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Omicidio di Giulio Regeni: "Grazie alla riforma Cartabia ora il processo si può celebrare"

"È applicabile la nuova riforma Cartabia. Il processo si può tenere". Il Governo, con l'Avvocatura dello Stato, entra nel dibattito sul processo Regeni. E gioca una carta che, per lo meno nella speranza dell'accusa e della famiglia, potrebbe in qualche modo cambiare il quadro delle cose. Nei giorni scorsi è stata depositata al giudice una memoria che sposa le tesi della procura di Roma sostenendo che, anche in mancanza della notifica degli atti agli imputati, si possa tenere il processo.

Ufficio numero 13

di foto e video a cura di Gedi Visual, Carlo Bonini (coordinamento editoriale e testo) e Giuliano Foschini, coordinamento multimediale Laura Pertici 10 Dicembre 2020

La storia è nota: l'Italia non riesce a notificare ai quattro agenti della National Security, il servizio segreto civile egiziano, accusati del sequestro e dell'omicidio di Giulio Regeni, perché il Cairo non comunica i loro indirizzi. A nulla sono servite le richieste di rogatoria. A nulla sono valse le pressioni politiche esercitate in questi mesi: l'Egitto ha detto che le accuse sono state già valutate e archiviate e quindi, secondo il principio del ne bis in idem, i quattro non possono essere più processati.

La Cassazione ha stabilito che, senza la notifica, il processo non si può tenere. Tanto da sollecitare anche un intervento normativo che consenta, in casi come questo, di procedere comunque. Secondo l'Avvocatura, ora, quell'intervento c'è stato, con la nuova riforma Cartabia entrata da poco in vigore.

Gli oggetti di Giulio Regeni ritrovati dalla polizia egiziana
Gli oggetti di Giulio Regeni ritrovati dalla polizia egiziana
Gli oggetti di Giulio Regeni ritrovati dalla polizia egiziana 

La nuova normativa consente infatti, hanno scritto nella memoria, la possibilità di procedere con il "processo in assenza", quando il giudice "ritiene provato che l'imputato ha effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza all'udienza è dovuta ad una scelta volontaria e consapevole. E quando l'imputato è stato dichiarato latitante o si è in altro modo volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo".

"Riteniamo che non possa esistere dubbi, con riferimento al primo aspetto, in ordine all'applicabilità alla presente fattispecie. Non abbiamo dubbi", continua l'Avvocatura che è costituita parte civile nel procedimento, "sul fatto che gli odierni imputati siano a conoscenza del processo e che si stiano volontariamente astenendo dal prendervi parte: infatti, come evidenziato nel corso delle scorse udienze dal Pubblico Ministero, il caso "Regeni" ha avuto e sta avendo ampia risonanza mediatica non solo in Italia, ma anche nei Paesi di lingua araba, tra cui l'Egitto, dove attualmente si trovano gli odierni imputati. Questi ultimi, inoltre, nella qualità di funzionari della National Security Agency hanno preso attivamente parte alle indagini condotte in loco sul caso "Regeni". Sicché non è seriamente sostenibile che gli stessi non siano a conoscenza della pendenza del processo che si sta celebrando in Italia nei loro confronti".

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di Giuliano Foschini 05 Settembre 2022

La parola passa dunque ora al tribunale che dovrà decidere il da farsi nella prossima udienza del 3 aprile: in aula erano stati convocati, su richiesta dell'avvocata della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, la premier Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, affinché raccontassero l'esito dei loro incontri con il presidente egiziano Al Sisi nei quali, secondo i resoconti offerti dal Governo alla stampa, il Cairo avrebbe offerto rassicurazioni sul caso Regeni all'Italia. L'Avvocatura aveva però comunicato nelle scorse settimane che né la premier né il ministro saranno in aula: "Quelle conversazioni sono coperte da segreto" hanno spiegato. "Non possono essere ascoltati come testimoni".