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I vincoli di Mattarella su Ue e Nato. Draghi non sarà suggeritore di Meloni

UNA TRANSIZIONE ordinata e la nascita di un governo ancorato in Europa, con solida proiezione atlantista. Sono i binari sui quali Mario Draghi e Sergio Mattarella, ciascuno per le sue competenze, hanno già indirizzato la fase politica che si apre alla chiusura delle urne. Se Giorgia Meloni, come sembrano dire i risultati, sarà candidata alla presidenza del Consiglio da una maggioranza di centrodestra, potrà contare sulla massima collaborazione, in un momento delicatissimo per la tenuta economica del Paese, da parte del premier uscente.

Ma non bisogna aspettarsi ministri “di Draghi”, suggeriti da lui in un ruolo di consigliere-ombra: non lascerà, assicura chi gli è vicino, la sua impronta sul governo. Sarà il capo dello Stato - è nelle sue prerogative e intende anche questa volta esercitarle - a vigilare, a partire da quattro ministeri di garanzia: Esteri, Interni, Difesa e naturalmente l’Economia.

Le consultazioni per il prossimo governo

Secondo le ipotesi che si fanno in queste ore al Quirinale il gran ballo delle consultazioni dovrebbe aprirsi non prima del 20 ottobre, dopo l’insediamento delle Camere e l’elezione dei rispettivi presidenti.

L’auspicio è fare presto, per permettere al nuovo governo di avere più giorni possibile per scrivere la manovra ed evitare di finire in esercizio provvisorio di bilancio. Ma nessuno si aspetti una gestione frettolosa: Mattarella farà tutto quanto serve per verificare una maggioranza in entrambi i rami del Parlamento abbastanza solida, da riuscire a governare un tornante delicato della storia, con la guerra in Ucraina, la minaccia atomica di Putin, l’inflazione alle stelle e i segnali di rallentamento dell’economia.

Un tornante lungo il quale la politica estera del nostro Paese non potrà deragliare dai due principi cardine che il capo dello Stato ha applicato a ben quattro governi: europeismo e atlantismo. L’Europa, prima di tutto. Con la responsabilità di essere Paese fondatore e aver fatto storicamente da capofila con alleati come Francia e Germania, non da freno alle decisioni con Paesi come quelli del fronte Visegrad, l’Ungheria, la Polonia.

Solo due settimane fa, nel corso di una visita in Albania, Mattarella sottolineava l’importanza di proseguire nell’impegno collettivo per un tetto al prezzo del gas e nel mantenere una «forte pressione sulla Russia attraverso le sanzioni» per aprire spiragli di dialogo». L’europeismo e atlantismo dovranno emergere dai profili dei ministri di Esteri, Interni, Difesa ed Economia. Lo insegna il precedente dello stop di Mattarella a Paolo Savona, nei giorni travagliati della nascita dell’alleanza gialloverde, con tanto di richiesta di impeachment cui Meloni si unì.

È una partita, quella della formazione del nuovo governo, in cui Draghi assicura di non voler entrare. Spingerà il suo impegno fin dove lo richiederà la transizione. Sarà nelle prossime settimane ai vertici europei di Alicante, Praga e Bruxelles, per provare a incassare avanzamenti sul fronte energia. Mentre - sono convinti a Palazzo Chigi - sarà con ogni probabilità il nuovo premier a debuttare al G20 di metà novembre a Bali. Fino al passaggio di consegne presidenza del Consiglio e ministeri seguiranno l’avanzamento del Pnrr, per poi aiutare chi subentrerà con un elenco delle urgenze. Questo Draghi intende per transizione ordinata. Non certo far da “mentore” al nascente esecutivo di centrodestra - che nelle premesse appare distante per alcune idee di fondo dal premier - come l’ipotesi di un ministro ex Bankitalia al Tesoro come Fabio Panetta farebbe pensare.

Con Meloni però il rapporto è sempre stato corretto e non si è deteriorato come con Salvini: il dialogo non mancherà. Ne sono convinti in casa FdI, tanto da ‘candidare’ già l’ex banchiere a ruoli - di là venire - come il vertice di Commissione o Consiglio Ue o inviato speciale per l’Ucraina.

Più realistico apparirebbe, il prossimo anno, il vertice Nato. Ma al di là dei dubbi di qualcuno sul potere contrattuale che potrà avere la leader di FdI, Draghi assicura ai collaboratori di non essere interessato a nessun incarico. Neanche il Quirinale? Mattarella, rispondono a Chigi, ha un mandato di 7 anni. Ma il premier, che gode ancora di grande consenso nei sondaggi e viene applaudito al seggio, non sembra voler sparire a Città della Pieve: continuerà a far sentire la sua voce. Del resto smentisce chi sostiene che abbia lasciato il governo per stanchezza: non c’era più maggioranza.