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“La battaglia è nazionale”, cento anni fa la marcia su Bolzano e Trento (FOTO): fine dei sogni di autonomia e tutela delle minoranze

TRENTO. Cento anni fa, in circa 6 giorni d’operazioni, qualche migliaio di fascisti ai comandi di Farinacci, De Stefani, Starace e Giunta occupavano le città di Bolzano e di Trento, ponendo fine all’amministrazione del commissario civile Luigi Credaro. In un’azione spettacolare diretta contro lo Stato, le camicie nere cancellavano così ogni prospettiva da una parte per la tutela del gruppo tedesco e dall’altra per le aspirazioni autonomistiche dei trentini.

Tutto prese avvio il giorno 30 settembre, su ordine esplicito di Mussolini. A partire dal 27, nella città di Bolzano giunsero alla spicciolata diverse squadre fasciste provenienti da Lombardia, Veneto e Trentino. A guidarle alcuni fra i principali ras nazionali, da Roberto Farinacci a Francesco Giunta, da Alberto De Stefani ad Achille Starace, già ri-fondatore del debole e rissoso fascismo trentino (QUI l’articolo). E ancora: Antonio Arrivabene e Italo Bresciani, protagonisti delle violenze nel Mantovano e nel Veronese.


Volantino distribuito dal Comando generale delle squadre a Bolzano durante il raid sulla città di settembre-ottobre 1922 (Credits to Fondazione Museo storico del Trentino)
Volantino distribuito dal Comando generale delle squadre a Bolzano durante il raid sulla città di settembre-ottobre 1922 (Credits to Fondazione Museo storico del Trentino)

(Volantino distribuito agli squadristi accorsi a Bolzano dal 27 settembre 1922. Il documento è conservato dalla Fondazione Museo storico del Trentino)

Primo obiettivo dell’azione, ampiamente sottovalutata da autorità civili e militari (da Il fascismo delle origini nella Venezia Tridentina di Sergio Benvenuti), fu un edificio scolastico: era la notte del primo giorno di operazioni, quando Giunta e i suoi entrarono nell’Elisabethschule, principale scuola tedesca della città. Disarmata la debole pattuglia di carabinieri posta a presidio, le camicie nere rendevano fattiva la minaccia avanzata giorni prima dal Fascio cittadino contro il sindaco Julius Perathoner.

In un ultimatum pieno di richieste inattuabili, i fascisti del posto – coordinati dal ras della Venezia Tridentina Starace – avevano infatti lanciato la loro sfida non tanto a un’amministrazione cittadina apertamente irredentista. Come scriveva lo storico trentino Benvenuti: “L’azione (su Bolzano, nda) non era rivolta che apparentemente contro gli altoatesini tedeschi: in realtà era rivolta contro il governo. Essa si presentava sotto l’aspetto della difesa dei diritti nazionali della minoranza italiana dell’Alto Adige, che il governo si era mostrato incapace di far valere”.

Ribattezzata la scuola “Regina Elena”, in onore della consorte di Vittorio Emanuele, i fascisti ottenevano un primo risultato, ribadendo definitivamente la lealtà alla Corona dopo anni di ambiguità. Ma l’azione, a quel punto, non era che cominciata. Nuovo bersaglio delle squadre diveniva il borgomastro Perathoner, da poco riconfermato alla guida della città dallo stesso monarca.

Mentre Bolzano si trasformava in teatro di soprusi e angherie contro la popolazione, spronati dall’aggressiva retorica del nazionalista Ettore Tolomei (QUI e QUI degli approfondimenti), nel pomeriggio del 2 ottobre gli squadristi penetravano nel palazzo comunale superando senza problemi lo schieramento di carabinieri e guardie di finanza posto a sua difesa. Perathoner, in virtù di un decreto regio inviato da Roma con urgenza, veniva così deposto.

Ottenuti i risultati sperati a Bolzano, lo stesso destino toccava ora al capoluogo regionale Trento, sede dell’odiato Commissariato civile. Alla luce di quanto avvenuto, Credaro, spaventato dalla concentrazione di camicie nere in città, affidava i poteri per la tutela dell’ordine pubblico all’autorità militare, nello specifico al comandante della 7ª divisione generale Clemente Assum. Il comportamento delle forze di pubblica sicurezza, tuttavia, si sarebbe dimostrato decisivo per le sorti della marcia.


Volantino distribuito dal Comitato centrale del Partito nazionale fascista durante la permanenza degli squadristi a Trento (Credits to Fondazione Museo storico del Trentino)
Volantino distribuito dal Comitato centrale del Partito nazionale fascista durante la permanenza degli squadristi a Trento (Credits to Fondazione Museo storico del Trentino)

(Volantino distribuito alle camicie nere concentrate in Trento dalla delegazione del Comitato centrale del Pnf. Il documento è conservato dalla Fondazione Museo storico del Trentino)

Lo stesso Assum, infatti, partecipò all’incontro fra Credaro e i capi fascisti Buttafuochi, De Stefani, Farinacci e Starace, organizzato il pomeriggio del 4 ottobre nel palazzo del Commissariato, in Piazza Dante, al seguito del quale la delegazione fascista emetteva un comunicato intimando al commissario civile di dimettersi. Alle 2 del mattino del giorno successivo, Farinacci ordinava ai 3000 fascisti acquartierati a Trento di schierarsi di fronte al palazzo.


I fascisti, vincitori, posano di fronte al palazzo del Commissariato civile di Piazza Dante, a Trento (Credits to Fondazione Museo storico del Trentino)
I fascisti, vincitori, posano di fronte al palazzo del Commissariato civile di Piazza Dante, a Trento (Credits to Fondazione Museo storico del Trentino)

La presenza delle camicie nere, numerosa e inquietante, trovava nella remissività delle forze dell’ordine schierate a difesa del palazzo la chiave per il successo. Nei giorni successivi, l’ispettore di Pubblica sicurezza Paolo Di Tarsia commentava così nella sua relazione al governo l’atteggiamento dei militari: “Si permise che le prime squadre fasciste girassero alcune in divisa, con l’elmetto, alcune manifestatamente armate di rivoltella, senza procedere nemmeno ad un arresto, né a Bolzano né a Trento, dove pure la concentrazione non poté avvenire istantanea, ma poco per volta”.

Dopo ore di trattative, Credaro abbandonava il palazzo, dirigendosi in treno verso Roma. Ai fascisti si ordinava pertanto di ritornare negli acquartieramenti, l’obiettivo era centrato. Il giorno 10, il Consiglio dei ministri sopprimeva il Commissariato di Trento, sostituendolo con un prefetto. Francesco Salata, reggente dell’Ufficio centrale per le terre redente e anch’egli oggetto delle sfuriate scioviniste di fascisti e nazionalisti, si dimetteva, ponendo fine all’esperienza dell’Ufficio stesso.


Fascisti riuniti in piazza Dante, a Trento, il 4 ottobre 1922. In primo piano, sulla destra, si può notare Achille Starace (foto contenuta nel libro
Fascisti riuniti in piazza Dante, a Trento, il 4 ottobre 1922. In primo piano, sulla destra, si può notare Achille Starace (foto contenuta nel libro "Trento provincia del Reich" di Piero Agostini, del 1975, e conservata dalla Fmst)

Conclusa con un trionfo, la marcia su Bolzano e Trento veniva salutata con giubilo dai fascisti. Si era trattato di una dimostrazione di grande forza, tanto che dalla pagine de Il Popolo di Trieste, Francesco Giunta scriveva: “L’ultima azione fascista su Bolzano e su Trento non è stata eseguita da un partito, ma da uno Stato in potenza. Non è stata l’affermazione di un postulato programmatico, ma l’applicazione di un principio di politica statale”.

Da qui in poi, dopo sparute ma significative avvisaglie (vedi QUI e QUI degli esempi per Alto Adige e Trentino), anche per questa zona d’Italia s’apriva un’epoca buia. Un’epoca dove ogni spazio per le istanze autonomistiche veniva cancellato, sancendo la vittoria del principio centralistico. Nucleo e sorgente del fascismo locale, fu l’Associazione nazionalista italiana di Trento a festeggiare con un volantino il trionfo fascista:


Volantino distribuito dalla sezione trentina dell'Associazione nazionalista italiana ai margini della marcia su Trento (Credits to Fondazione Museo storico del Trentino)
Volantino distribuito dalla sezione trentina dell'Associazione nazionalista italiana ai margini della marcia su Trento (Credits to Fondazione Museo storico del Trentino)

(Volantino distribuito dalla Sezione di Trento dell'Associazione nazionalista italiana ai margini della marcia sul capoluogo della Venezia Tridentina. Al giubilo per la riuscita dell'azione, si accompagna l'invito a esautorare ufficialmente il commissario civile Luigi Credaro e il reggente dell'Ufficio per le terre redente Francesco Salata. Il documento è conservato dalla Fondazione Museo storico del Trentino)