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Il gradimento del governo e della Meloni sono in calo, ma le Regionali saranno un refrigerio per il centrodestra

Il centrodestra di governo è assillato da mille tormenti e vive di mille sgambetti. Cattiva comunicazione all’esterno, liti vere all’interno, tensioni tra premier e ministri si susseguono. Intercettazioni (e riforma della giustizia), balneari (e riforma della concorrenza), invio delle armi all’Ucraina (e politica estera), autonomia differenziata (e riforme istituzionali) stanno facendo fibrillare, ogni giorno, la maggioranza. Ed effettivamente, un certo appannamento dell’immagine del governo, nei sondaggi, si nota. Il paradosso è che, invece, a livello di elezioni regionali in Lazio e in Lombardia, il centrodestra resta saldamente avanti in tutti i sondaggi e – anche per le divisioni delle opposizioni – sembra avviato a una, se non facile, di certo netta vittoria che potrebbe portare un po’ di bel tempo sereno anche dentro i difficili rapporti nella coalizione. Ma vediamo prima il dato generale sul gradimento del premier, del governo e dei partiti.

L’indice di gradimento per il governo cala…

E qui, ovviamente, la prima vera flessione per il governo Meloni viene subito registrata dai sondaggisti. Nel sondaggio pubblicato Nando Pagnoncelli (Ipsos) su Il Corriere della Sera di ieri fa impressione il calo di tre punti rispetto a dicembre nei voti positivi per la premier, con l’indice di gradimento che si riporta sui valori di inizio mandato. Indice di gradimento che si attesta al 51% per l’esecutivo (-3%) e al 53% per la premier (-5%). A incidere, di certo, il caro carburanti su tutti gli altri temi, al momento ancora secondari presso il grande elettorato, come l’autonomia differenziata, la riforma della Giustizia, il dibattito sulle intercettazioni, il presidenzialismo, decisamente poco sentiti.

Certo, Fratelli d’Italia e il centrodestra restano comunque saldamente in vetta tra partiti e alleanze negli orientamenti di voto, stabile in seconda posizione il Movimento 5 Stelle, si ferma il crollo ma è ancora mezzo impantanato il Pd in attesa di quelle primarie che dovrebbe dare il via a una nuova era.

E’ già finita la ‘luna di miele’ con gli italiani?

“Sarebbe azzardato sostenere che si tratti della famosa ‘luna di miele’ degli italiani con gli italiani con l’esecutivo di centrodestra – spiega Noto – ma si tratta di una battuta d’arresto in cui sono incappati diversi governi precedenti ben prima della fine della luna di miele. Una sorta di ‘rimbalzo’ negativo dopo l’aumento delle aspettative legate al nuovo scenario politico”. Il punto focale è che il 64% degli italiani è insoddisfatto della gestione del caro carburanti, a seguito della mancata proroga del taglio delle accise, principale priorità degli italiani già all’atto dell’insediamento del nuovo governo. Ma anche gli altri temi messi in agenda dall’esecutivo e che stanno procurando forti tensioni nella maggioranza (autonomia differenziata, intercettazioni telefoniche, riforma in senso presidenziale dello Stato) non convincono gli elettori. Ovviamente, l’insoddisfazione generale si ripercuote anche sugli orientamenti di voto.

Il calo, per la prima volta, dei consensi a FdI

Dopo la forte crescita dei mesi scorsi, FdI, che pure resta saldamente il primo partito (con il 30,5%) fa registrare un calo (-1,2%) a fronte di una ripresa della Lega, che raggiunge l’8,3% (+0,5%) e si avvicina al risultato delle politiche, e di Forza Italia che sale al 6,8% (+0,8). Nel campo delle opposizioni il M5s consolida il suo secondo posto, portandosi al 18,2% (+0,6%), cioè ai livelli del 2020. A seguire c’è il Pd che sembra aver arrestato il trend negativo degli ultimi mesi, attestandosi al 16,4%, il Terzo Polo con il 7,1% e l’Alleanza Verdi-Sinistra al 4,1%. Insomma, le opposizioni godono di un sussulto di positività e iniziano a incalzare un po’ meglio il governo.

Inoltre, stando ai dati freschi freschi di ieri della Supermedia-Youtrend, per esempio, Fratelli d'Italia cala ancora nelle preferenze degli italiani. Una flessione lieve, certo, eppure sufficiente a certificare, a una settimana di distanza dall'ultima rilevazione dello stesso istituto di ricerca, che il partito di Giorgia Meloni, stretto tra le polemiche sulle intercettazioni, la giustizia e le riforme, ha perso lo smalto dei primi mesi di governo. Fratelli d'Italia resta alto, sempre per Youtrend, ma si attesta nuovamente sotto al 30% delle preferenze, perdendo lo 0,6% rispetto alla scorsa settimana e attestandosi al 29,7%. FdI è ancora, dunque, il primo partito, seguito dal M5s al 17,7%, unica formazione a restare stabile in classifica, con lo 0,1% in più rispetto all'ultima rilevazione del 20 gennaio mentre calano vistosamente Pd e Lega.

Il Pd scende dello 0,4% e non supera la soglia del 15,6%. Un dato di qualche punto inferiore, però, a quello diffuso da Euromedia Research per Porta a Porta, che dava il Pd a un consolante 17,2%.

Quasi il doppio, in ogni caso, delle preferenze del Carroccio, perché la Lega di Matteo Salvini resta ancorata sotto al 10%, con un 8,5% di consensi che segna un -0,5 rispetto alla scorsa settimana.

Il centrodestra resta però la prima coalizione

Nella coalizione del centrodestra (che in totale perde l'1,3 per cento e scende al 46,2 per cento), per Youtrend calano invece anche Forza Italia (una flessione minima dello 0,1% che porta il partito di Silvio Berlusconi appena al 6,8%) e Terzo Polo (7,7%%, pari allo 0,2 in meno).

Certo, nel complesso, il centrodestra mantiene un ampio vantaggio sul centrosinistra (48,6% contro 22,5%), rispetto a quello uscito dalle urne (43,8% a 26,1%), passando da +18 punti a più di 24. Una distanza, al momento, decisamente abissale. Ma l’indice di gradimento in netto calo per la premier e, soprattutto, per il governo, sono una spia eloquente e inquietante che qualcosa non va. 

Ma guardando alle Regionali il quadro cambia

Il paradosso è che, se invece si guarda ai sondaggi per le prossime elezioni regionali, non vi sono dubbi che a vincerle sarà il centrodestra. Domenica 12 e lunedì 13 febbraio verranno chiamati alle urne i cittadini del Lazio e della Lombardia per il rinnovo dei Consigli regionali e l’elezione dei rispettivi presidenti di Regione.  E, nonostante si tratti di una doppia consultazione regionale (e in due regioni molto importanti), per molti commentatori l’appuntamento rappresenta il primo test per il governo Meloni e per il centrodestra dopo la vittoria alle Politiche. Un test, oggettivamente, particolarmente importante tenuto conto del numero degli elettori coinvolti (poco più di un quarto degli elettori italiani), della dimensione delle due regioni (le due più grandi d’Italia) e della loro rilevanza come cuore politico ed economico del Paese.

Il ‘segreto’ del centrodestra non è molto difficile da scoprire: si presenta unito in entrambe le regioni, candidando Attilio Fontana alla riconferma in Lombardia e il presidente della Croce rossa italiana Francesco Rocca nel Lazio. Due nomi non brillanti, anzi: molto discussi (Fontana per come ha amministrato nei cinque anni precedenti, Rocca per il suo passato personale), ma le opposizioni giocano con schemi diversi nei due casi, dividendosi in modo irrimediabile. E dunque votandosi alla sconfitta.

Le contraddittorie coalizioni delle opposizioni condannano i loro candidati alla sconfitta

Un fronte “Giallorosso” in Lombardia, con una coalizione a sostegno di Pierfrancesco Majorino che tiene insieme il Pd, il M5S e la sinistra, mentre il Terzo polo candida l’ex assessore di Fontana, Letizia Moratti. Convergente al centro, invece, il centrosinistra, nel Lazio, dove l’assessore uscente della giunta Zingaretti, Alessio D’Amato, è sostenuto dal Pd e da Azione-Italia viva, insieme ad altre liste di centrosinistra, mentre il Movimento 5 Stelle propone, insieme al Polo progressista (i rossoverdi) la conduttrice della Rai Donatella Bianchi.  Un errore doppio e capitale, quello di dividere le forze e il campo delle opposizioni, che allo stato li condanna a una sicura sconfitta.

Lo scenario del Lazio è molto contraddittorio

Nel Lazio si arriva al voto in uno scenario in chiaroscuro. Se oltre sette cittadini su dieci si dichiarano soddisfatti della qualità della vita nella loro zona, il giudizio sull’operato dell’amministrazione Zingaretti è più tiepido: solo il 50% dà un voto pari almeno a 6 in una scala da 1 a 10, mentre il 47% si esprime invece in maniera critica. Le priorità tematiche sono senza dubbio i trasporti e le infrastrutture (in particolare a Roma), la sanità (di cui D’Amato è stato assessore in questi anni, peraltro particolarmente apprezzato dai cittadini durante la fase più acuta della pandemia) e i rifiuti (con la persistenza delle criticità nella Capitale). Un quadro quindi che non è favorevole al candidato del centrosinistra che ha governato la regione negli ultimi dieci anni. Eppure, D’Amato parte in vantaggio rispetto ai suoi avversari in termini di notorietà: il 61% dichiara di conoscerlo, almeno nominalmente, contro il 47% di Rocca e Bianchi. Non sembra giovare più di tanto, quindi, neppure la visibilità televisiva alla conduttrice di Linea blu che corre per il M5S.

I dieci punti di vantaggio del candidato Rocca, nonostante sia D’Amato quello più conosciuto

I tre candidati – in base all’ultimo sondaggio Ipsos - si posizionano su livelli di gradimento tutto sommato analoghi: si va dal 30% di Bianchi al 34% di D’Amato. Rocca piace relativamente di più agli elettori orientati all’astensione, ma beneficia soprattutto della forza e dell’ampiezza della coalizione di centrodestra a suo sostegno. Nelle intenzioni di voto Rocca è stimato al 41,2%, circa 7 punti sopra D’Amato (al 34,1%). Più indietro Bianchi, che non arriva al 20%.

Tra i partiti si confermano gli equilibri già registrati in regione alle Politiche, anche se ogni confronto va valutato con molta cautela tenuto conto della presenza di liste civiche (che rende disomogenea la comparazione) e della possibile astensione dal voto di lista (elettori che votano un candidato ma non indicano un partito). Ebbene, FdI è nettamente primo, vicino al 30%, Lega e FI si collocano su valori tra loro simili, appena sopra il 5%, il Pd si attesta al 21,2%, Azione-Iv al 6,5% e il M5S al 15,7%.

Il candidato del centrodestra si presenta quindi con un vantaggio corposo, anche se la partita non può dirsi ancora chiusa alla luce di diversi elementi: innanzitutto la presumibile crescita della notorietà di Rocca e Bianchi nelle ultime due settimane di campagna elettorale; in secondo luogo, le decisioni di chi oggi si dichiara indeciso o orientato all’astensione. Da ultimo, il «traino» dei partiti: finora Rocca appare più debole della sua coalizione (che raggiunge il 43% dei voti validi) mentre D’Amato riesce a strappare un 1,2% di voto disgiunto che potrebbe, espandendosi, rappresentare una chiave di contendibilità della vittoria finale. Ma, allo stato, non vi sono dubbi: la coalizione più forte e unita, quella del centrodestra, dovrebbe infine prevalere.

Lo scenario in Lombardia. Favorito Fontana

Venendo alla Lombardia, tutti gli scenari possibili per le prossime elezioni regionali in Lombardia danno come vincente l'attuale presidente della coalizione di centrodestra Attilio Fontana. È il risultato di un articolato sondaggio effettuato sempre dall'istituto Ipsos che ha valutato gli esiti diversi in base ai tre principali sfidanti al voto del 12-13 febbraio: Fontana, Majorino e Moratti.

Le tre fasce percentuali stimate in base al voto di lista vedono, però, in questo caso, solo delle forchette: il 40,8-46,8% per Fontana, il 31-36 per cento per Majorino e il 17,5-20,5 per cento per Moratti. Qui la stima per l'affluenza appare alta: tra il 62 e il 67 per cento.

Si tratta di risultati che non riguardano il voto disgiunto. Le previsioni presuppongono che Fratelli d'Italia (che sta al 24,2-29,2 per cento di voti validi), Forza Italia, Lega (9,3.12,3 per cento) e le altre liste e partiti del centrodestra confluiscano nell'attuale governatore. Così come accade per Majorino, che coagula i voti del Partito democratico (14,9-17,9 per cento di voti validi), del Movimento 5 stelle (5,9-7,9 per cento) e delle altre liste di sinistra. Mentre Moratti, oltre alle liste civiche minori, concentra su di sé il voto dei partiti centristi (Italia viva e Azione).

Altre le stime se ci si riferisce all'ipotesi del voto disgiunto, permesso dalla legge elettorale. In questo caso è significativa la perdita di 4 punti percentuali per Attilio Fontana, che andrebbero ad agevolare la scalata di Letizia Moratti. Questo perché gli elettori che votano Lega, Forza Italia e partiti di centrodestra guardano con favore alla candidata del Terzo Polo più che al governatore. Ma anche se Fontana dimostra scarsa presa sull'elettorato di Fratelli d'Italia, quest'ultimo non si dirige comunque volentieri verso Moratti, che non raggiunge neppure la sufficienza tra gli stessi elettori del centro, che invece apprezzano Majorino e in alcuni casi addirittura lo preferiscono. Il candidato di centrosinistra, d'altra parte, compensa con i voti di centro il carente e intermittente sostegno dai votanti dei 5 stelle. Morale, neppure col voto disgiunto ce la farebbe.

La soglia della sufficienza (5.6 su 10) è invece il voto che gli intervistati danno all'attuale presidente di regione Attilio Fontana. In merito, invece, alla qualità della vita nella loro zona, i residenti della regione Lombardia si dicono in media soddisfatti, con un 7.1 su 10. Gli obiettivi da affrontare, secondo gli elettori, sono la sanità territoriale (menzionata dal 62 per cento degli intervistati), la sicurezza dei cittadini (al 40 per cento) e la sanità specialistica (al 32 per cento). A seguire, i trasporti regionali (al 32 per cento) e il sostegno all'economia e alle aziende (27%).

Majorino e Moratti non erano sovrapponibili

Insomma, anche se gli ultimi sondaggi pubblicati in queste settimane, non solo da Ipsos, vedono scenari molto differenziati, la linea di tendenza è chiara: Fontana sta per succedere a se stesso, anche se la partita è più aperta che in passato. Alcuni sondaggi vedono Majorino indietro di 5-6 punti, come quello pubblicato il 26 gennaio da Izi (Fontana al 45%, Majorino al 39,5%, Moratti al 14%), altri lo vedono rincorrere 10 punti dietro, ma in ogni caso, anche se con più difficoltà, la vittoria di Fontana sembra davvero assicurata. Qui però va detto che, a differenza del Lazio, dove le opposizioni avrebbero potuto trovare un candidato comune (convergendo su D’Amato, per esempio, forte di suo), in Lombardia la ipotetica convergenza tra Majorino e Moratti era impossibile sia per programmi che per profilo dei due candidati, non sovrapponibili né alleabili. Risultato, anche qui una vittoria del centrodestra. E così il governo Meloni, pur in calo nei sondaggi e nel gradimento dell’elettorato a livello generale, a metà febbraio potrà trovare nuovo slancio e linfa da due vittorie già annunciate in due regioni così importanti come sono Lazio e Lombardia.