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Festival Sport, Batigol e Zanetti: "L'Italia è casa nostra" e quei retroscena su Lautaro e Dybala

TRENTO. Nell’Auditorium Santa Chiara suona il tango argentino con Gabriel Omar Batistuta, ex Fiorentina e Roma, e Javier Zanetti, ex capitano e bandiera nonché attuale dirigente dell’Inter. “Ormai mi sento italiano - racconta quest’ultimo - questo paese mi ha accolto da giovane e mi ha aperto le porte, ringrazierò per sempre il vostro paese per questo”.

Entrambi argentini, ma con una storia tanto diversa quanto affascinante. Batistuta inizia la sua avventura calcistica solo all’età di 18 anni quando fece il suo primo allenamento vero e proprio: “Un club - racconta Bati - mi ha dato la possibilità di studiare. Ho fatto qualche goal e a 19 anni e mezzo sono passato al River. Ero un ragazzo di campagna e queste grandi città le vivevo male. Gente nuova, pressioni… io ero indietro fisicamente e mentalmente, però segnavo. Dopo passo al Boca e vengo convocato in nazionale, faccio bene e mi ritrovo in Italia. È stato faticoso e ho avuto bisogno di un paio d'anni per ambientarmi, ma poi è diventato un po’ più facile… (ride, ndr)”.

Per l’ex capitano nerazzurro invece il legame con l’Inter inizia nel ’95 “quando ero uno sconosciuto per il calcio italiano. Arrivai con il capocannoniere dell'Argentina, Rambert, e quello famoso era lui. Quando sono arrivato con Rambert era la prima volta che mettevo l'abito. Mi immaginavo di andare in prestito per dimostrare se fossi in grado di meritarmi il campionato italiano. Poi ho avuto la fortuna di giocare con Ottavio Bianchi ed è iniziato questo splendido legame. Sarò sempre grato a questa società e sono onorato di rappresentarla nel resto del mondo. Mi da sempre grandi emozioni l’Inter”.

Anche per Batistuta il legame con Firenze è indissolubile: “Firenze è la società che posso definire famiglia. Arrivato qua era un calcio sconosciuto, il livello era altissimo ma ho iniziato a giocare piano piano sposando la causa fiorentina, in cui il tifo e il senso di appartenenza va capito. Io lo ho capito subito e mi sono innamorato. Ho casa e amici lì, è un rapporto molto simile a quello di Pupi con l'inter anche se al momento non sono nella società”. El tractor, così lo chiamavano in Argentina gli estimatori di Javier Zanetti, ora è infatti dirigente della società di Viale della Liberazione: “Vivere l'inter da giocatore e da dirigente è diverso. Ti serve una visione a 360°. Quando mi hanno detto di fare il vicepresidente ho pensato che avrei dovuto prepararmi, non basta quello che ho fatto in campo. Ho studiato alla Bocconi management sportivo per rendermi utile anche in altre aree che fanno crescere il club. Mi sono preparato perché quando smetti di giocare a calcio inizi una carriera completamente da zero”.

Impossibile non parlare di giocatori argentini ancora in attività, su di tutti Lautaro che “abbiamo seguito tanto con Milito che era dirigente al Racing - spiega Javier - ed è arrivato molto giovane, ma sta facendo i passi che un grande giocatore deve fare. Tanti lo paragonano a Bati e io sono contento per questo, perché contribuire all'acquisto di un giovane argentino mi riempie di orgoglio”. Nella trattativa che portò il Toro a Milano c’è stato anche lo zampino di Batigol che “all’Inter - spiega - alla fine non sono mai riuscito a fare niente, però ho dato una grande mano a far sì che l'inter comprasse Lautaro, poiché sono stato interpellato più volte. Lautaro sta facendo molto di quello che avrei voluto fare io per l'inter”.

Discorso a parte per Dybala: “Si vede che è contento a Roma, spero gli infortuni lo lascino tranquillo - puntualizza Batistuta - può dare tantissimo ancora”. “Paulo rimpianto? C'è stata una trattativa però quando dopo abbiamo preso Romelu il parco attaccanti era completo, era difficile prenderne un altro di questo spessore”, commenta invece Zanetti, “io lo vedo molto felice a Roma e conosco bene, anzi molto bene, Mou e so che lo farà rendere alla grande”. 

Un paio di battute anche su Angel Di Maria, arrivato in Italia quest'estate: “Ha bisogno di una squadra e di un sistema di gioco che favorisca le sue condizioni”, sostiene l’ex fiorentina, “questi giocatori hanno i mondiali tra un mese e quello, anche se non si vuole, conta e comincia a pesare. È un opportunità unica per i giocatori e quando si avvicina le emozioni crescono. Quello che ha fatto Di Maria l'altro giorno (contro il Monza, ndr) non glielo avevo mai visto fare”.

Su Messi e Maradona nessuno dei due si sbilancia su chi è il migliore, ma Zanetti ricorda: “Nella semifinale di Champions Mou mi ha detto che avrei dovuto marcare Messi e io ho detto ‘ah grazie…’ . È stato complicato a Barcellona per me, perché io e Samuel eravamo diffidati e rischiavamo la finale. Ma ci è andata bene e siamo riusciti a fermarlo. O meglio, se superava me, poi arrivava Samuel e li non passava di sicuro (ride, ndr)".