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La procedura per il riconoscimento dell’invalidità civile

Come già visto in un precedente articolo, la nostra Costituzione, all’art. 38, garantisce il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale “a tutti i cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere”.

Il suddetto principio è applicato nel nostro ordinamento attraverso un sistema sociale che garantisce ai soggetti invalidi il riconoscimento sia di benefici di carattere economico (pensioni, assegni e indennità) sia di carattere non economico (assistenza sanitaria, permessi ex legge 104/1992, agevolazioni fiscali, o collocamento obbligatorio al lavoro).

In linea molto generale, per vedersi riconoscere lo status di invalido è necessario, preliminarmente, sottoporsi ad una specifica visita medica da sostenersi presso Commissioni mediche appositamente costituite, onde verificare l’esistenza delle lamentate patologie e vederle valutate.

Il relativo iter comincia con l’invio telematico da parte del “medico di famiglia” di un certificato medico nel quale questi attesta tutte le patologie da cui è affetto il richiedente.

Una volta ottenuta la ricevuta di inoltro del certificato, è necessario recarsi presso un patronato o altro soggetto abilitato onde inoltrare, sempre telematicamente, la domanda all’INPS per essere sottoposti alla visita prevista dalla legge.

Ai fini dell’inoltro di tale domanda sarà sempre necessario essere in possesso del codice del certificato già inviato dal medico di base.

Una volta presentata la domanda, il richiedente viene convocato presso la Commissioni medica istituita presso la ASL competente per il luogo di residenza o, in subordine, di domicilio del richiedente.

Il richiedente, in caso di certificata impossibilità a recarsi alla visita, potrà richiedere che questa venga svolta presso la propria residenza.

Le Commissioni sono costituite da professionisti e medici delle ASL, con specializzazioni diverse tra loro, e sono presiedute da un medico legale dell’Inps.

Alla visita il richiedente deve presentare tutta la documentazione medica che ritiene necessaria e può essere accompagnato da un proprio consulente di parte.

La Commissione può richiedere di integrare la suddetta documentazione con ulteriori specifici accertamenti medici.

In base agli accertamenti medici espletati ed alla documentazione depositata, la Commissione attribuisce, sulla base di apposite tabelle predefinite, una serie di punteggi per ogni patologia riconosciuta al richiedente.

La somma di tali punteggi determina la c.d. “percentuale di invalidità”. 

Inoltre, la Commissione può stabilire se l’invalido, una volta riconosciuto tale, debba essere sottoposto o meno ad una eventuale visita di revisione periodica. 

Terminato il suddetto iter, l’INPS notifica all’interessato il decreto di invalidità con il quale comunica i risultati della valutazione effettuata dalla Commissione.

Nel caso in cui il richiedente sia soddisfatto di quanto riconosciutogli, dovrà provvedere, ove necessario, ad integrare la documentazione atta a dimostrare l’esistenza dei requisiti amministrativi previsti dalla legge ed a comunicare le modalità di pagamento delle eventuali provvigioni dovute.

Ove l’interessato, al contrario, non ritenga equo il risultato ottenuto, può impugnare il decreto innanzi al competente Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, nel termine perentorio di sei mesi dalla notifica del verbale.

Il procedimento viene introdotto tramite ricorso a cui si applica il rito del lavoro e, pertanto, tutta la documentazione a sostegno dello stesso deve essere, a pena di inammissibilità, depositata contestualmente al ricorso.

Sarà, quindi, necessario depositare idonea documentazione medica, possibilmente di struttura pubblica, antecedente e successiva alla data in cui si è sostenuta la visita presso la Commissione.

Sarà, inoltre, opportuno, onde evitare eventuali problematiche, documentare, già in questa sede, anche gli eventuali requisiti amministrativi previsti dalla legge per ottenere i richiesti benefici.

I ricorsi sono soggetti al versamento di un contributo fisso a meno che il ricorrente non documenti di essere in possesso di un reddito familiare per l’anno antecedente a quello di presentazione del ricorso inferiore al limite previsto di anno in anno dalla legge.

Il ricorrente, ove richieda il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento dovrà, inoltre, documentare di non essere ricoverato presso strutture a spese dello stato.

La legge determina annualmente, altresì, il limite di reddito familiare al di sotto del quale l’istante, in caso di esito negativo della controversia, non può essere condannato alla refusione delle spese a favore dell’INPS.

Una volta depositato il ricorso presso il Tribunale competente per territorio, il Presidente nomina il giudice che deciderà la controversia, il quale fissa, con decreto, la data della prima udienza.

Copia del ricorso e del decreto di fissazione di udienza devono essere notificati all’INPS che potrà costituirsi fino a dieci giorni prima della fissata udienza.

Nel corso della suddetta udienza, ove il Giudice designato ritenga il ricorso fondato da un punto di vista logico – giuridico, nominerà un proprio consulente medico.

Il ricorrente, nei termini indicati dal Giudice, potrà indicare il nominativo di un proprio medico di fiducia affinchè partecipi alle operazioni peritali.

In caso di documentata “intrasportabilità”, ovvero nei casi in cui il trasporto comporti un grave rischio per la incolumità del ricorrente, questi potrà richiedere che la consulenza si svolga presso il proprio domicilio.

Una volta redatta la bozza della relazione, il C.T.U. (Consulente Tecnico D’Ufficio) dovrà inviarla ai legali e consulenti delle parti a cui è concesso un termine per inviare a voro volta le proprie eventuali osservazioni.

Scaduto tale termine, il C.T.U. deposita la relazione finale in Tribunale allegando alla stessa le osservazioni ricevute dalle parti e le sue risposte a tali osservazioni.

A questo punto, il giudice fissa un termine perentorio, non superiore a trenta giorni, entro il quale le parti costituite devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio. 

Se le parti non depositano tale “dissenso”, il Giudice emette un provvedimento fuori udienza, nel successivo termine non perentorio di 30 giorni, con il quale omologa il requisito sanitario indicato nel ricorso secondo le risultanze della consulenza, provvedendo anche alla liquidazione delle spese.

Il decreto di omologa così emesso non è impugnabile nè modificabile.

Ove, al contrario, una delle parti depositi tale dissenso, nel successivo termine perentorio di trenta giorni, deve depositare, presso lo stesso Tribunale, il ricorso in opposizione alle conclusioni formulate dal C.T.U., specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.

Si apre così una nuova fase del procedimento che potrà portare ad una conferma o modifica delle conclusioni formulate dal C.T.U., anche tramite una eventuale ulteriore consulenza d’ufficio.   

Una volta esauritosi l’iter giudiziario, il provvedimento di omologa (o la sentenza positiva emessa a seguito di opposizione), deve essere notificato all’INPS, in modo che possa prendere inizio la seconda fase dell’iter di riconoscimento dello status di invalido.

La seconda fase ha, infatti, natura amministrativa ed è finalizzata alla verifica degli ulteriori requisiti socio-economici e reddituali previsti dalla legge per le rispettive categorie.

L’Inps deve provvedere al saldo delle dovute prestazioni nel termine di i centoventi giorni dalla notifica del provvedimento del Tribunale a patto che le siano stati forniti tutti i documenti necessari ad espletare l’istruttoria amministrativa.

Prima della scadenza di tale termine non potranno essere presentate ulteriori domande amministrative (ad es. di aggravamento) o ricorsi giudiziari tesi ad ottenere l’adempimento dell’ente. 

Ove l’INPS, scaduto il termine di 120 giorni, non adempia ci si potrà rivolgere nuovamente al Tribunale per ottenere l’adempimento delle prestazioni dovute.

Nel caso in cui l’INPS non riconosca o revochi le prestazioni per dall’assenza di requisiti amministrativi (come ad esempio il reddito, la residenza o lo stato di ricovero) è possibile altresì proporre contro tali provvedimenti un apposito ricorso amministrativo.

Dalla breve analisi appena effettuata, risulta evidente che si è in presenza di una procedura relativamente celere, seppure articolata, ove si ottenga un immediato e soddisfacente riconoscimento delle lamentate patologie da parte delle competenti Commissioni.

Al contrario, ove ciò non accada, per l’aspirante invalido prende corpo, come visto, un percorso lungo ed irto di molteplici difficoltà e passaggi che, spesso, purtroppo, nonostante le recenti riforme processuali, finisce per frenare il riconoscimento dei diritti di intere categorie di soggetti bisognosi.

Avv. Raffaele Anatriello