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Francesco Centorame dà il via al Vanity Fair Stories 2022 con un monologo dedicato a Giorgio Gaber

Dopo il successo delle quattro precedenti edizioni, torna il Vanity Fair Stories, il più grande evento completamente dal vivo di Vanity Fair che per la prima volta va in scena al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano (via Larga 14).

Tema di quest'anno The change is you, storie che cambiano il mondo. Sul palcoscenico si alternano tanti personaggi che del cambiamento sono parte attiva: attori e registi, comici e cantanti, scrittori, ballerini, figure chiave della cultura.

Apre il Festival il giovane attore Francesco Centorame, diventato famoso per aver interpretato Elia, il personaggio di SKAM Italia e pronto a presentarsi nella fiction Il Maresciallo Fenoglio di Rai1. Esce, è dietro a un leggio, con gli occhi chiusi, ispirato. Fischia e attacca: «Io come uomo, io vedo il mondo come un deserto di antiche rovine. Io vedo un uomo che tocca il fondo, ma forse al peggio non c'è mai una fine. Nel frattempo la vita non si arrende e la gente si dà un gran da fare: tanti impegni, tante storie con l'inutile idea di colmare la mancanza di una nuova coscienza, di una vera coscienza. È come se dovessimo riempire, un vuoto profondo. E allora ci mettiamo dentro rimasugli di cattolicesimo, pezzetti di sociale, brandelli di antichi ideali, un po' di antirazzismo, e qualche alberello qua e là. La decadenza che viviamo è un malessere che ci prende pian piano. È una specie di assenza che prevede una sosta obbligata, è la storia che medita ma si è come assopita. Siamo vivi malgrado la nostra apparenza come uomini al minimo storico di coscienza. Come uomini al minimo storico di coscienza. È come se la vecchia morale non ci bastasse più. In compenso se ne sta diffondendo una nuova, che consiste nel prendere in considerazione più che altro i doveri degli altri... verso di noi. Sembrerà strano, ma sta diventando fortemente morale tutto ciò che ci conviene. Praticamente un affare. La decadenza che subiamo è uno scivolo che va giù piano piano. È una nuova esperienza che ti toglie qualsiasi entusiasmo e alla lunga modifica il tuo metabolismo. Siam qui fermi malgrado la grave emergenza, come uomini al minimo storico di coscienza. Come uomini al minimo storico di coscienza. E pensare che basterebbe pochissimo. Basterebbe spostare a stacco la nostra angolazione visiva, guardare le cose come fosse la prima volta. Lasciare fuori campo tutto il conformismo di cui è permeata la nostra esistenza. Dubitare delle risposte già pronte. Dubitare dei nostri pensieri fermi, sicuri, inamovibili. Dubitare delle nostre convinzioni presuntuose e saccenti. Basterebbe smettere una volta per tutte di sentirsi sempre delle brave persone. Smettere di sentirsi vittime delle madri, dei padri, dei figli, mariti, mogli... quando forse siamo vittime soltanto della mancanza di potere su noi stessi. Basterebbe smascherare, smascherare tutto. Smascherare l'amore, il riso, il pianto, il cuore, il cervello. Smascherare la nostra falsa coscienza individuale. Subito. Qui e ora.

Sì basterebbe pochissimo. Non è poi così difficile. Basterebbe smettere di piagnucolare, criticare, affermare, fare il tifo, e leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che noi viviamo direttamente. Rendersi conto che anche l'uomo più mediocre diventa geniale se guarda il mondo con i suoi occhi. Basterebbe smascherare qualsiasi falsa partecipazione. Smettere di credere che l'unico obiettivo non può essere il miglioramento delle nostre condizioni economiche, perché la vera posta in gioco è la nostra vita. Basterebbe smettere di sentirsi vittime del denaro, del destino, del lavoro, e persino della politica, perché anche i cattivi governi sono la conseguenza della stupidità degli uomini. Basterebbe rifiutare, rifiutare l'idea di calpestare gli altri, ma anche la finta uguaglianza. Smascherare le nostre presunte sicurezze. Smascherare la nostra falsa coscienza sociale. Subito. Qui e ora. Basterebbe pochissimo. Basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale se non si sente parte di qualche cosa. Basterebbe smettere di credere di poter salvare il mondo con l'illusione della cosiddetta solidarietà. Rendersi conto che la crescita del mercato può anche essere indispensabile alla nostra sopravvivenza, ma che la sua inarrestabile espansione ci rende sempre più egoisti, e più volgari. Basterebbe abbandonare l'idea di qualsiasi facile soluzione, ma abbandonare anche il nostro appassionato pessimismo e trovare finalmente l'audacia di frequentare il futuro con gioia. Perché la spinta utopistica non è mai accorata o piangente. La spinta utopistica non ha memoria e non si cura di dolorose attese. La spinta utopistica è... Subito. Qui e ora. Io come uomo, io vedo il mondo come un deserto di antiche rovine. Io vedo un uomo che tocca il fondo, ma forse al peggio non c'è mai una fine.

Perché non c'è nessuno che dia un senso alle cose più semplici e vere, Alla vita di ogni giorno, All'urgenza di un uomo migliore. Io vedo un uomo solo e smarrito, come accecato da false paure, ma la vita non muore nelle guerre, Nelle acque inquinate del mare e i timori, anche giusti, son pretesti per non affrontare. La mancanza di una vera coscienza che è la sola ragione della fine di qualsiasi civiltà».

Salgono gli applausi ed entra in scena il direttore Simone Marchetti, che apre ufficialmente il Vanity Fair Stories edizione 2022.

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Event supporter: Bancomat S.p.A.

Iniziative speciali: Berlucchi; Cenacolo Artom; Dove; Recarlo; Millefiori; Think Milk, Taste Europe, Be Smart!

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Thanks to: Lux Vide; Medusa; Universal Pictures; Vision Distribution; Poltrona Frau