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Giornata mondiale per la lotta contro l’AIDS: il 20 per cento dei nuovi casi sono donne che hanno avuto rapporti sessuali non protetti

Sappiamo tutti che se esistono Giornate mondiali dedicate a un tema, significa che su quel tema occorre sensibilizzare, fare informazione e cultura. Oggi, 1° dicembre, è la Giornata mondiale per la lotta contro l’AIDS: questo ci fa capire che l’AIDS non è una sindrome relegata agli anni Ottanta e Novanta, ma che esiste ancora oggi. Non è ancora stata debellata. «Per farlo, c’è bisogno del contributo di tutte e tutti per raggiungere l’obiettivo di diffondere un’informazione corretta e aggiornata, contrastare lo stigma e impegnarsi in azioni pratiche che chiunque può compiere per essere più sierocoinvolto/a», afferma Bruno Marchini, Presidente di Anlaids, la prima associazione nata in Italia, nel 1985, per combattere l’HIV. 

Sierocoinvolto significa non girare la faccia dall’altra parte, informarsi. Tante sono le domande, i luoghi comuni, i falsi miti, che ruotano intorno al virus dell’HIV. Per esempio, si possono avere rapporti non protetti in sicurezza tra persone sierodiscordanti (una persona HIV positiva e un’altra HIV negativa)? Cosa significa U=U? Quali sono le maggiori criticità nella lotta all’HIV? Quali le categorie più a rischio? È possibile prevenire oltre che curare? 

Ecco, voi sapreste rispondere? A tal proposito, Anlaids lancia la campagna HIV: tu cosa fai per sconfiggerlo?, proprio in occasione della Giornata mondiale per la lotta contro l’AIDS: un racconto corale, tra gesti quotidiani e lotte storiche, con al centro i volti e le storie di persone comuni e degli attivisti di Anlaids, per sensibilizzare l’opinione pubblica e avanzare proposte concrete per soluzioni incisive.

Una campagna portata avanti con ritratti degli attivisti di Anlaids e di persone vicine all'associazione, ma anche un video monografico per ciascuno di loro e un video corale per celebrare la chiusura della campagna. Ci sono Alice, che si dedica alla prevenzione nelle scuole; Claudia, che è infettivologa e si occupa di fare informazione; Michele e Abubakar, che organizzano e somministrano i test... Al centro, l’invito a unirsi a questo impegno a partire da una domanda: e tu? Cosa fai per sconfiggerlo?

Perché tutti possiamo fare qualcosa, a partire dalla prevenzione e da una sessualità vissuta in modo consapevole. «Quello di oggi è uno scenario profondamente cambiato da quando Anlaids è stata fondata quasi quarant’anni fa – prosegue Marchini - E con esso sono mutate anche le sfide che la nostra Associazione si trova ad affrontare: resta centrale la prevenzione, soprattutto tra le nuove generazioni, che non conoscono il virus e non hanno ricevuto un’educazione sessuale a scuola». 

Secondo i dati raccolti dal Centro operativo AIDS (CoA) dell’Istituto superiore di sanità, l’88,1% delle nuove diagnosi di infezione da HIV è riconducibile a contagi avvenuti durante rapporti sessuali non protetti da preservativo: di queste, il 42,4% riguarda persone eterosessuali, il 45,7% MSM (Men who have sex with men) e il 20,5% son donne. È da notare come la maggiore percentuale di MSM è in correlazione con la maggior propensione di questi a sottoporsi a test di controllo, dopo comportamenti a rischio.

Si osserva poi un aumento della percentuale di persone a cui viene diagnosticata tardivamente l’infezione da HIV, cioè quando presentano bassi CD4, passando dal 53,4% del 2014 al 63,2% del 2021. Il 62,9% delle nuove diagnosi di persone di sesso femminile rilevano CD4 inferiori a 350 cell/μL, e ben il 45,1% delle diagnosi con concomitante Aids, poi, sono correlate a un valore inferiore a 200 cell/μL, che indica un sistema immunitario già seriamente compromesso.

Il che pone una questione fondamentale: la mancanza di abitudine al monitoraggio della propria salute sessuale ha portato nel 2020 a un aumento della percentuale di diagnosi effettuate in una fase avanzata della malattia, ben il 41%. Infatti, il 37,1% delle nuove diagnosi viene rilevato a seguito di un test effettuato solamente quando si manifestano sintomi che possono essere HIV correlati.

«Bisogna stare attenti: se i progressi nella lotta all’HIV fatti negli ultimi anni ci hanno permesso di tenere sotto controllo le infezioni – conferma Marchini - È però evidente come a un abbassamento dell’attenzione sul tema corrisponderà inevitabilmente il riaffermarsi della malattia».

Colpisce che le donne, di solito più concretamente attive nell’ambito della prevenzione delle malattie, in questo caso, siano più carenti: «Due considerazioni: le donne accedono meno al test perché si è parlato di una infezione che colpiva omosessuali e tossicodipendenti – commenta Marchini - Le donne hanno famiglia a cui badare, figli da accudire e famigliari da assistere, quindi meno tempo per pensare alla prevenzione: inoltre, se propongono agli uomini l'utilizzo del profilattico, per esempio, sono stigmatizzate come se fossero tutte predatrici sessuali.