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Occhi nuovi per l’Africa, li chiede il Papa alla vigilia del suo viaggio in Congo e Sud Sudan

All’Angelus il Pontefice saluta i ragazzi di Azione Cattolica per la Carovana della pace e lancia un appello per il conflitto israelo-palestinese e per l’Ucraina

Papa Francesco

Papa Francesco (Foto Ansa)

Occhi nuovi per l’Africa. Li chiede papa Francesco alla vigilia del suo viaggio apostolico in Congo e Sud Sudan dove si recherà dopodomani con ritorno a Roma domenica prossima. E il dopo Angelus odierno centrato sul superamento della cultura dello spreco si è concluso proprio con il pensiero all’Africa e al viaggio imminente, già programmato la scorsa estate e rinviato per problemi al ginocchio. Il Papa Francesco visiterà la Rd Congo dal 31 gennaio al 3 febbraio e poi trascorrerà due giorni in Sud Sudan accompagnato dall’arcivescovo di Canterbury primate anglicano e dal moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia.

La visita in Congo e Sud Sudan

Il senso e l’importanza del viaggio lo ha sintetizzato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato: “Sono molto contento di poter accompagnare il Papa in questa visita, - ha detto ai media vaticani - proprio perché nel mese di luglio ho compiuto lo stesso viaggio per dire alla gente di non scoraggiarsi, che il Papa sarebbe venuto, anche se aveva dovuto – in quell’occasione – sospendere il suo viaggio. La gente ha capito questo messaggio e ora è piena di gioia per accogliere il Papa e stare con lui. Io credo che l’auspicio sia che questo incontro con il Papa e poi, in Sud Sudan, anche con gli altri leader religiosi possa segnare un momento di svolta nelle vicende, spesso tragiche, di questi Paesi, e possa sostenere la buona volontà di tutti: credo che davvero ci sia bisogno da parte di tutti di un rinnovato impegno. Se c’è questo impegno, si potrà fare uscire i Paesi dalle situazioni di conflittualità attuali, si potrà assicurare uno sviluppo equo di tutta la popolazione e avviare questi Paesi verso un futuro migliore”.

Il senso del viaggio

Ma è lo stesso Francesco a mettere a fuoco il senso del suo viaggio nell’ambito della geopolitica mondiale ora vista – specialmente dall’Europa – come preziosa fonte per l’approvvigionamento di gas nel pieno della crisi energetica seguita alla guerra in Ucraina. “Saluto con affetto quelle care popolazioni che mi attendono. Quelle terre sono provate da lunghi conflitti: la Repubblica Democratica del Congo soffre, soprattutto nell’Est del Paese, per gli scontri armati e per lo sfruttamento; mentre il Sud Sudan, dilaniato da anni di guerra, non vede l’ora che finiscano le continue violenze che costringono tanta gente a vivere sfollata e in condizioni di grande disagio. In Sud Sudan arriverò insieme all’Arcivescovo di Canterbury e al Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia: vivremo così insieme, da fratelli, un pellegrinaggio ecumenico di pace. A tutti chiedo, per favore, di accompagnare questo Viaggio con la preghiera”.

L'intervista a “Mundo Negro”

Qualcosa in più sui pensieri dominanti nei confronti dell’Africa Francesco lo aveva dichiarato in una intervista a “Mundo Negro” edizione spagnola di “Nigrizia” la rivista missionaria dei Comboniani. Pensiero dominante dell’intervista è la missione come dialogo per portare il Vangelo e una constatazione culturale: “Per l’inconscio collettivo l’Africa è da sfruttare”. Ossia l’opposto del suo modo di vedere l’Africa del passato, del presente e del futuro. “L’Africa è originale… (ma) c’è qualcosa che dobbiamo denunciare: c’è un inconscio collettivo… che dice l’Africa è da sfruttare. Ce lo dice la storia, con l’indipendenza a metà: gli danno l’indipendenza economica dal suolo in su, ma si tengono il sottosuolo per sfruttarlo, vediamo lo sfruttamento di altri Paesi che si appropriano delle loro risorse. Vediamo solo la ricchezza materiale, ed è per questo che storicamente è stata solo ricercata e sfruttata. Oggi vediamo che molte potenze mondiali stanno andando a saccheggiare, è vero, e non vedono l’intelligenza, la grandezza, l’arte del popolo”.

Le politiche verso l’immigrazione 

Ma Francesco non tace neppure sulle storture che segnano le politiche verso l’immigrazione che parte dall’Africa e finiscono nei recinti di filo spinato: “E quando si mettono dei fili spinati per impedirgli di scappare… È un crimine. È un crimine. E quei Paesi che hanno un indice demografico ai minimi termini, che hanno bisogno di persone, che hanno città vuote e non sanno come gestire l’inserimento dei migranti. I migranti devono essere accolti, accompagnati, promossi e integrati. Se non sono integrati, è un male…Ma c’è una grande ingiustizia europea, non è vero? La Grecia, Cipro, l’Italia, la Spagna e anche Malta sono i Paesi che più si trovano nell’area di accoglienza delle migrazioni, e quello che è successo in Italia, dove nonostante la politica migratoria dell’attuale governo sia, diciamo così, in senso buono, restrittiva, ha sempre aperto le porte per salvare le persone che l’Europa non accoglie. Questi Paesi devono fare i conti con tutto e si trovano di fronte al dilemma se rispedirli indietro perché li uccidano o muoiano, oppure fare questo… È un problema serio. L’Unione Europea non accompagna”.

Un ricordo per Luca Attanasio

Quanto alla visita in Congo è lecito pensare che non mancherà un ricordo per l’ambasciatore italiano Luca Attanasio colpito a morte con l'autista Mustafa Milambo e il carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci il 22 febbraio 2021, quel giorno in viaggio nella regione di Goma, in un convoglio delle Nazioni Unite. Di recente, dopo una udienza privata con papa Francesco, intervistato dai media vaticani Romano Prodi ha confermato la propria convinzione che l’Africa può diventare “il centro del mondo”, soprattutto per l’importante crescita demografica. Il punto è decidere “se sarà al centro dello sviluppo o della tragedia del mondo”, se sarà dunque “terra di conflitto o terra in cui aiuta, in qualche modo, una nuova globalizzazione, più ordinata o giusta”.

L'appello per il conflitto israelo-palestinese

Tra gli appelli del dopo Angelus il papa aa sottolineato il conflitto israelo-palestinese dove “la spirale di morte che aumenta di giorno in giorno non fa altro che chiudere i pochi spiragli di fiducia che ci sono tra i due popoli. Dall’inizio dell’anno decine di palestinesi sono rimasti uccisi negli scontri a fuoco con l’esercito israeliano. Faccio appello ai due Governi e alla Comunità internazionale, affinché si trovino, subito e senza indugio, altre strade, che comprendano il dialogo e la ricerca sincera della pace”. E a conclusione della Carovana della pace dei ragazzi di AC ha rinnovato il pensiero per l’Ucraina. “Vi ringrazio per questa iniziativa, tanto più preziosa quest’anno perché, pensando alla martoriata Ucraina, il nostro impegno e la nostra preghiera per la pace devono essere ancora più forti. Pensiamo all’Ucraina e preghiamo per il popolo ucraino, così maltrattato”.