la Costituente del 2 giugno 1946.

Le rivolte per il caro-viveri e la “scioperomania”

Quelle del 1919 erano le prime politiche dopo la Grande Guerra e diedero la misura delle trasformazioni avvenute nel nostro Paese rispetto al periodo pre-bellico. Quell’anno le principali città italiane furono teatro di violenti tumulti contro il caro-viveri; più in generale, l’inflazione aveva innescato una spirale prezzi-salari che si tradusse in una grande ondata di agitazioni sociali in tutti i settori (l’industria, il pubblico impiego, l’agricoltura), al punto che si arrivò a parlare di “scioperomania”.

I risultati delle elezioni del 1919

Risultato: le elezioni del 1919 ebbero un esito disastroso per la vecchia classe dirigente. I gruppi liberal-democratici, che si erano presentati divisi alle urne, persero la maggioranza assoluta, passando dagli oltre 300 seggi del 1913 a circa 200 (su un totale di 508: all’epoca esisteva solo la Camera dei deputati). I socialisti si affermarono come primo partito con il 32% dei voti e riuscirono a triplicare i loro seggi in Parlamento, arrivando a quota 156. Al secondo posto si classificarono invece i popolari, che ottennero il 20% delle preferenze e 100 deputati.

Gli ultimi passi dell’era liberale

In sostanza, il voto del 1919 dimostrò che il sistema politico italiano, costretto a fare i conti con nuove istanze, non era più in grado di reggersi sui vecchi schemi dell’epoca giolittiana, ma al tempo stesso non era in grado di esprimere un nuovo equilibrio. Dal momento che il Partito socialista rifiutava qualsiasi collaborazione coi gruppi “borghesi”, l’unica maggioranza possibile era quella fondata sull’alleanza fra popolari e liberal-democratici. Questa fragile coalizione diede vita a tre governi: due guidati da Francesco Saverio Nitti e uno da Giovanni Giolitti (al quinto mandato). Erano gli ultimi, incerti passi dell’era liberale.