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Giacomo Giorgio: «Dedicato alla nonna»

Ogni volta che Giacomo Giorgio saluta un ruolo, il giorno dopo decide di cambiare tutto. I capelli, il guardaroba, persino il modo di camminare. Come se volesse liberare il suo corpo dal personaggio che lo ha abitato per far posto a un altro. Non fa eccezione il ruolo di Lorenzo, il ragazzo 35enne che Giorgio, 24 anni, noto al grande pubblico per aver prestato il volto a Ciro Ricci in Mare fuori, interpreta in Sopravvissuti, la nuova fiction co-prodotta da Rai Fiction, Rodeo Drive, France Télévisions, Cinétévé, ZDFneo in onda dal 3 ottobre su Rai1. Nella nuova serie diretta da Carmine Elia - lo stesso di Mare fuori - Giacomo si destreggia in una storia a metà strada fra il dramma e il thriller: una nave è scomparsa nel nulla dopo due settimane di navigazione. Un anno dopo viene recuperato il suo relitto sulle coste africane con soli sette sopravvissuti, ma cosa sia realmente successo in quel lasso di tempo è il vero dilemma da sbrigliare. Per Giacomo Giorgio è un momento d’oro: dopo Sopravvissuti lo vedremo al cinema nel secondo e nel terzo capitolo di Diabolik dei Manetti Bros. e a gennaio di nuovo in Mare fuori. Ci sentiamo il giorno del suo ultimo ciak sul set della terza stagione, ed era inevitabile partire da qui.

Cosa prova quando finisce un progetto importante come Mare fuori?
«È sempre molto commovente. Nel caso di Ciro ogni anno dico che sarà un addio, ma non lo è. Quando finisco un progetto da una parte c'è la gioia per aver terminato un lavoro e dall'altra c'è lo smarrimento perché quello che ti sei portato addosso e che hai costruito per mesi deve lasciarti. È come se avessi due anime nello stesso corpo e, a un certo punto, fossi costretto a fare a meno di una per accoglierne un'altra. Quando saluto un personaggio è come se riprendessi la lucidità e la consapevolezza».

C'entra il metodo Stanislavskij, a cui si rifà?
«È una cosa che non è mai conscia nel momento in cui la vivo. Quando interpreto un personaggio la mia vita privata cambia e mi porta a vivere la stessa condizione del ruolo che interpreto. Se interpreto un latin-lover comincio a essere mondano, ad andare ballare anche se non mi piace. Sarà per questo che, spesso, mi ritrovo nell'armadio dei vestiti che non mi piacciono e che non avrei mai comprato. Funziona così».

Tutto questo si riflette anche sul fisico, visto che lei per i ruoli spesso perde peso (come per Ciro) e acquista peso (come Lorenzo).
«Non posso pensare di fare tutti i personaggi uguali dal punto di vista fisico. Per Sopravvissuti mi sono fatto crescere la barba e ho preso 15 chili, allenandomi tanto e mangiando delle cose specifiche. Ho mantenuto quel peso anche in Diabolik, mentre per Mare fuori ho riperso peso perché dovevo interpretare un diciottenne».

Come vive queste trasformazioni così estreme?
«Spesso mi chiedo: ma chi me lo fa fare? È una scelta mia, e ha il suo prezzo. Dimagrire in tempi rapidi, per esempio, ti porta a una continua spossatezza anche dal punto di vista mentale. Però non posso fare altrimenti: mi sentirei un impostore se non lo facessi».

Se fosse in America probabilmente vincerebbe l'Oscar anche solo per questo, lo sa?
«È da quando sono bambino che sogno la statuetta, anche se a pelle non mi sento un attore molto americaneggiante. Più italoamericano».

Giacomo Giorgio «Dedicato alla nonna»

Si ricorda l'ultima volta che è stato sé stesso, senza accogliere dei personaggi?
«Dalla pandemia. Quello è stato l'ultimo momento in cui sono stato da solo con me stesso».

Le manca?
«Approcciare i ruoli in questo modo ha evidentemente un prezzo, perché a un certo punto non sai mai davvero bene chi sei. Allo stesso tempo sento il bisogno di ospitare un'altra anima per essere qualche cosa. È dalla prima stagione di Mare fuori che cerco di non stare mai fermo».

Si dice spesso che non c'è un'età per arrivare al giusto grado di consapevolezza di sé: lei a che punto è?
«Credo di non sapere minimamente chi sono, ma di sapere anche che c'è bisogno di non chiudermi nel mio mondo immaginario perché, se lo facessi, non avrei materiale con cui creare i miei personaggi. Sono all'inizio di un bellissimo viaggio».

Com’è stato, invece, calarsi nei panni di un ragazzo più grande di lei?
«Ho sentito una responsabilità molto grande. Quando interpreti un personaggio più piccolo è più semplice, perché ripercorri un’età che hai già vissuto. Interpretare Lorenzo è stato, invece, un lavoro di immaginazione non indifferente che, alla fine delle riprese, mi ha portato ad avere i miei primi capelli bianchi. Si tratta di un ruolo complesso, visto che parliamo di un ragazzo orfano che ha affrontato il carcere. Per costruirlo mi sono ispirato a Macbeth, partendo da quella linea oltre la quale un uomo non è più un uomo e diventa qualcos'altro».

 È mai sopravvissuto a qualcosa?                 
«A un’aggressione. Ero giovane e, a Milano, un ragazzo molto violento e aggressivo, per una questione di sguardi, venne da me e mi tirò una testata. Sono grande e grosso, ma totalmente incapace di difendermi e far male a una mosca. Ricordo quell’episodio con molta paura».