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La destra si prende Aifa, il Pd attacca: "E' una riforma che toglie l'autonomia"

La destra si prende Aifa, l’Agenzia del farmaco italiana che approva e stabilisce il prezzo dei farmaci e che in generale gestisce una spesa per i medicinali di 33 miliardi di euro all'anno. Era nelle cose che il nuovo governo cambiasse, grazie alle regole dello spoil system, ma quella che sta avvenendo è una riforma vera e propria, a colpi di emendamenti (nei due rami del Parlamento al decreto potenziamento Nato e sul servizio sanitario della Calabria) presentati da Forza Italia e Fratelli d’Italia. E così il direttore generale, Nicola Magrini, che poteva essere sostituito dal ministro Orazio Schillaci entro 90 giorni dell’insediamento del governo, vedrà proprio sparire la sua poltrona. Perché la direzione generale non esisterà più.

Le lotte intestine

Quella che sta andando in scena è la vittoria di Giorgio Palù, professore padovano in pensione, che presiede il cda dell’Aifa e in questi giorni passa praticamente quotidianamente al ministero per parlare con Schillaci. Palù e Magrini sono stati come cane e gatto in tutti questi mesi, quelli della pandemia. Tra i due ci sono stati scontri più o meno aperti, anche su come riformare l’agenzia, e sempre una tensione che ha per certi versi bloccato l’importante istituzione. Magrini è stato scelto da Roberto Speranza su suggerimento degli uomini forti della sanità emiliana di un tempo, come l’ex assessore Giovanni Bissoni, visto che aveva lavorato in quella regione. Non ha funzionato, appunto, ha ingaggiato uno scontro continuo con Palù, il quale è riuscito a ritagliarsi spazi come mai nessun presidente aveva fatto, e non ha stretto un rapporto collaborativo con il ministero dello stesso Speranza, cosa che avrebbe potuto aprire a un'ipotesi di riforma diversa.

Il direttore generale scompare, il potere torna tutto a Roma e le Regioni contano meno

Il risultato è che adesso la destra rivoluziona tutto. Appunto fa scomparire il direttore generale e trasferisce il potere di rappresentanza legale al presidente. In più vengono create le figure, già previste in una precedente bozza di riforma, del direttore scientifico e di quello amministrativo. In questo modo c’è il serio rischio di una centralizzazione dell’istituzione che più di tutte era improntata al federalismo. Il direttore infatti lo sceglieva il ministero sentite le Regioni e il presidente le Regioni sentito il ministero. Era un modo per avere tutti rappresentati nell’agenzia. Adesso il presidente sarà indicato con decreto del ministero, d’intesa con le Regioni dove si individueranno funzioni e modalità di nomina dello stesso. Insomma, tutto sarà in mano a Roma. Altra novità è che le due commissioni presenti oggi, una che si occupa di approvare i farmaci (Cts) e l’altra di stabilire il prezzo (Cpr) da 10 membri ciascuna verranno unificate. Nascerà la Commissione scientifica ed economica del farmaco.

I pasticci dei riformatori

La fretta di riformare l’Aifa ha portato ad alcuni pasticci, corretti in corsa. Cpr e Cps scadranno, per una proroga prevista dal governo precedente, fino al 28 febbraio. Inizialmente si pensava di far decadere da subito il direttore ma sarebbe stato un problema trasferire subito tutti i poteri al presidente, con le due commissioni ancora in campo sarebbe stata una riforma a metà. Così il direttore resterà in carica fino al 28 febbraio e a marzo nascerà la nuova commissione. Non è escluso, comunque, che a Magrini venga subito dato il benservito e sia nominato un commissario per questi tre mesi. Per il futuro ci sono incognite. Palù vorrà fare il presidente con tutti i nuovi poteri ma mettere un pensionato per guidare un’agenzia fondamentale e complessa come Aifa sarebbe una scelta molto forte. Non è detto che il ministero la voglia prendere.

Il ministro: "E' il momento di cambiare"

Il ministro Schillaci ieri ha dato alcune indicazioni sul senso della riforma: "Aifa è un organismo importantissimo, che a mio giudizio necessita di una rivisitazione e un ammodernamento. E' stato istituito più di 20 anni fa, credo che ora sia fondamentale andare a rivederne la governance: Aifa deve fare più ricerca e c'è poi l'anomalia di un presidente che non ha la rappresentanza legale dell'Aifa. La riforma va in questa direzione, credo sia un provvedimento giusto per ammodernare l'Agenzia italiana del farmaco". In realtà dall’agenzia ci si aspetta soprattutto l’attività regolatoria, soprattutto l’approvazione dei farmaci, che richiede grandissime conoscenze tecniche per non soccombere di fronte alla tendenza allo strapotere delle aziende, che talvolta hanno la tendenza a mettere in commercio sempre più prodotti (anche non necessari) e a prezzi per loro favorevoli. Inoltre, l'Aifa è tra le più rapide agenzie regolatorie in Europa ad approvare i farmaci e da noi il numeri di quelli rimborsati dal sistema pubblico è il più alto di tutti.

Lorenzin (Pd): "Agenzia snaturata, perde indipendenza"

Dal Pd, l’ex ministra Beatrice Lorenzin ha sostenuto che “non è un bel segnale che il governo scelga di effettuare la riforma della governance di Aifa con due semplici emendamenti della maggioranza in commissione, decontestualizzata e fuori dal dibattito. L'Agenzia Italiana del Farmaco è strategica per il nostro Paese perché, oltre a gestire i 32,2 miliardi di spesa farmaceutica, ad esempio, sovrintende l'autorizzazione all'immissione in commercio dei nuovi farmaci, autorizza le sperimentazioni cliniche svolte su tutto il territorio nazionale, cura l'applicazione delle direttive europee e delle normative nazionali sulla sperimentazione clinica, promuove sperimentazioni cliniche no-profit di tipo comparativo atte a dimostrare il valore terapeutico aggiunto dei nuovi farmaci rispetto a quelli disponibili”. Lorenzin parla di rinuncia all’indipendenza dell’agenzia. “Con la nuova governance accentrata nelle mani del Presidente del Cda, di natura totalmente politica, si snatura la missione dell'Agenzia e la sua natura d'indipendenza scientifica così come il virtuoso equilibrio dei poteri e delle responsabilità”.