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Ristoratore sotto accusa smentisce lo chef “sottopagato”. Il legale: “danno forse irreparabile”

“Il danno provocato all’attività rischia di rivelarsi irreparabile a causa del rimbalzo dai social ai media nazionali e alle riviste di settore, tutto ciò senza preoccuparsi di accertare la veridicità di quanto affermato da un giovane di 24 anni sui social”. Ad affermarlo è l’avv. Stefano Grolla, legale di Federico Vencato, il titolare della pizzeria ristorante Vhc sulle colline di Cereda a Vornedo, finito suo malgrado in una bufera fuori stagione da fine agosto, a causa dello “sfogo” di un ex dipendente, Yuri Zaupa il suo nome, assunto con contratto a tempo determinato per un anno (concluso in estate). A dire di quest’ultimo sottopagato e sottoposto a turni di lavoro in cucina esosi, parlando di 80 ore settimanali e compensi di meno di 200 euro mensili. Un presunto caso di sfruttamento sul posto di lavoro, esploso in pochi giorni trovando fertile terreno sulle testate di mezza Italia.

Dopo la ribalta dei media nazionali della notizia e la “virulenza” sui social amplificata dagli haters-navigatori del web, l’effetto immediato nella vita reale è stato il quasi azzeramento delle consumazioni nel locale prima “di tendenza” da una parte, e la denuncia in Procura per diffamazione dall’altra: presentata per tutelare il nome, l’attività imprenditoriale e la correttezza delle azioni della proprietà come spiega nei dettagli l’avv. Grolla in vesti di legale difensore. Uno spazio di recente apertura, il Vhc, dedicato al gusto e innovativo nel suo genere per la struttura: si tratta del primo in Nord Italia con servizio di bar, ristorante e pizzeria ospitati interamente in container riciclati. Che, proprio domenica scorsa in data 25 settembre, avrebbe dovuto festeggiare il primo anno di vita. Un evento con musica e dj set e altre proposte guastato dal ciclone che lo ha investito e dalle offese ricevute da più parti, e non solo via social network. Ma solo rimandato, a domenica prossima, ora, spinto dalla voglia di voltare pagina.

“Prima di accettare il mandato del cliente – afferma il titolare dell’omonimo studio legale di Vicenza – ho voluto raccogliere tutta la documentazione e in particolare le buste paga e le note contabili sui movimenti di denaro. In base al materiale visionato posso affermare che quanto lamenta lo chef ed ex collaboratore di Vencato non corrisponde al vero. Per ragioni di privacy non possiamo rivelare l’esatto ammontare dello stipendio corrisposto, ma si tratta di atti documentali già messi a disposizione degli organi di giustizia e, comunque, il compenso mensile superava abbondantemente i 1.000 euro ed è stato liquidato quanto dovuto. Ci sono state, certo, delle dilazioni nei pagamenti in ragione delle difficoltà connaturate alla pandemia, ma niente più e già da tempo risolte. Inoltre, il contratto di impiego di 24 ore settimanali è stato rispettato”.

Una specificazione sulla vicenda va evidenziata: allo stato attuale non si hanno traccia di denunce, diffide, di cause del lavoro nè di indagini in corso da parte dell’Ispettorato o dell’Inail o altri enti di tutela dei lavoratori. Risultano solo affermazioni sui social collegati al 24enne e si parla di interviste susseguenti. La replica del ristoratore vicentino, all’indomani delle accuse da parte di Zaupa, si era fatta attendere un mese fa, per arrivare una volta smaltito lo sbigottimento iniziale. Inspiegabile, a suo dire, l’uscita del cuoco di Cornedo, che avrebbe gettato fango sull’ex datore di lavoro forse al fine di cercare una visibilità da “spendere” per un futuro impiego (pare all’estero). Inevitabile a questo punto la querela, presentata dall’avv. Grolla che ha assunto il ruolo di portavoce dell’imprenditore vicentino. Diffamazione aggravata a mezzo stampa, con una sostanziosa richiesta di risarcimento da quantificare in futuro.

A distanza di un mese, la campagna mediatica ora intraprende la direzione inversa, con una spiegazione data dal ristoratore tesa a smentire le affermazioni del giovane chef – destinate al percorso in Procura – e contro le sentenze di quel “tribunale del web” che non ammette equi processi, nel tentativo di riequilibrare per quanto possibile il “rimpallo” di notizie, prive di fondamento secondo la famiglia Vencato e chi ne cura gli interessi, che ha smosso i giornali e i portali specializzati in Italia. Insomma, Vencato ha trovato la forza di difendersi e reagire a quello che considera – in attesa dell’esito delle indagini -, un grave torto subito.

Pesantissimo nelle conseguenze sul piano economico oltre che di immagine. “Non sarà facile trovare voce sulla stampa locale e nazionale, abbiamo scritto a tutte le testate e alle riviste di cucina che avevano preso posizione in maniera discutibile. Ma abbiamo fiducia che la situazione venga ricomposta, in attesa dell’intervento della Polizia postale competente per questo tipo di reati. Ci tengo a sottolineare – evidenzia l’avvocato – che da parte del mio cliente non esiste alcuna acredine di natura personale nei confronti del cuoco che ha collaborato con lui nei mesi scorsi, ma la sola volontà di tutelare il proprio lavoro e portare avanti l’attività frutto di importanti investimenti che ha solo un anno di vita. L’unica rivalsa, se così si può chiamare, è finalizzata solo a salvaguardare il suo ristorante e gli investimenti fatti per avviarlo”.

Uno dei container che costituiscono la struttura del locale di Cereda

Questa vicenda rappresenta un’ulteriore prova del “peso” delle parole in epoca moderna, in cui internet funge da potenziale cassa di risonanza incontrollabile. “Molti sottovalutano la potenza della diffusione di ciò che si dice dei social – conclude il legale -, la cosa è sfuggita di mano all’autore forse inconsapevolmente, trovando audience nelle testate giornalistiche e provocando i danni tipici della gogna mediatica. Con risvolti nel quotidiano: sono stati creati addirittura dei gruppi su whatsapp contro il ristoratore, il tutto senza verificare nulla e dando credibilità a un soggetto unico che può dire il vero o anche il falso, sposando qui la tesi del ragazzo sfruttato da un presunto ‘carnefice’, e invitando a boicottare il locale. Gente che prenota per poi disdire all’ultimo momento, e c’è chi addirittura passa davanti al locale facendo dei gestacci. Da un mese a questa parte si tratta di episodi che si ripetono”.