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Ma quale malinconia?

Questo articolo è pubblicato sul numero 50 di Vanity Fair in edicola fino al 13 dicembre 2022

Secondo i formidabili narratori del Censis, che ogni anno misurano il battito del nostro cuore sociale, è la malinconia il malanno che ci affligge in questo furibondo anno 2022, che finalmente va a concludersi, dentro ai boati del mattatoio Ucraina, ai bordi della nostra Europa, e a quelli ricorrenti del cielo che ormai allestisce temporali solo in forma di tempesta. Malinconici? Ma meno male che siamo solo malinconici. Dovremmo – visti gli abissi di senso e di sostanza che ci circondano – essere ben più propensi a sentirci terrorizzati e insieme furibondi. Terrorizzati da quanto si stia miniaturizzando il pianeta che ci ospita, furibondi per l’ostinata stupidità con cui lo stiamo avvelenando, rendendolo inabitabile, visto che è l’unico a ospitarci nel suo viaggio senza scalo. Malinconia è il sentimento di un fiore che sfiorisce. È un tramonto che si spegne. Cioè un poetico quasi nulla in confronto all’incendio che abbiamo appiccato lungo la notte climatica e sociale che ci attende: 10 guerre calde nel mondo, 90 milioni di profughi in fuga, quasi 800 milioni di umani sotto la soglia dei 2 dollari disponibili al giorno. Nella nostra microscopica Italia siamo riusciti a triplicare i poveri in quindici anni, quasi 6 milioni di italiani, uno su dieci, secondo l’ultimo rapporto della Caritas. Non facciamo figli. Litighiamo sul reddito di cittadinanza, adottato in tutta Europa, che sta presidiando la pace sociale nelle nostre periferie, nonostante il dilettantismo con cui abbiamo costruito i suoi ingranaggi. I tristemente noti «navigator» che dovevano controllare le domande e indirizzare al lavoro i richiedenti, erano 3 mila nel 2019. Sono meno di mille oggi, spariranno il prossimo anno. Mentre in un Paese serio e persino serioso come la Germania sono quasi 100 mila, suddivisi in agenzie capillari sul territorio. Né truffe né abusi vengono tollerati, che è il minimo richiesto, quando una comunità si incarica di distribuire aiuti. Noi campiamo al contrario. Copriamo l’incompetenza con il clientelismo. La scarsità con la raccomandazione. Mentre sciogliamo i nodi della legalità con il serramanico del favore che diventa abuso. Ischia è uno dei nostri primati: 28 mila richieste di condono su 60 mila abitanti, 12 vittime e mille evacuati, dopo l’ennesimo disastro. Una formidabile energia spesa nell’emergenza da pompieri, protezione civile, volontari. Assoluta inerzia prima e dopo. Come capiterà anche questa volta, visto che nessuno, tranne i bambini, può dirsi innocente. Quindi tutti innocenti. Specialmente davanti a una politica che guadagna consensi dagli abusi e nulla dal rammendo del territorio. Che vive, dice il Censis, «nella prospettiva della rassicurazione a breve, perdendo di vista il medio e il lungo periodo». E dunque: se è solo malinconia quella che ci affligge, vuol dire che le nostre tre grandi risorse esistenziali: il sole, l’illogica allegria, e naturalmente la pizza way of life, non si sono esaurite del tutto. Visto il danno, una buona notizia. Oppure una malinconica bugia da regalarci a Natale.

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