Italy
This article was added by the user . TheWorldNews is not responsible for the content of the platform.

La giornata della memoria raccontata ai più piccoli attraverso i libri

Oggi, 27 gennaio, è la giornata della memoria e, come ogni anno, di cose sulla Shoah se ne stanno dicendo tantissime. Eppure, nonostante se ne parli così tanto, sembra che non tutti riescano a comprendere a fondo quello che la storia avrebbe dovuto insegnarci: le discriminazioni, anche quelle antisemite, continuano a esistere ancora oggi, soprattutto tra i più giovani. Ecco perché dovremmo far comprendere in primis ai bambini di oggi, gli adulti di domani cioè, cos’è accaduto davvero illo tempore e per farlo possiamo servirci dei libri che sono stati scritti ad hoc con questo fine. Eccone alcuni.

Olocausto
Olocausto – Nanopress.it

Bisogna continuare sempre a parlare, raccontare, ricordare. La Shoah è una pagina di storia tristissima, ma va letta e riletta proprio per questo motivo: dobbiamo comprendere a fondo cosa ha comportato davvero, perché solo così possiamo imparare a non commettere più alcuni errori. Questo, però, dovrebbe riguardare tutti, non solo gli adulti, ma anche i bambini, a cui potremmo spiegare quello che è accaduto non con le parole, ma con i libri, le graphic novel et similia.

La giornata della memoria

Ricordare fa bene, serve per non commettere più gli stessi errori. Conoscere il passato, analizzarlo, studiarlo, ci può aiutare a capire cosa fare e, soprattutto, cosa nel fare nel presente e come costruire un futuro migliore. Almeno, così dovrebbe essere. Ogni anno, il 27 gennaio, ricordiamo l’Olocausto, le vittime della Shoah, le leggi razziali. Questo giorno – scelto non a caso, perché è la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz – è quello in cui dovremmo tutti fermarci a riflettere. Perché ci sono state persone che sono morte per via della loro “razza”, della loro religione, ma anche persone che hanno messo a rischio la loro vita per poterle salvare.

Eppure oggi, nel 2023, sembra che tutto ciò che riguarda le discriminazioni abbia un sapore attualissimo. Non vi sembra che tutto questo non sia solo alle nostre spalle, ma sia ancora davanti ai nostri occhi? Certo, sia chiaro, non nello stesso identico modo, ma il fatto che non esistano più campi di concentramento non significa che non vi siano altri luoghi che diventano – in un’altra forma – teatro di orrori non uguali, ma comunque simili, appartenenti cioè alla stessa sfera.

Lo osserviamo ogni volta che qualcuno perde la vita per via del suo orientamento sessuale – sia per mano di altri, che per mano sua, ma istigato da altri – oppure per via del colore della sua pelle. Lo osserviamo ogni volta che qualcuno discrimina qualcun altro perché lo ritiene diverso. E lo osserviamo ogni volta che nel mondo anche solo una persona si sente messa da parte da una società non ancora inclusiva.

Cambia il mondo, cambiano le modalità, cambiano i mezzi, ma alla fine le discriminazioni non cessano mai di esistere. Lo dimostrano i dati emersi dall’Osservatorio antisemitismo, da cui si evince chiaramente che l’odio antisemita e razziale in Italia non solo non è mai morto, ma sta crescendo sempre di più: basti pensare che nel 2018 – quindi solo cinque anni fa – sono stati registrati 197 episodi, cioè il 60% in più rispetto all’anno precedente. A questi si aggiungono pratiche come il gruppo Whatsapp The Shoah party – contenente, tra le altre cose, svastiche, inni al nazismo, insulti agli ebrei e tanto altro purtroppo – che ha portato 25 ragazzini di età inferiore ai 14 anni a essere indagati, tanto per citarne una.

Il fatto che siano stati adolescenti e preadolescenti a commettere questo scempio dovrebbe farci riflettere: evidentemente non stiamo tramandando nel modo corretto le nozioni sulla storia e forse la giornata della memoria non basta per ricordare.

Campo di concentramento
Campo di concentramento – Nanopress.it

Probabilmente quello che dovremmo fare è ripartire dai bambini, che saranno i ragazzi e poi gli adulti del futuro. Ecco quindi una carrellata di libri, graphic novel et similia dedicati proprio a loro.

I dieci libri che raccontano la Shoah

Apriamo la lista dei libri sulla Shoah con quello scritto da

C’è poi Nùria Parera, che ci ha raccontato la “Storia di una valigia”. Una valigia che ha saputo viaggiare, attraversando un intero secolo in pratica, partendo dai Pirenei verso i primi anni del ‘900 e arrivando ai giorni nostri. Nel mezzo, il franchismo, deportazioni, le migrazioni. Il libro illustrato (che in Spagna ha vinto numerosi premi), a metà strada tra realtà e fantasia, si incentra su un punto soprattutto: l’uomo è totalmente incapace di imparare dai suoi errori, tanto che poi finisce per commettere sempre gli stessi.

Non è una valigia, ma un baule il protagonista del libro di Andra e Tatiana Bucci, Il baule dei segreti. Tutto parte il 6 dicembre del 1950: le due autrici, intente a preparare l’albero di Natale, salgono in soffitta e proprio lì, sepolto sotto cumuli di roba inutile, trovano un baule enorme. Lo aprono e nel vedere il contenuto rivivono tutta la loro storia fino a quel momento: una scatola di caramelle, un cucchiaio di latta, un cappottino di lana raccontano la storia di una famiglia ebrea che si è trovata a scontarsi con l’orrore dell’Olocausto. E allora Auschwitz, la deportazione, la paura, poi la Liberazione, l’orfanotrofio. Quando tutto sembrava essere finito, proprio allora tutto è iniziato: da quelle tristi stanze dell’istituto le bambine sono uscite e fuori hanno potuto riabbracciare i loro genitori. La storia, quindi, arricchita dalle illustrazioni di Elisabetta Stoinich, ha un lieto fine.

Si chiama invece Tana libera tutti il libro di Walter Veltroni, che racconta una storia vera, quella di Sami Modiano, un ebreo originario di Rodi, che durante la Seconda Guerra Mondiale era solo un bambino. Durante il nazismo perse tutta la sua famiglia: furono tutti deportati ad Auschwitz, ma solo lui riuscì a sopravvivere. Fu tra l’altro uno dei pochissimi – parliamo di sole 25 persone – a restare in vita in tutta la comunità ebraica della sua città natale. Per anni, così, si è chiesto il perché, finché nel 2005 si è dato finalmente, dopo diversi decenni, una risposta e lo ha fatto solo quando ha deciso di iniziare a raccontare la sua storia ai ragazzi: il fine ultimo della sua vita è proprio questo, testimoniare.